Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13038 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 14/05/2021), n.13038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11926/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in

Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente principale –

contro

M.C., rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Crismani

del Foro di Trieste e Francesco Vetrò del Foro di Roma ed

elettivamente domiciliato presso quest’ultimo nel suo Studio MVL

Avvocati Associati, in Roma (00198), Via Panama 58;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n.77/09/13 della Commissione tributaria regionale

del Friuli Venezia Giulia, emessa in data 1 luglio 2013, depositata

il 4 novembre 2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio

2021 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

con avvisi di accertamento n. (OMISSIS), n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) veniva contestata al s1g. M.C. l’omessa dichiarazione di un “reddito diverso”, rappresentato dalla vincita di Euro 735.909,85, conseguita nella casa da gioco estera (OMISSIS) ((OMISSIS));

la vincita era realizzata nel 2004 e veniva dallo stesso riscossa per Euro 50.000,00 nello stesso anno, per Euro 600.000,00 nell’anno 2005 e per Euro 85.909,85 nell’anno 2006; in particolare, l’Ufficio contestava al contribuente la violazione dell’art. 67, comma 1, lett. d) del TUIR, il quale prevede che “le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse organizzate per il pubblico e i premi derivanti da prove di abilità o della sorte…” costituiscono redditi diversi da sottoporre a tassazione;

con distinti ricorsi, il contribuente impugnava i suddetti atti impositivi lamentando, in via pregiudiziale, l’illegittimità dell’art. 67, comma 1, lett. d) del TUIR e art. 21 della Convenzione, così come interpretati e applicati dall’Agenzia delle Entrate, per contrasto con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e del Trattato Istitutivo dell’Unione Europea;

lamentava, inoltre, la violazione dell’art. 67, comma 1, lett. d) del TUIR e 21 della Convenzione, così come interpretati e applicati dall’Ufficio, e, nel merito, l’infondatezza della pretesa tributaria òin quanto fondata sulla errata interpretazione di norme;

in via subordinata, il contribuente deduceva l’illegittimità delle sanzioni, sussistendo obiettive condizioni di incertezza, nonchè la buona fede del contribuente;

l’Ufficio si costituiva nei vari giudizi, evidenziando come non esistesse nel caso in oggetto un problema di doppia imposizione e di conseguente contrasto con la normativa comunitaria;

deduceva, inoltre, che la vincita oggetto del contendere costituiva un reddito diverso, non autonomamente disciplinato dalla convenzione tra Italia e (OMISSIS), per cui doveva trovare applicazione il criterio residuale previsto dall’art. 21 della predetta convenzione, concernente i redditi non espressamente menzionati, ovvero la tassazione esclusiva delle vincite nel Paese di residenza del beneficiario (Italia);

sottolineava, altresì, l’infondato richiamo alla giurisprudenza comunitaria citata da controparte (controversia Lindman vs Finlandia), che riguardava l’ipotesi in cui uno Stato membro (Finlandia) considerava le vincite come soggette a tassazione se provenienti da giochi d’azzardo organizzati in altri Stati membri, mentre le considerava non imponibili se organizzati nel proprio Stato, da cui la conseguente discriminazione dei cittadini comunitari;

al contrario in Italia (contrariamente alla legislazione finlandese) le vincite al gioco conseguite nel territorio dello Stato sono soggette a imposizione fiscale;

l’Ufficio rappresentava, inoltre, che, contrariamente a quanto affermato in ricorso, nessuna deduzione (dalle imposte accertate) delle somme asseritamente trattenute a titolo di ritenuta alla fonte dal casinò sloveno poteva spettare al contribuente nel caso di specie;

l’imposta richiesta dalla Repubblica Slovena all’organizzatore del gioco (casinò) sul valore dei pagamenti ricevuti non poteva, infatti, essere assimilata alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta prevista dall’ordinamento nazionale, in quanto nello Stato estero in questione il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria era unicamente l’organizzatore del gioco;

a conferma di ciò, l’Ufficio richiamava l’art. 19 delle Legge slovena, secondo il quale le vincite provenienti da giochi d’azzardo sono esenti dalle imposte sulle persone fisiche;

peraltro, il sig. M. non era stato in grado di produrre alcuna certificazione che attestasse l’esistenza della suddetta ipotetica ritenuta operata dal casinò;

la C.t.p. di Gorizia, con sentenza n. 101/02/2011, accoglieva, previa riunione degli stessi, i ricorsi proposti dal contribuente;

in particolare, i giudici di primo grado affermavano che “appariva illuminante e perfettamente pertinente… il richiamo al caso Lindman di cui alla sentenza C42102” e che l’applicazione data dall’Ufficio all’art. 67 T.u.i.r. concretizzava una violazione dei principi di eguaglianza e non discriminazione dei cittadini comunitari, in quanto le somme vinte nei Casinò italiani (anche da parte di soggetti esteri) non formavano oggetto di imposizione diretta a carico dei vincitori stessi;

avverso tale sentenza proponeva appello l’Ufficio, contestando il ritenuto contrasto tra la norma nazionale e la normativa e giurisprudenza comunitaria;

si costituiva il contribuente, chiedendo il rigetto dell’appello dell’Ufficio e proponendo appello incidentale avverso il capo della sentenza di primo grado con cui era stata disposta la compensazione delle spese di lite;

la CTR di Trieste, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto l’appello principale proposto dall’Ufficio, nonchè quello incidentale del contribuente;

i giudici regionali, in particolare, dopo aver richiamato la normativa italiana e slovena e la normativa e giurisprudenza comunitaria, hanno così statuito: “la conclusione cui il Collegio giunge è nel senso che l’art. 67, comma 1, lett. d) TUIR, così come applicato nel caso di specie in riferimento a vincita conseguita da cittadino italiano in casa da gioco autorizzata slovena, non sia compatibile con la normativa comunitaria”;

l’Agenzia delle entrate ricorre con un unico motivo avverso M.C. per la cassazione della sentenza n.77/09/13 della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, emessa in data 1 luglio 2013, depositata il 4 novembre 2013 e non notificata;

il contribuente resiste con controricorso, con cui avanza ricorso incidentale;

il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 28 gennaio 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

il contribuente ha depositato memoria;

il P.G. Umberto De Augustinis ha fatto pervenire requisitoria scritta, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo del ricorso principale, l’Agenzia delle entrate denunzia la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. d) e art. 69, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 30, art. 21 della Convenzione Italia-(OMISSIS) e degli artt. 52 e 56 TFUE (già artt. 46 e 49 del Trattato CE), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo la ricorrente, per effetto delle citate disposizioni, i proventi del gioco d’azzardo realizzati in Italia ed erogati da case da gioco autorizzate, non sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta, essendo tale ritenuta compresa nella imposta sugli spettacoli gravante sui gestori delle case da gioco;

viceversa, nel caso di vincite realizzate all’estero, non operando il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 30 (non avendo lo Stato italiano potestà impositiva nei confronti dei gestori le sale da gioco estere), torna applicabile la disciplina generale di cui agli artt. 67 e 69 del T.u.i.r., per cui tali vincite “costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione”;

tale quadro normativo, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici regionali, non risulterebbe contrario alle disposizioni dei TFUE citati in rubrica, nè alla giurisprudenza della Corte di Giustizia;

il motivo è infondato e va rigettato;

l’art. 67 (rubricato “redditi diversi”), comma I, lett. d) del T.u.i.r. prevede che: “sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nè in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: (…)

d) le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse organizzati per il pubblico e i premi derivanti da prove di abilità o dalla sorte nonchè quelli attribuiti in riconoscimento di particolari meritiò artistici, scientifici o sociali”;.

l’art. 69 (rubricato “premi, vincite e indennità”) dello stesso T.u.i.r., così dispone: “i premi e le vincite di cui all’art. 81, comma 1, lett. d) (ora art. 67, comma 1, lett. d – n.d.r.) costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione”;

l’art. 30 (“Ritenuta sui premi e sulle vincite”) del D.P.R. n. 600 del 1973, al comma 1, prevede: “i premi derivanti da operazioni a premio assegnati a soggetti per i quali gli stessi assumono rilevanza reddituale ai sensi del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6 gli altri premi comunque diversi da quelli su titoli e le vincite derivanti dalla sorte, da giuochi di abilità, quelli derivanti da concorsi a premio, da pronostici e da scommesse, corrisposti dallo Stato, da persone giuridiche pubbliche o private e dai soggetti indicati nell’art. 23, comma 1 sono soggetti a una ritenuta alla fonte a titolo di imposta, con facoltà di rivalsa, con esclusione dei casi in cui altre disposizioni già prevedano l’applicazione di ritenute alla fonte. Le ritenute alla fonte non si applicano se il valore complessivo dei premi derivanti da operazioni a premio attribuiti nel periodo d’imposta dal sostituto d’imposta al medesimo soggetto non supera l’importo di lire 50.000; se il detto valore è superiore al citato limite, lo stesso è assoggettato interamente a ritenuta. Le disposizioni del periodo precedente non si applicano con riferimento ai premi che concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente”;

ai sensi del successivo comma 7 “la ritenuta sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate è compresa nell’imposta sugli spettacoli di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 3”;

inoltre, a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 recante “Imposta sugli spettacoli” (supplemento ordinario alla GURI n. 292, dell’11 novembre 1972), come modificato dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60 le case da gioco tenute al pagamento dell’imposta sugli intrattenimenti sono escluse dall’obbligo di rivalsa dell’imposta nei confronti degli spettatori, dei partecipanti e degli scommettitori;

la base imponibile di tale imposta è costituita dall’importo dei titoli di accesso venduti al pubblico, dalla differenza attiva giornaliera tra le somme incassate per il gioco e quelle versate ai giocatori per le vincite, nonchè da qualsiasi altro introito connesso all’esercizio del gioco;

in sostanza il sistema interno di tassazione per le vincite al gioco (elencate nell’art. 67, comma 1, lett. d) del TUIR) prevede che le vincite realizzate “costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione” (art. 69, comma 1, T.u.i.r.);

tuttavia se il soggetto erogatore è uno dei soggetti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23 (società enti, lavoratori autonomi ecc.), in base al medesimo D.P.R. n. 600 del 1973, art. 30 le vincite e gli altri proventi del gioco “sono soggetti a una ritenuta alla fonte a titolo di imposta, con facoltà di rivalsa “, ma tale ritenuta non è operata “sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate” in quanto in tali ipotesi la tassazione “è compresa nell’imposta sugli spettacoli di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 3”;

secondo la ricorrente, per effetto delle citate disposizioni, i proventi del gioco d’azzardo realizzati in Italia ed erogati da case da gioco autorizzate, non sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta, essendo tale ritenuta compresa nella imposta sugli spettacoli gravante sui gestori delle case da gioco;

viceversa, nel caso di vincite realizzate all’estero, non operando il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 30 (non avendo lo Stato italiano potestà impositiva nei confronti dei gestori le sale da gioco estere), torna applicabile la disciplina generale di cui agli artt. 67 e 69 del T.u.i.r., per cui tali vincite “costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione”;

la questione è stata oggetto di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea (Causa C-367/13 Pier Paolo Fabretti/Agenzia delle Entrate), alla quale è stato sottoposto il seguente quesito: “Se l’assoggettamento ad obblighi dichiarativi ed impositivi a fini fiscali delle vincite conseguite presso case da gioco di Paesi membri dell’Unione Europea da persone residenti in Italia, come previsto dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 67, lett. d) si ponga in contrasto con l’art. 49 del Trattato CE (ora 56 TFUE), oppure se sia da ritenersi giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, ai sensi dell’art. 46 del Trattato CE (ora 52 TFUE)”;

la Corte di Giustizia, con sentenza del 22 ottobre 2014 nelle cause riunite C344/13 e C-367/13, ha dichiarato che “gli artt. 52 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro, la quale assoggetti all’imposta sul reddito le vincite da giochi d’azzardo realizzate in case da gioco situate in altri Stati membri, ed esoneri invece dall’imposta suddetta redditi simili allorchè provengono da case da gioco situate nel territorio nazionale di tale Stato”;

ciò in quanto una normativa nazionale come quella in esame genera una restrizione discriminatoria della libera prestazione dei servizi, quale garantita dall’art. 56 TFUE, nei confronti non soltanto dei prestatori ma anche dei destinatari di tali servizi, che, secondo quanto ritenuto dalla Corte di Giustizia, occorre verificare se possa essere giustificata;

tale normativa può essere giustificata soltanto nella misura in cui persegua obiettivi corrispondenti ai motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica di cui all’art. 52 TFUE, nel rispetto del requisito di proporzionalità;

la C.G.U.E., con la sentenza citata, ha rilevato che, per quanto riguarda gli obiettivi di ordine pubblico invocati dall’attuale ricorrente, relativi alla prevenzione del riciclaggio di capitali e alla necessità di limitare le fughe all’estero o le introduzioni in Italia di capitali di origine incerta, è sufficiente constatare, anzitutto, che, come risulta dalla giurisprudenza della stessa Corte, le autorità di uno Stato membro non possono validamente presumere, in maniera generale e senza distinzioni, che gli organismi e gli enti stabiliti in un altro Stato membro si dedichino ad attività criminali (v., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna, EU:C:2009:618, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata);

nè, sotto il profilo della tutela della sanità pubblica, l’assoggettamento ad imposta, da parte di uno Stato membro, delle vincite provenienti da case da gioco situate in altri Stati membri e l’esenzione di vincite siffatte provenienti dalle case da gioco situate nel territorio di detto Stato sono idonei a garantire in maniera coerente la realizzazione dell’obiettivo della lotta contro la ludopatia, dato che una simile esenzione può incoraggiare i consumatori a partecipare ai giochi d’azzardo, permettendo loro di beneficiare di questa esenzione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna, EU:C:2009:618, punto 41);

ne consegue che, anche nel caso di specie, del tutto analogo a quello sottoposto all’esame della Corte di Giustizia, la discriminazione in esame non è giustificata ai sensi dell’art. 52 TFUE;

pertanto, l’interpretazione delle norme nazionali, fornita dalla ricorrente Agenzia delle entrate, non può essere accolta ed il ricorso va rigettato;

il controricorrente ripropone nel giudizio di cassazione, le eccezioni sub nn. 3.1.3, 3.1.4, 3.1.5 e 3.1.6 della sentenza (DOC. n. 10), che il Giudice di secondo grado ha giustamente ritenuto assorbiti dalla decisione basata sull’eccezione pregiudiziale comunitaria sollevata dalla parte appellata;

tali eccezioni non devono essere esaminate, stante il rigetto del ricorso principale;

inoltre, avverso la sentenza n. 77/09/13 della C.t.r. del Friuli – Venezia Giulia, depositata il 04/11/2013 e non notificata, il contribuente propone ricorso incidentale per cassazione, limitatamente alla statuizione relativa alla compensazione delle spese del primo e del secondo grado di giudizio;

la C.t.p. di Gorizia aveva accolto interamente il ricorso proposto dal contribuente, disponendo la compensazione delle spese del giudizio di primo grado, ritenendo che “la questione trattata sia piuttosto singolare e comunque abbastanza controversa nell’intreccio di norme nazionali e soprannazionali tale da giustificare la compensazione delle spese”;

la C.t.r., a sua volta, ha rigettato “l’appello incidentale del contribuente. La problematica di cui è controversia, caratterizzantesi per l’assoluta novità, contiene elementi tali da non consentire una immediata interpretazione, ragion per cui la Prima Commissione ha fatto buon governo per quanto relativo alle spese”;

il Giudice di appello ha inoltre disposto la compensazione delle spese del giudizio di secondo grado, per le medesime ragioni;

ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 “la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza” (principio della soccombenza).

a sua volta. l’art. 92 c.p.c., comma 2, applicabile al processo tributario in quanto espressamente richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 prevede che: “Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare le spese, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.

sino alla novità apportata dalla L. n. 69 del 2009, all’art. 92 c.p.c., la compensazione delle spese poteva essere disposta, oltre che per la soccombenza reciproca, anche per “giusti motivi;

secondo il ricorrente incidentale, ne caso di specie, non ricorrerebbero le “gravi ed eccezionali ragioni”, per giustificare la compensazione delle spese, richieste a seguito della citata riforma legislativa;

per quanto riguarda le motivazioni basate sull’assenza di giurisprudenza nazionale (sostenuta dal Giudice di primo grado) e quella di “novità”, caratterizzata da elementi tali da non consentire un’immediata interpretazione della norma (sostenuta dal Giudice di secondo grado), esse appaiono contraddittorie, illogiche e quindi infondate;

il motivo è infondato e deve essere rigettato;

la censura non può riguardare l’opportunità di disporre la compensazione delle spese, che è profilo rimesso alla discrezionalità del giudice di merito;

unico profilo ammissibile è quello volto a negare che i motivi addotti dalla pronuncia impugnata siano tali da integrare i presupposti applicativi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009 (applicabile in relazione alla data di instaurazione del giudizio di primo grado, nell’anno 2010);

il giudice di appello, nel caso di specie, ha congruamente motivato in ordine all’assoluta novità della controversia, che ha comportato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Europea, la quale ha dichiarato contraria agli artt. 52 e 56 TFUE la normativa dello Stato italiano, la quale assoggetti all’imposta sul reddito le vincite da giochi d’azzardo realizzate in case da gioco situate in altri Stati membri, ed esoneri invece dall’imposta suddetta redditi simili allorchè provengono da case da gioco situate nel territorio nazionale italiano, in assenza di prevalenti giustificazioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica;

sulla specifica questione della compatibilità della normativa italiana agli artt. 52 e 56 TFUE non vi erano precedenti giurisprudenziali di legittimità o della Corte di Giustizia Europea ed il dato normativo nazionale era in astratto idoneo a fondare l’interpretazione che di esso aveva fornito l’amministrazione finanziaria;

pertanto, il giudice di merito ha correttamente esercitato il potere di compensazione, nella ricorrenza dei requisiti di legge;

le stesse motivazioni, nonchè la reciproca soccombenza, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

rilevato che, in relazione al ricorso principale, risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

PQM

la Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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