Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13047 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 30/06/2020), n.13047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4373-2019 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V. GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO NATALE EDOARDO GALLEANO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANIELE

BIAGINI;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, rappresentata e

difesa dall’avvocato GAETANO GRANOZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 93/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata l’08/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

Che:

La Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 178 del 2010, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda proposta da P.F., volta a far valere l’illegittimità dell’apposizione del termine al contratto instaurato con Poste Italiane s.p.a. per il periodo 16/1/2004-13/3/2004 in ragione della genericità della causale apposta per esigenze sostitutive;

la Corte di Cassazione, con sentenza 12829/2016, accoglieva il motivo di ricorso proposto da Poste Italiane s.p.a. avverso la statuizione affermativa della genericità della clausola per omessa indicazione del lavoratore sostituito, richiamando il principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di esigenze sostitutive in organizzazione aziendali complesse;

la Corte di appello di Milano, con la sentenza in questa sede impugnata, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, riteneva legittima la clausola apposta al contratto perchè dotata di sufficiente specificità e reputava sussistente in concreto la ragione sostitutiva enunciata, osservando che all’interno dell’unità produttiva di applicazione (ufficio di recapito di Palermo), nel periodo di riferimento, il numero dei giorni di presenza del personale assunto a tempo determinato era sensibilmente inferiore a quello dei giorni di assenza del personale assunto a tempo indeteminato;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione P.F. sulla base di tre motivi;

la società resiste con controricorso, illustrato con memoria;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per motivazione apparente, irriducibilmente contraddittoria e perplessa, osservando che il ragionamento della Corte era del tutto incomprensibile poichè non aveva senso raffrontare il numero dei lavoratori assunti a termine con quello dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, non influendo tale rapporto in alcun modo sulla giustificazione dell’apposizione del termine;

con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, rilevando che la valutazione effettuata dalla Corte attraverso un ragionamento incomprensibile non solo viola l’art. 115 c.p.c. ma integra una vera e propria mancanza di motivazione;

con il terzo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso e contraddittorio esame di un fatto oggetto di discussione tra le parti e decisivo ai fini del giudizio, poichè la prova dell’esigenza sostitutiva, decisiva ai fini della definizione del processo, in ragione della contraddittorietà evidenziata, non era stata esaminata, ravvisandosi al riguardo inesistenza della motivazione;

va premessa l’inammissibilità dell’ultimo motivo, con il quale si rileva l’omesso esame non di un fatto materiale, bensì di un concetto di valenza giuridica (esigenza sostitutiva), il quale si pone al di fuori della previsione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, novellato, e, inoltre, ha costituito oggetto di esame da parte della Corte territoriale;

le altre censure non colgono nel segno;

quanto al rilievo di apparenza (cfr. Cass. 3/11/2016 n. 22232), osserva la Corte che la motivazione rende percepibile il fondamento della decisione, cioè il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, essendo il punto concernente il raffronto tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato funzionale al ragionamento presuntivo – neppure censurato sotto il profilo della ricorrenza dei caratteri della gravità, precisione e concordanza – posto a fondamento della ritenuta effettiva sussistenza delle ragioni sostitutive enunciate nella clausola appositiva del termine;

neppure è ravvisabile un vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, sotto il profilo della violazione del principio del libero convincimento (artt. 115 e 116 c.p.c.), il quale opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, sindacabile in sede di legittimità esclusivamente entro il paradigma del vizio di motivazione (Cass. 12/10/2017 n. 23940);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va complessivamente rigettato, con liquidazione delle spese secondo soccombenza;

in considerazione della statuizione di rigetto, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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