Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13047 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13047 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 32010 —2007 R.G. proposto da:
PAGANO SANTO — c.f. PGNSNT46A23F158K – rappresentato e difeso, in virtù di procura
speciale in calce al ricorso, dall’avvocato Franco Pastorino ed elettivamente domiciliato in
Roma, al viale Libia, n. 167, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Borrelli.
RICORRENTE
contro
CONDOMINIO FONDO BASICO’ ALTO di MESSINA, in persona dell’amministratore pro
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tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al controricorso,

dall’avvocato Agostino Crisafulli ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Lima, n. 15,
presso lo studio dell’avvocato Gian Guido Porcacchia.
CONTRORICORRENTE
Avverso la sentenza n. 480 dei 9/29.11.2006 della corte d’appello di Messina,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 2 aprile 2014 dal consigliere
dott. Luigi Abete,
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Data pubblicazione: 10/06/2014

Udito l’avvocato Gian Guido Porcacchia, per delega dell’avvocato Agostino Crisafulli, per il
condominio contro ricorrente;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Vincenzo
Gambardella, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Messina il condominio “Fondo Basicò Alto” di Messina, in persona dell’amministratore pro

tempore; chiedeva che fosse dichiarata nulla per violazione di legge e del regolamento
condominiale la delibera assembleare in data 22.6.1989.
A fondamento della dedotta nullità evidenziava che i valori millesimali riprodotti accanto
al nome di ciascun condominio erano diversi da quelli di cui alla tabella allegata al

regolamento, che nel corso dell’assemblea si era provveduto all’approvazione dell’aumen o
delle quote millesimali nella misura del 20%, benché tale argomento non figurasse all’ordine
del giorno, che il condomino Giuseppe Marchetti aveva preso parte ai lavori assembleari in
rappresentanza di quattro condomini in violazione dell’art. 17 del regolamento, a tenor del
quale ciascun partecipante era ammesso a ricevere non più di tre deleghe.
Costituitosi, il condominio instava per il rigetto dell’avversa domanda.
Con sentenza dei 22.8/13.10.2001 il tribunale di Messina rigettava la domanda e
compensava le spese di lite.
Interponeva appello Santo Pagano.
Si costituiva e resisteva il condominio.
Con sentenza n. 480 dei 9/29.11.2006 la corte d’appello di Messina rigettava il gravame e
condannava l’appellante al pagamento delle spese.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Santo Pagano; ne chiede la cassazione sulla
scorta di tre motivi, con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.
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Con atto in data 25.8.1989 Santo Pagano citava a comparire innanzi al tribunale di

Il condominio “Fondo Basicò Alto” ha depositato controricorso, chiedendo dichiararsi
inammissibile e, comunque, rigettarsi l’avverso ricorso; con il favore delle spese del giudizio.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
E’ stata acquisita la delibera in data 9.1.2008 con cui l’assemblea condominiale ha
autorizzato l’amministratore a resistere nel presente giudizio.

Con il primo motivo il ricorrente deduce “violazione dell’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. in
relazione agli artt. 1105 e 1109 c.c.” (così ricorso, pag. 3).
Adduce che il giudice dell’appello ha erroneamente ritenuto “che sia le quote di spesa che
il loro ammontare formano parte integrante del preventivo di spesa che costituiva.., l’oggetto
principe della delibera medesima” (così sentenza d’appello, pag. 4); propriamente il ricorrente
ha prospettato che “i condomini presenti erano trenta su cinquantadue e che i millesimi
ammontavano soltanto a 543,06” (così ricorso, pag. 5); che “nel preventivo di spesa portato
all’esame dell’Assemblea con l’ordine del giorno, l’aumento del 20% non era per nulla
previsto ma ha costituito una personale iniziativa del condomino Toscano, come risulta dallo
stesso verbale dell’Assemblea” (così ricorso, pag. 5); che “l’art. 1105 c.c. prescrive
tassativamente che tutti i condomini devono essere informati preventivamente dell’oggetto
delle deliberazioni” (così ricorso, pag. 5).
Con il secondo motivo il ricorrente deduce “violazione dell’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. in
relazione agli artt. 1105, 1136 e 1137 c.c.” (così ricorso, pag. 6).
Adduce che la corte messinese ha erroneamente “ritenuto ammissibile una modificazione
tacita delle tabelle millesimali, che nella specie hanno natura contrattuale, in presenza di una
asserita prassi condominiale derogatoria” (così ricorso, pag. 7); che, ai fini della modifica
delle tabelle, “si richiede il consenso di tutti i condomini che può essere espresso anche per
facta concludentia, dovendo però, in ogni caso, la manifestazione tacita di volontà rapportarsi

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MOTIVI DELLA DECISIONE

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ad un comportamento univoco e concludente” (così ricorso, pag. 7); che “il Condominio non
ha per nulla provato la sussistenza di una concorde e consapevole volontà di tutti i condomini
diretta alla definitiva abrogazione delle tabelle millesimali allegate al Regolamento….. e alla
sostituzione con altre diverse, con condotta univoca e coerente mentre non risulta che in
nessuna assemblea fosse stata presente la totalità dei condomini” (così ricorso, pag. 8).

relazione agli artt. 1105 e 1135 c.c.” (così ricorso, pag. 9).
Adduce che la corte di merito ha erroneamente disconosciuto il denunciato eccesso di
deleghe, allorché ha opinato nel senso che il delegante “condomino Coronati è proprietario di
due appartamenti unificati, anche se espressi con diversi millesimi (uno è in comproprietà con
la moglie).., sicché il Marchetti ha rispettato il Regolamento che consente al massimo tre
deleghe” (così sentenza d’appello, pag. 5); propriamente il ricorrente ha prospettato che il
condomino Tommaso Coronati è comproprietario con la moglie, Angelina Cottone, di un
appartamento, ed Angelina Cottone, a sua volta, è proprietaria esclusiva di altro
appartamento; che, conseguentemente, la delega conferita dal Coronati al Marchetti doveva
essere riferita all’appartamento al primo spettante in comproprietà con il coniuge, sicché la
delega dal secondo ricevuta anche per l’appartamento in proprietà esclusiva della Cottone
violava le limitazioni di cui al regolamento condominiale; che, “escludendo le quattro deleghe
affidate al condomino Marchetti, l’Assemblea non avrebbe potuto adottare le delibere che,
invece, ha nullamente adottato” (così ricorso, pag. 11).
Immeritevole di seguito è il primo motivo di ricorso.
Senza dubbio, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza del ricorso per
cassazione, quale positivamente sancito all’art. 366, 1° co., n. 6), c.p.c. (al riguardo cfr. Cass.

20.1.2006, n. 1113, secondo cui il ricorso per cassazione – in forza del principio di cosiddetta
“autosufficienza” — deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per
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Con il terzo motivo il ricorrente deduce “violazione dell’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. in

cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione
della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne
allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito), ben
avrebbe dovuto il ricorrente riprodurre più o meno testualmente il tenore dell’ordine del
giorno dell’assemblea che ha adottato la deliberazione asseritamente invalida, onde consentire

In ogni caso, affinché la delibera dell’assemblea condominiale sia valida, è sì necessario
che l’avviso di convocazione elenchi, sia pure in modo non analitico e minuzioso,
specificamente gli argomenti da trattare – così da far comprendere i termini essenziali di essi e
consentire agli aventi diritto le conseguenti determinazioni anche relativamente alla
partecipazione alla deliberazione – nondimeno, la disposizione dell’art. 1105, 3° co., c.c. applicabile anche in materia di condominio di edifici e ove è prescritto che tutti i partecipanti
devono essere preventivamente informati delle questioni e delle materie sulle quali sono
chiamati a deliberare – non comporta che nell’avviso di convocazione debba essere
prefigurato lo sviluppo della discussione ed il risultato dell’esame dei singoli punti da parte
dell’assemblea.
Al contempo si evidenzia che l’accertamento della completezza o meno dell’ordine del
giorno dell’assemblea condominiale – nonché della pertinenza della deliberazione
dell’assemblea al tema in discussione indicato nell’ordine del giorno contenuto nel relativo
avviso di convocazione – è demandato all’apprezzamento del giudice del merito, insindacabile
in sede di legittimità se adeguatamente motivato (cfr. Cass. 27.3.2000, n. 3634).
In tal guisa non solo deve disconoscersi l’asserita violazione della disposizione di cui al 3°
co. dell’art. 1105 c.c., ma devesi, in pari tempo, ritenere che la corte messinese, ancorché
concisamente, abbia al riguardo adeguatamente e sufficientemente motivato la propria
statuizione.

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a questa Corte l’imprescindibile riscontro.

Infatti l’aumento delle quote condominiali ben poteva ex ante prospettarsi quale
fisiologico sviluppo e naturale esito dell’esame e dell’eventuale approvazione del bilancio
preventivo relativo all’anno 1989.
Cosicché correttamente la corte di merito ha affermato che “sia le quote di spesa che il
loro ammontare formano parte integrante del preventivo di spesa”.

Va evidenziato che la disciplina della ripartizione delle spese condominiali contenuta in
un regolamento di natura contrattuale, può essere innovata, in base al principio
dell’autonomia contrattuale enunciato dall’art. 1322 c.c., da una nuova convenzione, la quale,
non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta ai sensi dell’art. 1350 c.c., ma
richiede il consenso di tutti i condomini, consenso che può essere espresso anche per facta
concludentia, dovendo, però, in ogni caso la manifestazione tacita di volontà rapportarsi ad un
comportamento univoco e concludente, dal quale possa desumersi, per il comune modo di
intendere, un determinato volere con un preciso contenuto sostanziale (cfr. Cass. 16.7.1991,
n. 7884).
Su tale scorta si rileva che la corte distrettuale ha debitamente puntualizzato che anche il
ricorrente, in qualità di amministratore del condominio, aveva negli anni pregressi utilizzato
le differenti tabelle millesimali.
In tal guisa la corte d’appello di Messina ha implicitamente e tuttavia univocamente
assunto che Santo Pagano fosse ben consapevole dei diversità dei criteri e delle collegate
tabelle delle quali, nella medesima veste, aveva fatto uso.
Si rileva, inoltre, che il ricorrente di certo non è legittimato a dedurre il difetto, reale o
presunto, del consenso degli altri condomini.
Del pari non merita seguito il terzo motivo di ricorso.

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Destituito di fondamento è il secondo motivo di ricorso.

Al riguardo va rimarcato che correttamente il giudice di secondo grado ha esplicitamente
dato atto che l’irregolarità denunciata in relazione all’eccedente numero di deleghe conferito
al condomino Marchetti, “ove esistente,… non avrebbe influito sulla maggioranza qualificata
raggiunta”.
Difatti, contrariamente a quanto assume Santo Pagano, dal quorum avrebbero dovuto

Angelina Cottone, ossia della condomina la cui delega, siccome prefigura lo stesso ricorrente
(cfr. pag. 11), il Marchetti non avrebbe potuto ricevere, sicché il quorum

in quanto eguale a

524,52 – sarebbe stato in ogni caso superiore alla metà del valore dell’edificio.
Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al pagamento delle spese.
La liquidazione segue come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al condominio
controricorrente le spese del presente giudizio che liquida in euro 2.700,00, di cui euro 200,00
per esborsi.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

sottrarsi, al più, i millesimi – 18,54 – inerenti all’appartamento di esclusiva proprietà di

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