Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13043 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 14/05/2021), n.13043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13074/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

S.F., quale socio della società FI.RA Edilizia e

Costruzioni s.a.s. di F.S. & C.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Campania – Napoli n. 164/46/2012, pronunciata in 24 aprile 2012 e

depositata l’11 maggio 2012, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio

2021 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

RILEVATO

1. La contribuente, legale rappresentante e socio accomandatario della società FI.RA Edilizia e Costruzioni, era attinta da avviso di accertamento ai fini IRPEF per l’anno d’imposta 2004, con cui l’Ufficio rettificava i redditi in ragione della sua partecipazione alla società. L’atto impositivo faceva seguito ad un precedente accertamento, eseguito nei confronti della società ai fini IVA e IRAP per il medesimo periodo d’imposta.

2. Entrambi gli avvisi venivano impugnati. In particolare la socia contribuente svolgeva plurime censure, sia di rito sia di merito, in primis l’erronea applicazione dell’IVA al 10% anzichè al 4% applicabile, quest’ultima, in presenza di determinati requisiti, anche di natura soggettiva. Costituitosi l’Ufficio, la Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso.

3. La contribuente proponeva appello, cui resisteva l’Ufficio. La Commissione tributaria regionale dava atto di aver accolto parzialmente l’appello promosso dalla società. Conseguentemente il maggior reddito riconosciuto nei confronti di quest’ultima veniva attributo alla socia ricorrente nella misura ridotta del 50% in ossequio al principio di trasparenza, ivi compensando anche le spese di lite.

4. Ricorre per la cassazione della sentenza l’Avvocatura generale dello Stato che si affida ad un unico motivo di ricorso. Rimane intimata la contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con l’unico motivo di ricorso la difesa erariale denunzia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6 e 26 (TAB. A. n. 39) così come modificati dalla L. n. 408 del 1949, art. 13 e L. n. 133 del 1994, art. 4, comma 1, in parametro all’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile l’aliquota Iva agevolata del 4% a soggetti privi dei requisiti soggettivi previsti dalla legge. In particolare la CTR avrebbe errato nel ritenere insussistente l’obbligo della preliminare verifica della destinazione a “prima casa” dell’immobile acquistato dall’acquirente, tenuto anche conto che sarebbe illogico far ricadere sull’appaltatore le condotte del committente.

Il motivo è inammissibile.

1.1 La difesa erariale impugna la sentenza emessa nei confronti del socio ivi svolgendo però le censure che avrebbe dovuto muovere contro la decisione resa all’esito della vertenza in cui era parte la società. Era in quel giudizio, infatti, che la Commissione tributaria regionale ha affrontato la questione dell’applicabilità dell’IVA agevolata al 4% per la prima casa, mentre con la decisione oggetto del presente giudizio il Giudice d’appello si limita, di fatto, a riconoscere alla socia contribuente il maggior reddito in applicazione del principio di trasparenza.

E’ dunque evidente come l’Avvocatura dello Stato cerchi di svolgere nei confronti della socia contribuente le censure che avrebbe potuto fondatamente svolgere nei confronti della società.

2. Invero, anche recentemente questa Corte ha affermato che “La previsione dell’aliquota Iva agevolata del 4% di cui al punto 39 della tabella A del D.P.R. n. 633 del 1972 per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di fabbricati di cui alla L. n. 408 del 1949, art. 13 citata e successive modificazioni, costituendo una norma agevolatrice a carattere eccezionale e derogatorio, è di stretta interpretazione. La norma subordina l’applicabilità dell’agevolazione tributaria al ricorrere di due presupposti, uno di carattere oggettivo relativo alla costruzione dei fabbricati di cui alla L. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13 e l’altro di carattere soggettivo relativo alla destinazione della prestazione di servizi nei confronti di soggetti che svolgono l’attività di costruzione di immobili per la successiva vendita, ivi comprese le cooperative edilizie e loro consorzi, ovvero di soggetti per i quali i fabbricati non di lusso costituiscono la “prima casa”. La ratio di detta norma è quella di favorire l’incremento delle costruzioni edilizie con riguardo agli edifici che, complessivamente considerati, abbiano come destinazione funzionale prevalente quella abitativa secondo il rapporto fissato dalle norme integratrici e interpretative di cui alla L. n. 1493 del 1962, art. 1 e alla L. n. 1212 del 1967, articolo unico. Dal quadro normativo di riferimento emerge inequivocabilmente (come già statuito da questa Corte in precedenza, Cass. 10213/2018) come l’agevolazione fiscale in questione sia stata dal legislatore subordinata alla prevalente ed effettiva vocazione residenziale dell’edificio, comprendente le unità immobiliari (non di lusso), la cui costruzione sia oggetto di contratto di appalto” (Cfr. Cass., V, n. 28070/2019).

3. Tuttavia, come anzidetto, detta censura poteva essere svolta impugnando la decisione emessa nei confronti della società e non quella emessa nei confronti del socio, che riconosce unicamente il maggior reddito in capo a quest’ultimo in applicazione del principio di trasparenza.

In limine, occorre rilevare come il vincolo necessario del litisconsorzio tributario, in relazione all’IRAP societaria, secondo l’arresto delle S.U. n. 13452/2017 (Rv. 644364 – 01) e in relazione all’IVA della società in forza di Cass. V, n. 12236/2010 (Rv. 613071 – 01), risulti spezzato dal giudicato riflesso favorevole (Cass., S.U. n. 14816/2008 in motivazione), formatosi sull’anno d’imposta 2004 per effetto della pronuncia di questa Sezione, n. 9431/2020, riguardo alla S.A.S. (di cui l’odierna contribuente è socia), la cui rilevazione officiosa è consentita, come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. V, n. 1564/2007, Rv. 595300 – 01).

Il motivo di ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Non si fa luogo alla pronuncia sulle spese stante la mancata costituzione del contribuente.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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