Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13046 del 27/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 27/05/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 27/05/2010), n.13046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentate pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI

ANTONIETTA, PATRIZIA TADRIS, EMANUELE DE ROSE, giusta mandato

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CERVETERI

12, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI TOMAINO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ELIA MARIA CANDIDA, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 896/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

dell’1/04/08, depositata il 19/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LA TERZA Maura;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. VELARDI Maurizio.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Letta la sentenza del 19 giugno 2008 con cui la Corte d’appello di Catanzaro confermava la statuizione di primo grado di accoglimento della domanda proposta da C.L. nei confronti dell’Inps per ottenere l’indennita’ di maternita’ per l’astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro in relazione al parto del (OMISSIS), ritenendo non operante la decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 per omissione delle indicazioni di cui al medesimo art. 47, comma 5;

Letto il ricorso dell’Inps notificato il 3 giugno 2009;

Letto il controricorso con cui la C. eccepisce la inammissibilita’ del ricorso per tardivita’, giacche’ la sentenza impugnata era stata notificata, all’Istituto, in data 8 ottobre 2008, in via (OMISSIS), ossia presso la sede legale di (OMISSIS), quale domicilio eletto dai procuratori nel grado d’appello, e quindi sarebbe tardivo il ricorso non notificato nei successivi sessanta giorni;

Letta la relazione resa ex art. 380 bis c.p.c. di fondatezza della eccezione;

Ritenuto che detti rilievi non sono condivisibili, come sostenuto dall’Inps nella memoria;

Ritenuto che, quanto al modo di notificazione della sentenza, l’art. 285 c.p.c., facendo rimando all’art. 170 c.p.c., comma 1 dello stesso codice (per quanto riguarda la parte costituita), dispone che essa venga effettuata al procuratore, mentre, nella specie, dalla relata risultava che la notifica della sentenza era stata effettuata all’Inps e non al procuratore costituito nel giudizio d’appello;

inoltre e’ ben vero (Cass. 21 novembre 2001 n. 14642, 24 novembre 2005 n. 24795, 11 maggio 2007 n. 10878) che “In tema di impugnazione, ai fini del decorso del termine breve previsto dall’art. 326 c.p.c., la notifica della sentenza effettuata nel domicilio eletto presso il difensore e’ equivalente a quella effettuata, ai sensi degli artt. 170 e 285 c.p.c., nei confronti del procuratore costituito della parte,atteso che entrambe le forme di notificazione soddisfano l’esigenza di assicurare che la sentenza sia portata a conoscenza della parte per il tramite del suo difensore tecnico, come tale professionalmente qualificato a valutare l’opportunita’ dell’impugnazione. Tuttavia nella specie, la notifica della sentenza fu effettuata direttamente all’Istituto nella sede legale, sia pure coincidente con il domicilio eletto dal procuratore medesimo, senza pero’ fare menzione del fatto che essa era diretta al procuratore, o attraverso la indicazione del nominativo, ovvero precisando che essa veniva fatta al procuratore costituito nel giudizio d’appello desumibile dalla epigrafe della sentenza;

Ritenuto che pertanto il ricorso e’ ammissibile;

Ritenuto che lo stesso e’ anche fondato alla stregua della sentenza delle Sezioni unite di questa Corte n. 12718 del 29/05/2009 con cui si e’ affermato che “In tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, il D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 (nel testo modificato dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4 convertito, con modificazioni, nella L. 14 novembre 1992, n. 438) dopo avere enunciato due diverse decorrenze delle decadenze riguardanti dette prestazioni (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della detta decisione), individua infine – nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” – la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui alla L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 7 e di centottanta giorni, previsto dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 46, commi 5 e 6), oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo – pur restando rilevante ai fini della procedibilita’ dell’azione giudiziaria – non consente lo spostamento in avanti del “dies a quo” per l’inizio del computo del termine decadenziale (di tre anni o di un anno). Ne consegue che, al fine di impedirne qualsiasi sforamento in ragione della natura pubblica della decadenza regolata dall’anzidetto art. 47, il termine decorre, oltre che nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui al medesimo art. 47, comma 5.” Ritenuto che pertanto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, risultando in sentenza che effettivamente l’azione giudiziaria era stata proposta oltre un anno e trecento giorni dopo la domanda amministrativa;

ritenuto che, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo e che non si deve provvedere sulle spese dell’intero processo ex art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo anteriore alle modifiche del 2003.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Nulla per le spese dell’intero processo.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2010

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