Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13044 del 14/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/06/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 14/06/2011), n.13044

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16841-2009 proposto da:

BANCA ITALO ROMENA SPA (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PRISCILLA

4, presso lo studio dell’avvocato COEN STEFANO, che la rappresenta e

difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrenti –

e contro

ESATRI SPA – CONCESSIONARIO del SERVIZIO di RISCOSSIONE dei TRIBUTI

per la PROVINCIA di MILANO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 24/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di MILANO del 18.4.08, depositata il 20/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PERSICO Mariaida;

udito per la ricorrente l’Avvocato Coen Stefano che si riporta agli

scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIETRO GAETA

che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Il relatore cons. Persico Mariaida, letti gli atti depositati osserva:

1. La Banca Italo Romena S.p.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 24/6/08, depositata il 20 maggio 2008, con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, è stata ritenuta la legittimità della cartella di pagamento relativa a ritenute alla fonte per l’anno 1997 e la mancanza di prova in ordine al credito che la contribuente aveva portato in compensazione del debito; il giudice a quo ha assunto che la mancata costituzione della società, -che in primo grado aveva assunto e provato, di fronte alla specifica contestazione in tal senso dell’Agenzia, di aver effettuato la dichiarazione nell’anno precedente (1996) e di aver indicato nella stessa il credito poi portato in compensazione nell’anno successivo – rendesse prive di contestazione l’eccezione formulata in secondo grado dall’Agenzia, ovvero che il credito derivava da una somma pagata in eccesso nel 1992, mai riportato a nuovo in tutte le dichiarazioni successive.

Si sono costituiti, controdeducendo, l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero delle Finanze; non si è costituita la concessionaria Esatri S.p.A., relativamente alla quale si rileva che il ricorso in esame è stato notificato a mezzo posta con raccomandata della quale è stata provata la spedizione ma non l’avvenuto ricevimento (Cass., Sez. Un., n. 627 del 2008).

2. Il ricorso è fondato su due motivi con i quali si contesta la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 sia per violazione dell’art. 112 c.p.c. che per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per avere il giudice a quo deciso su ragioni nuove e diverse rispetto a quelle poste a fondamento dell’atto impositivo e della sentenza di primo grado, che costituiscono un nuovo tema d’indagine.

3. Preliminarmente si rileva l’inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per non essere stato lo stesso parte del giudizio di appello, instaurato con ricorso della sola Agenzia delle Entrate (nella sua articolazione periferica) dopo l’11 gennaio 2001, con conseguente implicita estromissione dell’Ufficio periferico del Ministero (ex plurimis, Cass. S.U. n. 3116/06; Cass. 24245/04).

4. Entrambi i motivi appaiono inammissibili per violazione del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c.. I quesiti posti, infatti, appaiono privi dei requisiti stabiliti, per la loro formulazione, dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il quesito deve essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata: ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis, non fa alcun riferimento alla fattispecie concreta ma si limita a riportare e ripetere i principi di diritto di cui alle norme invocate, così che un’eventuale risposta affermativa non consentirebbe affatto di dare soluzione alla concreta fattispecie portata all’esame di questa Corte (Cass. Sez. un., n. 26020 del 2008).

5. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta inammissibilità”.

Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che è stata depositata dalla Banca Italo Romena s.p.a. memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. con la quale si assume la correttezza dei quesiti formulati sia richiamando un precedente giurisprudenziale che limita la necessità di formulare il quesito di diritto nel caso in cui venga proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 con il quale si deduca l’esistenza di errores in procedendo, sia richiamando la costante giurisprudenza di legittimità che assume che il quesito deve essere pertinente, non generico nè tautologico;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione. In particolare ritiene che: “Il motivo di ricorso per cassazione con cui si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice di merito, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere concluso in ogni caso con la formulazione di un quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., che non può essere generica (esaurendosi nella enunciazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato), nè può omettere di precisare su quale questione il giudice aveva omesso di pronunciare o aveva pronunciato oltre i limiti della domanda.” (Cass. n. 4146 del 2011; conformi Cass. n. 1310 del 2010, n.4329 del 2009, n. 22578 del 2009)., come affermato da un indirizzo giurisprudenziale al quale il Collegio ritiene di dover dare continuità perchè, in base al testo dell’art. 366 bis c.p.c., non sembra potersi affermare una distinzione tra i motivi d’impugnazione in diritto, escludendo quelli concernenti gli errores in procedendo; che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

che le spese di lite posso essere regolate come in dispositivo in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di giudizio che liquida in Euro 1500,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011

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