Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13041 del 10/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 13041 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

sentenza con motivazione
semplificata

PICCAPIETRA CARLA (PCC CRL 50A43 H752M), ALONGI Filippo
(LNG FPP 47D06 G2730), REGINA Leonarda (RGN LRD 45R42
A176F), RIZZO Giuseppe (RZZ GPP 45B09 A176H), PILLITTERI
Michele (PLL MHL 45C18 C286X), AVERNA Maria Ada MRD
36A52 G273P), LODATO Ignazio (LDT GNZ 38B15 G348H),
LAMATTINA Rosa (LMT RSO 37H58 C421L), LAMATTINA Rosaria
Maria (LMT RRM 31P54 C421B), DI FRANCO Salvatore (DFR SVT
43D09 G273C), COCCELLATO Giuseppa (CCC GPP 42E46 G273W),
DI FALCO Rosalia (DFL RSL 38T48 G273D), SALAMONE Antonella
(SLM NNL 55P58 F377K), ROCCHIERI Emanuele Mario (RCC MLM
40P16 G273S), CALANDRINO Gioacchino ( CLN GCH 33B09
A176D), SULFARO Giuseppe (SLF GPP 44C13 B774Q), AGUGLIA

Data pubblicazione: 10/06/2014

Lucia (GGL LCU 38B49 G273W), MARCO Giuseppe (MRC GPP 39M09
G2730), PIRRE*LLO Maria (PRR MRA 35B62 E5410), MILIA
Vincenzo (MLI VCN 44A04 G273F), GRUTTA Giuseppe (GRT GPP
41C11 M081D), SARDINA Maddalena (SRD MDL 51M67 A546X),

GPP 36L29 A351H), TABONE Angelo (TBN NGL 44M30 F299T),
MURANIA Nicola NCL 48L15 I224N), MAGLIENTI Michele
(MGL MHL 35C18 F158E), SACCOMANDO Luigi (SCC LGU 44H07
I174G), ALAIMO Felice Prospero (LMA FCP 41T04 C351L), LO
COCO Salvatore (LCC SVT 41A22 I188H), rappresentati e
difesi, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Isabella Casales Mangano, con domicilio per
legge presso la Cancelleria civile della Corte di
cassazione, piazza Cavour;
– ricorrenti –

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro

tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta
n. 586/2012, depositato in data 27 agosto 2012.

ROMANO Rosa (MANT RSO 39A69 A546D), GANDOLFO Giuseppe (GND

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto
dell’incidentale.
Ritenuto che, con ricorso depositato in data 6 maggio
2010 presso la Corte d’appello di Caltanissetta,
PICCAPIETRA Carla, GRADO Calogera, DI FRANCO Salvatore,
PILLITTERI Michele, MARCO Giuseppe, MILIA Vincenzo,
COCCELLATO Giuseppa, DI FALCO Rosalia, ALAIMO Felice
Prospero, LO COCO Salvatore, GANDOLFO Giuseppe, TABONE
Angelo, ALONGI Filippo, CALANDRINO Gioacchino, MURANIA
Nicolò, AVERNA Maria Ada, PIRRELLO Maria, ROMANO Rosa,
SARDINA Maddalena, GRUTTA Giuseppe, SULFARO Giuseppe,
AGUGLIA Lucia, LODATO Ignazio, TODARO Maria, ROCCHERI
Emanuele Mario, FONTI Salvatore, SACCOMANDO Luigi, REGINA
Leonarda, RIZZO Giuseppe, OLIVA Carmelo, SALAMONE
Antonella, LAMATTINA Rosa, LAMATTINA Rosaria Maria e
MAGLIENTI Michele chiedevano la condanna del Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento del danno non
patrimoniale derivato dalla irragionevole durata di un
giudizio iniziato, dinnanzi al TAR per la Sicilia, sede di
Palermo, con ricorso depositato il 6 novembre 1997, ancora

generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto

pendente alla data del deposito della domanda di equa
riparazione;
che l’adita Corte d’appello, rilevato che i ricorrenti
avevano presentato istanza di prelievo il 1 0 marzo 2010,

tra il 25 giugno 2008, data di entrata in vigore dell’art.
54 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e la data di
presentazione della istanza di prelievo;
che la Corte distrettuale riteneva quindi che il
giudizio presupposto, durato dieci anni e sette mesi
circa, avesse avuto una durata irragionevole di sette anni
e dieci mesi, e liquidava un indennizzo di euro 4.000,00,
in favore di ciascun ricorrente, ragguagliato al parametro
riduttivo di euro 500,00 per anno di ritardo, tenuto conto
del lungo periodo in cui non vi era stato impulso
sollecitatorio di parte, e compensava per due terzi le
spese di giudizio in considerazione dell’accoglimento solo
parziale della domanda;
che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti
in epigrafe indicati hanno proposto ricorso sulla base di
quattro motivi, illustrati da memoria;
che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

controricorso e ha a sua volta proposto ricorso
incidentale.

riteneva che la domanda fosse improponibile per il periodo

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso principale

dell’art.

54 del decreto-legge n.

112 del 2008,

convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del
2008, dolendosi del fatto che la corte d’appello abbia
detratto dal computo della durata del giudizio presupposto
il lasso di tempo intercorso tra la data di entrata in
vigore della citata disposizione (25 giugno 2008) e la
data di presentazione della istanza di prelievo;
che con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando
violazione e falsa applicazione dell’art. 6, par. l, della
CEDU e dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, si dolgono
che la Corte d’appello non abbia applicato i criteri di
liquidazione del danno adottati dalla Corte di Strasburgo,
nonché della insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un fatto decisivo per il giudizio;
che, in particolare, i ricorrenti sostengono che, in
applicazione degli indicati criteri, la Corte d’appello
avrebbe dovuto riconoscere un indennizzo di euro 750,00
per i primi tre anni di ritardo e di euro 1.000,00 per
ciascuno degli anni successivi;

ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione

che con il terzo motivo (violazione e falsa
applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il

cod. proc. civ.) ci si duole che la Corte d’appello abbia
compensato per i 2/3 le spese processuali, e ciò
nonostante che la riduzione della somma riconosciuta sia
dipesa dal fatto che la Corte d’appello ha applicato un
criterio riduttivo di liquidazione, mentre l’orientamento
prevalente della giurisprudenza di legittimità era nel
senso che l’indennizzo dovesse essere rapportato a
1.000,00 euro per anno di ritardo;
che con il quarto motivo i ricorrenti denunciano
violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6, comma
l, della tariffa forense di cui al d.m. n. 127 del 2004,
in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5,
cod. proc. civ., dolendosi del fatto che la Corte
d’appello non abbia tenuto conto del valore della
controversia (56.000 euro, essendo quattordici le parti
ricorrenti), sicché il compenso dovuto era pari a euro
865,00 per diritti ed euro 2.075,00 per onorari, laddove
la Corte d’appello ha liquidato euro 1.086,63, di cui euro

giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5,

100,00 per spese, euro 577 per diritti ed euro 300,00 per
onorari, oltre spese generali e accessori di legge;
che con il primo motivo del ricorso incidentale
l’Amministrazione controricorrente denuncia violazione

dall’art. 54 d.l. n. 112 del 2008, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, rilevando che,
a far data dal 25 giugno 2008, la presentazione della
istanza di prelievo è divenuta condizione di procedibilità
della domanda di equa riparazione, mentre, nel caso di
specie, l’istanza di prelievo era stata presentata solo
nel 2009, sicché dalla durata irragionevole del processo
avrebbe dovuto essere scomputato il periodo di mesi otto
intercorso tra il 25 giugno 1998 e la data di
presentazione della istanza di prelievo;
che con il secondo motivo il Ministero deduce
violazione degli artt. 88 cod. proc. civ. e 111 Cost., in
relazione all’art. 274 cod. proc. civ. e agli artt. 91 e
92 cod. proc. civ., rilevando che i ricorrenti hanno
proposto un ricorso per equa riparazione relativo ad un
giudizio presupposto in relazione al quale erano già stati
presentati altri ricorsi che avrebbero quindi dovuto
essere riuniti;
che il primo motivo del ricorso incidentale, che per
ragioni di ordine logico deve essere esaminato per primo,

dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, come modificato

è

inammissibile,

atteso

che

l’amministrazione

controricorrente imputa all’impugnato decreto la mancata
detrazione del periodo di otto mesi dal computo della
durata ragionevole, laddove la Corte d’appello ha detratto

vigore dell’art. 54 del decreto-legge n. 112 del 2008 e la
presentazione della istanza di prelievo;
che quindi la censura risulta priva di contenuto e
appare il frutto di un inadeguata ricostruzione della
vicenda processuale oggetto del presente giudizio, atteso
che nel controricorso si afferma che la Corte d’appello
avrebbe dato atto dell’avvenuta presentazione della
istanza di prelievo tra il 17 e il 28 febbraio 2009,
mentre una siffatta affermazione non si rinviene nel
decreto impugnato, nel quale si riferisce che l’istanza di
prelievo è stata depositata nel giudizio presupposto il 1 0
marzo 2010;
che è inammissibile il secondo motivo del ricorso
incidentale, atteso che lo stesso risulta proposto sulla
base di una inesatta individuazione del provvedimento
impugnato;
che infatti, pur se i ricorrenti hanno, in ricorso,
dichiarato di impugnare il decreto n. 596 del 2012,
depositato il 27 agosto 2012, in realtà il decreto
impugnato nel presente giudizio è il n. 586 del 2012,

il lasso di tempo intercorso tra la data di entrata in

depositato del pari il 27 agosto 2012, sicché risulta
erronea la premessa sulla quale si fonda il motivo in
esame;
che è invece fondato il primo motivo del ricorso

istanza di prelievo costituisce condizione di
proponibilità della domanda di equa riparazione in
relazione ai giudizi amministrativi, non può non rilevarsi
che una volta rimosso l’ostacolo con la tempestiva
presentazione della istanza di prelievo la domanda diventa
proponibile senza che possa espungersi dalla durata del
giudizio presupposto il segmento temporale intercorso tra
il 25 giugno 2008 e la data di presentazione della istanza
di prelievo, potendo la rilevata tardiva presentazione
della istanza di prelievo incidere sulla determinazione
dell’indennizzo;
che il secondo motivo del ricorso principale è
infondato;
che infatti, se è vero che il giudice nazionale deve,
in linea di principio, uniformarsi ai criteri di
liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti
dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che
la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non
indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non
patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro

principale, poiché, se è vero che la presentazione della

750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre
anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a
euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in
capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in

peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi
concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali
deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass.
17922 del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari criteri di determinazione
dell’indennizzo facendo riferimento al lungo periodo in
cui non vi è stato alcun impulso sollecitatorio di parte,
risalendo l’ultima istanza di prelievo al 2002;
che trattasi di motivazione adeguata, rispetto alla
quale le deduzioni dei ricorrenti non appaiono idonee ad
evidenziare vizi di violazione di legge o di motivazione,
nei limiti in cui tale tipo di vizio è prospettabile ai
sensi del nuovo testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc.
civ.;
che va poi ricordato che, in applicazione dei criteri
elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo
(decisioni Volta et autres c. Italia,
Falco et autres c. Italia,

del 16 marzo 2010 e

del 6 aprile 2010) e recepiti

dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 18 giugno

misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle

2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011, n. 3271; Cass.,
13 aprile 2012, n. 5914), relativamente a giudizi
amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, questa
Corte è solita liquidare un indennizzo che rapportato su

del giudizio;
che tale approdo consente di escludere che un
indennizzo di 500,00 euro per anno di ritardo possa essere
di per sé considerato irragionevole e quindi lesivo
dell’adeguato ristoro che la giurisprudenza della Corte
europea intende assicurare in relazione alla violazione
del termine di durata ragionevole del processo;
che il terzo motivo è fondato;
che non v’è dubbio che la nozione di soccombenza
reciproca, che consente la compensazione parziale o totale
tra le parti delle spese processuali (art. 92, secondo
comma, cod. proc. civ.), comprende anche l’accoglimento
parziale dell’unica domanda proposta, quando la parzialità \
dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi
una domanda articolata in un unico capo (Cass., Sez. III,
21 ottobre 2009, n. 22381);
che, tuttavia, la motivazione alla base della disposta
compensazione per i 2/3 delle spese di lite si appalesa
priva di logica ragionevolezza, posto che nella specie non
vi è stato alcun rilevante scarto (Cass., Sez. VI-1, 17

base annua corrisponde a circa 500,00 euro per la durata

giugno 2012, n. 617) tra l’importo richiesto dalla parte
istante e quello riconosciuto dalla Corte territoriale;
che, inoltre, l’ampiezza della dichiarata
compensazione – tra l’altro di gran lunga eccedente il

(pari ad euro 1.000,00 per anno di ritardo, quindi entro i
limiti dei parametri CEDU applicati dalla giurisprudenza
di questa Corte) e quello liquidato – finisce con il
risolversi nella sostanziale vanificazione della
soccombenza dell’Amministrazione convenuta, che, invece,
deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il
profilo della suddivisione del carico delle spese per non
rendere vuota la tutela accordata;
che anche il quarto motivo di ricorso è fondato,
atteso che la liquidazione delle spese di lite è stata
effettuata dalla Corte d’appello in misura inferiore ai
minimi tariffari di cui al d.m. n. 127 del 2004,
applicabili nel caso di specie, atteso che l’attività del
difensore si è esaurita con la discussione della causa
all’udienza del 18 giugno 2012, e quindi prima della
abrogazione dei minimi tariffari per effetto dell’art. 9
del decreto legge n. 1 del 2012 e del d.m. n. 140 del
2012, entrato in vigore il 23 agosto 2012;
che, tuttavia, pur applicandosi il detto decreto
ministeriale del 2004, non può non rilevarsi che la

divario percentuale sussistente tra l’indennizzo domandato

controversia in esame non presentava particolari profili
di complessità e che le posizioni processuali delle parti
erano del tutto coincidenti;
che dunque, in accoglimento del primo, del terzo e del

deve essere cassato;
che, peraltro, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.;
che, quanto all’indennizzo spettante a ciascuno dei
ricorrenti, questo deve essere determinato in euro
4.750,00, dovendosi individuare la durata complessiva del
giudizio presupposto, alla data di proposizione della
domanda di equa riparazione, in dodici anni e sei mesi
(dal 6 novembre 1997 al 6 maggio 2010) e la durata
irragionevole, detratto il triennio, in nove anni e sei
mesi, facendo applicazione del criterio già adottato dalla
Corte d’appello con valutazione risultata immune dalle
proposte censure;
che può altresì procedersi alla determinazione delle
spese, avuto riguardo al valore della controversia quale
risultante dal

decisum e

alla identità delle posizioni

delle diverse parti del giudizio;
che, quanto alle spese del giudizio di legittimità, il
Collegio ritiene che, in considerazione del parziale

– 13 –

quarto motivo del ricorso principale, il decreto impugnato

accoglimento del ricorso, le stesse, liquidate come da
dispositivo, possano essere compensate per metà;
che le spese, come liquidate, vanno distratte in
favore dell’Avvocato Isabella Casales Mangano,

PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso incidentale e il primo
motivo del ricorso principale, accoglie il secondo, il
terzo e il quarto motivo di tale ricorso; cassa il decreto
impugnato in relazione alle censure accolte e, decidendo
nel merito, condanna il Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento, in favore di ciascuno dei
ricorrenti, della somma di euro 4.750,00, oltre agli
interessi legali dalla data della domanda al saldo;
condanna altresì il Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento delle spese del giudizio di merito,
liquidate in complessivi euro 2.240,00, di cui euro 100,00
per esborsi, euro 865,00 per diritti ed euro 1.275,00 per
onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di
legge, e al pagamento della metà delle spese del giudizio
di legittimità, che liquida, per l’intero, in euro
1.013,00, oltre ad euro 100,00 per esborsi e agli
accessori di legge. Dispone la distrazione delle spese del
giudizio in favore dell’Avvocato Isabella Casales Mangano,
dichiaratasi antistataria.

dichiaratasi antistataria.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione,

il 16 gennaio 204.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA