Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13037 del 23/06/2016


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Cassazione civile sez. II, 23/06/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 23/06/2016), n.13037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29744-2011 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURA REPUBBLICA TRIBUNALE REGGIO

EMILIA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

P.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato

ROMA, via LAURA MANTEGAZZA 24, presso lo studio MARCO GARDIN,

rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELE TURCO;

– controricorrente e ric. incidentale –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, depositata il

1607/2010 V.G.);

udild la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato T.D., difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

accoglimento ricorso incidentale proprio, ricorso incidentale

condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. P.G., sovrintendente della Polizia di Stato, adiva il tribunale di Reggio Emilia proponendo opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 avverso il decreto del 28.7.10 con cui il Procuratore della Repubblica della stessa città, previa revoca dei decreti del 15.7.09 con i quali erano stati liquidati compensi per prestazioni rese dallo stesso P. quale consulente tecnico informatico del P.M., riliquidava, riducendoli, detti compensi, contestualmente richiedendo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 187, comma 1, la restituzione delle somme già corrisposte in eccedenza.

L’opponente contestava la riliquidazione dei suoi compensi operata dal Procuratore della Repubblica e affamava che l’originaria liquidazione era corretta.

Il Procuratore della Repubblica di Reggio Emilia si costituiva eccependo dell’opposizione in quanto diretta, a suo dire, contro un atto che non poteva qualificarsi decreto dì Liquidazione, ma invito bonario a restituire quanto ricevuto in eccedenza, al fine dì attivare la procedura di recupero delle somme indebitamente percepite di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 187, comma 1; rilevava altresì che il provvedimento di revoca era stato assunto a seguito di rilevi ispettivi da parte del Ministero della Giustizia e che tali rilievi avevano natura di atti interni amministrativi di natura precettiva.

Il Tribunale di Reggio Emilia con ordinanza del 18/4/2011 annullava il provvedimento di nuova liquidazione dei compensi, ritenendo illegittima la revoca dei precedenti decreti da parte del Procuratore della Repubblica, ed in ordine alle spese processuali provvedeva con la seguente pronuncia: “Nulla per le spese”.

A sostegno della predetta decisione il Tribunale argomentava che il provvedimento di liquidazione del compenso per l’ausiliare del magistrato ha natura giurisdizionale e, come tale, non può essere revocato d’ufficio dal medesimo magistrato che lo ha emesso, a nulla rilevando, peraltro, la struttura gerarchica dell’ufficio del Pubblico Ministero.

Avverso detta ordinanza il Procuratore della Repubblica di Reggio Emilia ed il Ministero della Giustizia. patrocinati dall’Avvocatura dello Stato, propongono ricorso straordinario per cassazione affidato a tre motivi.

Con il primo motivo del ricorso principale l’Avvocatura dello Stato deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168, art. 170, comma 2, art. 187, comma 1, artt. 213, 214 e 215, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, riproponendo l’eccezione secondo la quale il provvedimento con il quale il Procuratore della Repubblica aveva riliquidato il compenso del consulente, previa revoca delle precedenti liquidazioni, non sarebbe un provvedimento di liquidazione, ma un invito bonario emesso ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 187 al fine di recuperare le somme indebitamente pagate. Ad avviso dei ricorrenti il P. non poteva perciò proporre opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 ma semmai poteva impugnare avanti al giudice ordinario, ai sensi dell’art. 215 T.U.G.S., il molo che fosse stato successivamente formato. Con il secondo motivo del ricorso principale l’Avvocatura dello Stato deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 168, 170, 171, 187, L. n. 241 del 1990, artt. 21 quinquies e nonies e artt. 741 e 742 c.p.c., censurando l’ordinanza gravata nella parte in cui è stata esclusa la modificabilità del decreto di liquidazione ad opera dello stesso Ufficio che lo ha emesso; a fondamento della modificabilità del decreto i ricorrenti adducono la natura oggettivamente amministrativa del provvedimento e gli inconvenienti che si verificherebbero escludendo la libera modificabilità del decreto di pagamento, con riferimento al pregiudizio per l’Erario. Nel mezzo in esame si contesta, inoltre, l’assunto dell’ordinanza gravata secondo cui il P.M. invece di revocare il proprio errato decreto di liquidazione, avrebbe dovuto impugnarlo D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 argomentando che detto assunto urta contro il rilievo che tale ultima disposizione fonda la legittimazione del P.M. ad impugnare i provvedimenti di liquidazione dei compensi agli ausiliari sulla natura di parte processuale dal medesimo rivestita e, dunque, con riferimento a provvedimenti emessi da autorità giudiziaria diversa dal P.M. stesso.

Con il terzo motivo del ricorso principale i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168, art. 170, comma 2, art. 187, comma 1 e artt. 213, 214 e 215 e sostengono che il giudice che ha emesso l’ordinanza impugnata avrebbe errato nel non ritenere applicabile la procedura di recupero D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 187 anche alle somme che siano state pagate in esecuzione di un decreto di pagamento del quale sia stata accertata, ex post, l’illegittimità.

P.G. resiste con controricorso e a propria volta propone ricorso incidentale su due motivi, chiedendo:

col primo motivo, l’annullamento della statuizione del Tribunale in punto di spese, in quanto emessa in violazione del disposto dell’art. 91 c.p.c., e la condanna del Ministero della Giustizia alla refusione delle spese del giudizio di merito; col secondo motivo, proposto condizionatamente all’accoglimento del ricorso principale, l’annullamento del decreto del 28.7.10 del Procuratore della Repubblica di Reggio Emilia.

Non sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le questioni di diritto poste dal presente giudizio sono state tutte già affrontate e risolte dalla sesta sezione di questa Corte con l’ordinanza n. 25127/2013, resa in un caso del tutto sovrapponibile a quello oggetto del presente giudizio, cosi massimale: “il decreto di liquidazione del compenso a favore del consulente tecnico ha natura giurisdizionale e, come tale, può essere impugnato, ma non revocato d’ufficio dal P.M. che lo abbia emesso, sia pure implicitamente mediante pronuncia di un secondo provvedimento sostitutivo del primo.

Nè, al fine di recuperare l’importo versato in forza del decreto di liquidazione che si intenda revocare, è applicabile D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 187 in quanto tale norma consente, piuttosto, il recupero di somme indebitamente pagate”.

Da dello precedente il Collegio non ritiene di doversi discostare.

In particolare, per quanto riguarda il primo motivo del ricorso principale con cui si reitera l’eccezione di improponibilità/improcedibilità del ricorso introduttivo del P., in quanto rivolto contro un provvedimento che conterrebbe non una liquidazione di compensi, ma solo un richiesta bonaria di restituzione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 187 di somme indebitamente versate in base ad una precedente liquidazione erronea – va qui ribadito che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 187 non è applicabile alla presente fattispecie, giacchè esso concerne i pagamenti indebiti, laddove i pagamenti ricevuti dall’odierno ricorrente, parzialmente richiesti in restituzione con il provvedimento del Procuratore della Repubblica di Reggio Emilia impugnato nel presente giudizio, non potevano considerarsi indebiti, in quanto erano stati effettuati sulla base di decreti di pagamento emessi dall’autorità competente; provvedimenti la cui revoca, per quanto si spiegherà con riguardo al secondo motivo di ricorso, non era legittima.

Per quanto riguarda il secondo motivo del ricorso principale va qui ribadito che il provvedimento di liquidazione del compenso per l’ausiliare del giudice ha natura giurisdizionale e, come tale, non può essere revocato d’ufficio dal medesimo giudice che lo ha emesso.

Il P.M., come anche il Procuratore Generale, hanno la possibilità di impugnare il provvedimento di liquidazione suddetto, ma non di revocarlo, anche implicitamente, mediante un secondo decreto sostitutivo del primo.

Una volta emesso il decreto, il medesimo ufficio non può, quindi, pretendere di emetterne un secondo e, a questi fini, è del tutto irrilevante l’organi ?sviene gerarchica dell’ufficio del P.M. che rileva solo all’interno dell’ufficio stesso ma non nei confronti dei terzi per i quali può rilevare solo il provvedimento emesso dall’ufficio ed è a tal fine indifferente la persona fisica che lo ha emesso e la posizione gerarchica dalla stessa rivestita (in termini, in una fattispecie analoga alla presente, Cass. Pen., Sez. 4, n. 44564/11). Analoghi principi sono stati afferrati dalle sezioni civili di questa Corte seppure con riferimento alla revocabilità di liquidazioni in materia civile (v., tra le tante, sentt. n. 22010/07 e 12795/14), Con riferimento alla compromissione dell’interesse dell’erario, infine, si osserva che, a prescindere dall’infondatezza in fatto dell’argomenta (tenuto conto dei principi della responsabilità contabile, della possibilità di impugnativa riconosciuta anche al P.G., della mancata indicazione circa l’impossibilità di recupero da parte degli imputati, ove condannati) si deve osservare che l’argomento è irrilevante perchè l’applicazione dei principi giuridici non può essere influenzata da considerazioni meramente fattuali.

Infine, con riferimento al terzo motivo del ricorso principale, con cui la difesa erariale lamenta l’errore in cui sarebbe incorso il tribunale negando l’applicabilità della procedura di recupera D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 187 alle somme pagate in esecuzione di un decreto del quale sia stata accertata, ex post, l’illegittimità, va qui ribadito che il D.P.R. n. 115 del 2002 , art. 187 prevede la procedura dì recupero solo per i pagamenti indebiti e il pagamento è indebito allorchè non vi è corrispondenza soggettiva o oggettiva tra il pagamento medesimo e il titolo (decreto o ordine) che lo autorizzava, quando cioè il pagamento è stato fano ad un soggetto diverso dall’effettivo beneficiario, ovvero per un importo diverso (maggiore) da quello liquidato oppure non dovuto per ragioni differenti dalla eventuale illegittimità della liquidazione (come ad esempio nell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 71, comma 3, di pagamento in contanti effettuato oltre il termine di decadenza di 200 giorni dall’avviso di pagamento).

Se, invece, la liquidazione è affetta da errori o da irregolarità, è questa e non il pagamento ad essere indebita, cosi clic l’errore nella liquidazione non è riconducibile all’ambito di applicazione dell’art. 187 cit. che disciplina le sole due ipotesi di indebito pagamento ascrivibile a responsabilità del concessionario o dell’ufficio postale (comma 2) e l’indebito pagamento ad essi non ascrivibile (comma 1). Questa seconda ipotesi, per la ragione letterale sopra evidenziata, non può essere estesa all’erronea liquidazione, riguardando esclusivamente le erronee indicazioni contenute nel modello di pagamento (importo, dati anagrafici del beneficiario, ecc.).Questa interpretazione letterale della norma è, inoltre, coerente con il principio generale, richiamato a proposito del secondo mezzo di gravame, della non revocabilità dei provvedimenti giurisdizionali, tra i quali anche quelli che decidono sui diritti soggettivi al compenso.

Il ricorso principale va quindi rigettato in relazione a tutti i motivi nei quali esso si articola.

Passando all’esame del ricorso incidentale, il Collegio osserva che il primo motivo non può trovare accoglimento.

Davanti al Tribunale di Reggio Emilia, infatti, non era stato evocato il Ministero della Giustizia (che peraltro, in questo giudizio di Cassazione, ha impugnato l’ordinanza del tribunale senza sollevare alcuna censura in ordine alla propria pretermissione in sede di merito) e, pertanto, le spese di lite non potevano essere liquidate a suo carico.

Nè tali spese potevano essere liquidate a carico del P.M., perchè l’ufficio del P.M. non può essere condannato al pagamento delle spese del giudizio, nell’ipotesi di soccombenza nei procedimenti in cui è pane, trattandosi di un organo propulsore dell’attività giurisdizionale, che ha la funzione di garantire la corretta applicazione della legge, con poteri meramente processuali, diversi da quelli svolti dalle pani, esercitati per dovere dì ufficio e nell’interesse pubblico (in termini, le sentenze di questa Corte nn. 20652/11, 3824/10, 11191/03). Correttamente, quindi, il Tribunale ha ritenuto di non dover operare alcuna regolazione delle spese del giudizio di merito.

Il secondo motivo del ricorso incidentale, in quanto condizionato, resta assorbito dal rigetto del ricorso principale.

In definitiva devono rigettarsi tanto il ricorso principale quanto quella incidentale.

Il Ministero della Giustizia, la cui soccombenza è prevalente rispetto a quella del contro ricorrente e ricorrente incidentale, va condannalo a rifondere a quest’ultimo le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta i ricorsi principale e incidentale.

Condanna il Ministero della Giustizia a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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