Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13034 del 24/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13034 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 16213-2010 proposto da:
REEMSTMA CIGARETTENFABRIKEN GMBH in persona dei
legali rappresentanti pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA PO 28, presso lo studio
dell’avvocato ATTILIO PELOSI, rappresentato e difeso
dagli avvocati ENRICO CERIANA, PAOLA LUMINI con
procura speciale del Dr. NICOLA ATLANTE in ROMA rep.
n. 44325 del 16/04/2013;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 24/06/2015

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza n. 180/2009 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 09/12/2009;

udienza del 28/04/2015 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato LUMINI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RITENUTO IN FATTO
1. L’Area controllo dell’Agenzia delle entrate – Ufficio di Roma 1 – effettuava una verifica presso la Soc. C&B, rappresentante fiscale in Italia di
Reemstma Cigarettenfabriken GmbH, che si concludeva con processo
verbale di constatazione del 22 dicembre 2004. Indi, il 5 settembre
2005, l’Ufficio notificava alla rappresentante fiscale Soc. C&B avviso di
accertamento con il quali, per carenza di requisiti di territorialità, disco-

cietà tedesca per le prestazioni rese in suo favore e fatturate in Italia da
Imperial Tobacco Italy S.r.l. (già Reemstma Distribution Company Italy
S.r.l.) nell’anno 2000 in forza di accordo del 9 dicembre 1996.
2. Reemstma Cigarettenfabriken GmbH impugnava gli impositivi sostenendo che i servizi forniti e fatturati da Imperial Tobacco Italy S.r.l. erano stati nient’altro che quelli strettamente necessari a qualunque società
non residente che intendesse commercializzare t.l.e. in Italia, ovverosia
attività relazionali, amministrative e di controllo svolte in massima parte
di concerto con il Monopolio e da assoggettarsi a imposta in Italia secondo l’art. 7 del decreto IVA; aggiungeva, sotto diversi profili, la completa erroneità nel computo delle sanzioni applicate negli atti impositivi.
3. La commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso con
decisione confermata in appello da sentenza n. 180/26/09 del 9 dicembre 2009. Il giudice di secondo grado, premesso che “il rappresentante
fiscale non è un registratore di fatto, ma è un consulente tecnico” e che
“la società non ha fornito adeguata giustificazione relativa alle prestazioni ricevute che possano considerarsi consulenze tecniche”, ha affermato che “il prestatore di servizi è una società italiana ed il committente
è un soggetto passivo d’imposta residente in Germania” e che “le prestazioni in argomento devono essere considerate operazioni fuori campo
IVA per carenza di presupposto territoriale”, di cui l’art. 7 del decreto
IVA.
4.

Per la cassazione di tale decisione, Reemstma Cigarettenfabriken

GmbH propone ricorso affidato a otto motivi; l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e la società replica con memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il contesto normativo.
1.1. Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva, sono soggette all’imposta sul valore aggiunto le prestazioni di servizi «effettuate a titolo
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nosceva i crediti d’imposta (IVA) chiesti e ottenuti a rimborso dalla so-

oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».
L’art. 9, n. 1, stabilisce che «si considera luogo di una prestazione di
servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività
economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale
la prestazione di servizi viene resa (…)».
L’art. 9, n. 2, lett. e), terzo trattino, della medesima direttiva precisa

natari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella
Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un
centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o,
in mancanza di tale sede o di tale centro d’attività stabile, il luogo del
suo domicilio o della sua residenza abituale: (…) prestazioni fornite da
consulenti, ingegneri, uffici studi, avvocati, periti contabili ed altre prestazioni analoghe nonché elaborazioni di dati e fornitura di
informazioni».
Diversamente, secondo l’art. 9, n. 2, lett. c), «il luogo delle prestazioni
di servizi aventi per oggetto: (…) perizie di beni mobili materiali,» ovvero «lavori relativi a beni mobili materiali, è quello in cui tali prestazioni
sono materialmente eseguite».
1.2. Per la Corte di giustizia, «la nozione di “perizia”, nell’accezione propria del linguaggio corrente, corrisponde (…) all’esame dello stato fisico
o all’analisi dell’autenticità di un bene, al fine di procedere a una stima
del suo valore o a una valutazione dei lavori da compiere o della gravità
di un danno sofferto» (sentenza 6 marzo 1997, causa C-167/95, Linthorst, Pouwels en Scheres, § 13). La fattispecie dei «lavori relativi a
beni mobili materiali», invece, «rimanda, nel suo significato comune, ad
un intervento meramente fisico su beni mobili materiali, di carattere, in
linea di principio, né scientifico né intellettuale» (ibid. §16).
Di contro, premesso che «se il legislatore comunitario avesse voluto che
tutte le attività svolte in modo autonomo fossero disciplinate da tale disposizione, esso le avrebbe definite in termini generali» (ult. cit., §20),
risulta dalla giurisprudenza europea che «l’art. 9, n. 2, lett. e), terzo
trattino, della direttiva non riguarda professioni, come quelle di avvocato, di consulente, di perito contabile o di ingegnere, ma le prestazioni
effettuate da tali professionisti e quelle ad esse analoghe» e che «il legislatore comunitario si richiama alle professioni elencate in questa dispo2
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tuttavia che: «il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese a desti-

sizione come punto di riferimento per definire le categorie di prestazioni
che vi sono contemplate» (sentenza 27 ottobre 2005, causa C-41/04,
Levob, §37; conf. 16 settembre 1997, causa C-145/96, von Hoffmann,
§15).
In particolare, «l’espressione “altre prestazioni analoghe” non si riferisce
a qualche elemento comune alle eterogenee attività ricordate nell’art. 9,
n. 2, lett. e), terzo trattino, della sesta direttiva, bensì a prestazioni ana-

Una prestazione deve ritenersi analoga a una delle attività menzionate
in detto articolo allorché entrambe perseguono la stessa finalità» (Corte
di giustizia, 6 dicembre 2007, causa C-401/06, Commissione c. Germania; conf. Linthorst, Pouwels en Scheres, cit., §19-22, e von Hoffmann,
cit., §20-21).
1.3. Così delineato il quadro del diritto dell’UE, la legislazione nazionale
non si discosta dai principi europei allorquando l’art. 7, comma 3, del
decreto IVA, nel testo vigente ratione temporis, stabilisce che: «le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato
quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso o da soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio
all’estero, nonché quando sono rese da stabili organizzazioni in Italia
di soggetti domiciliati e residenti all’estero; non si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese da stabili organizzazioni
all’estero di soggetti domiciliati o residenti in Italia»; mentre al comma 4 prevede che: «In deroga (…) al terzo comma: (… ) b) (…) le perizie, relative a beni mobili materiali (…) si considerano effettuate
nel territorio dello Stato quando sono eseguite nel territorio stesso (…)
d) (…) le prestazioni (…) di consulenza e assistenza tecnica o legale
… si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a
soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi residenti che
non hanno stabilito il domicilio all’estero e quando sono rese a stabili
organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, a
meno che non siano utilizzate fuori dalla Comunità economica europea;
e) le prestazioni di servizi e le operazioni di cui alla lettera precedente
rese a soggetti domiciliati o residenti in altri Stati membri della Comunità economica europea, si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando il destinatario non é soggetto passivo dell’imposta
nello Stato in cui ha il domicilio o la residenza»

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loghe a ciascuna di dette attività singolarmente considerate.

2. La fattispecie fiscale.

2.1. Nella specie le fatture controverse sono quelle emesse per le prestazioni rese in Italia da società nazionale alla tedesca Reemstma Cigarettenfabriken GmbH e derivanti dall’accordo del 9 dicembre 1996 (con
Reemstma Distribution Company Italy S.r.l. poi divenuta Imperial Tobacco Italy S.r.l.), trascritto a pag. 4-5 del ricorso.
Si tratta (a) di compiti di rappresentanza nell’ambito degli accordi stipu-

tivo e qualitativo dei prodotti consegnati in deposito da Reemstma al
Monopolio; (c) la vigilanza dei marchi registrati e della denominazione
sociale utilizzati dal Gruppo Reemstma nei duty-free italiani e delle aree
esenti del Vaticano e di San Marino; (d) lo studio di mercato, nonché le
analisi e le ricerche di mercato; (e) l’assistenza alla distribuzione dei
prodotti Reemstma nei duty-free e nelle aree italiane esenti da dazio.
2.2. La sentenza d’appello, pur confondendo “il rappresentante fiscale”
con il prestatore dei servizi di cui al richiamato accordo del 1996, evidenzia due profili ostativi della detrazione d’imposta: quello della genericità delle fatture emesse dal prestatore “come da contratto” (art. 21
d.iva) e quello dell’inquadramento giuridico delle prestazioni contrattuali
come “consulenze tecniche” non imponibili (perché effettuate nei confronti di società estera intracomunitaria ex art. 7 d.iva).

3. Le questioni controverse.

3.1. Nel caso in esame con il ricorso per cassazioor di Reemstma Cigarettenfabriken GmbH si contesta la qualificazioné4 —apporto come consulenza attribuita dal giudice d’appello al contratto di prestazione di servizi
forniti da una società italiana, ma la relativa censura, per essere esaminabile, non può risolversi nella contrapposizione tra l’interpretazione del
ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, ma deve essere
proposto sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici
di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. o dell’insufficienza o contraddittorietà
della motivazione. Sennonché la ricorrente contesta la qualificazione del
rapporto come consulenza – da cui deriva la assoggettabilità ad IVA, ai
sensi dell’art. 7, comma 4, lett. d) del decreto IVA – ritenendo che le
clausole del contratto possano giustificare una diversa qualificazione assoggettabile, invece, a imposta in Italia – senza precisare in base alla
violazione di quale profilo degli artt. 1362 e ss. cod. civ. sia censurabile
siffatta interpretazione; il che rende inammissibile il quinto motivo motivo di ricorso addotto solo per violazione del ridetto art. 7 disciplinante il
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lati e da stipulare tra Reemstma e il Monopolio; (b) il controllo quantita-

principio di territorialità delle prestazioni di servizi ai fini dell’IVA (v.
Sez. 5, Sentenza n. 13587 del 04/06/2010, Rv. 613335).
3.2. Infondati sono pure i primi tre motivi di ricosso, con i quali la
Reemstma Cigarettenfabriken GmbH denuncia pretesi errores in procedendo e vizi di contraddizione motivazionale. Infatti, non sussiste la dedotta extra petizione laddove il giudice d’appello rileva la carenza in fattura di quegli elementi descrittivi delle prestazioni richiesti dall’art. 21

avente la funzione dialogica d’introdurre l’esame diretto a definire il perimetro delle prestazioni fatturate. Il che esclude pure qualsivoglia vizio
di contraddittorietà di motivazione (motivo 3), atteso che questa ricorre
solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere
di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum adottato; per
cui non sussiste motivazione contraddittoria nella sentenza in esame,
non sussistendo incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del
giudice d’appello (Sez. U, Sentenza n. 25984 del 22/12/2010, Rv.
615519)
3.3. Inoltre, non v’è neppure la dedotta (motivo 2) violazione di norme
di diritto processuali (art. 36 proc. trib.; art. 132 cod. proc. civ.; art. 118
att. cod. proc. civ.) e costituzionali (art. 111 Cost.) per essersi il giudice
d’appello rifatto alla motivazione di altra decisione su analoga questione
(v. ricorso pag. 73) per diverso anno d’imposta (1999), bastando nel
processo tributario i citgella sentenza la cui motivazione riproduca il contenuto di altro provvedimento giudiziario, che le ragioni della decisione
finale siano attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro
(Sez. U, Sentenza n. 642 del 16/01/2015, Rv. 634091).
3.4. Non resta che esaminare il quarto motivo di ricorso, con il quale la
si denuncia errore omissivo di giustificazione della decisione di merito
sul fatto costituito dal contenuto storico delle prestazioni offerte e fatturate da Imperial Tobacco Italy S.r.l. a Reemstma Cigarettenfabriken
v ,
GmbH, al fine\su ssunierle nella fattispecie legale delle “consulenze” ovvero in quella delle “perizie”, ai fini dei requisiti di territorialità dell’art. 7
del decreto IVA. In sintesi, censura la sentenza d’appello laddove omette
di considerare le caratteristiche concrete delle prestazioni ricevute e fatturate per come esse sono descritte nella scheda contrattuale del 1996
(in ricorso a pag. 4 e 5) e riscontrate nella ulteriore documentazione
versata nel processo (in ricorso da pag. 51 a pag. 54).
Come già visto, si tratterebbe di: rappresentanza nei rapporti tra
Reemstma e il Monopolio; controllo quantitativo e qualitativo dei prodotti
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del decreto IVA (motivo 1); a ben vedere si tratta di un passaggio logico

consegnati in deposito dalla Reemstma al Monopolio; vigilanza dei marchi registrati e della denominazione sociale utilizzati dal Gruppo
Reemstma nei duty-free italiani e delle aree esenti del Vaticano e di San
Marino; studio analisi e ricerche di mercato; assistenza alla distribuzione
dei prodotti Reemstma nei duty-free e nelle aree italiane esenti da dazio.
La ricorrente adduce, inoltre, a riprova della lacunosità della sentenza

p.v.c. redatto il 19 novembre 2008 a carico della medesima società prestatrice – ma per servizi resi ad altra società del Gruppo Reemstma – ove
si legge che “le prestazioni oggetto di fatturazione sono costituite da
servizi compositi non distinguibili” e che “nella società oggetto del controllo lavorano circa ottanta persone di cui circa trenta presso la sede e
circa cinquanta itineranti sul territorio nazionale in base alla esigenze
legate alle tipologie di prestazioni da effettuare (controllo di qualità,
supporto alle autorità doganali ed alla polizia giudiziaria nei casi di contrabbando e contraffazione)”.
Rileva che, ai sensi dell’art. 7 del d.l. 92/2001, “con riferimento a sequestri pari o superiori a duemila chilogrammi i produttori esteri, entro
quindici giorni dal ricevimento di apposita comunicazione, devono
provvedere ad una ispezione della merce sequestrata” e che “lo scopo
delle ispezioni é di classificare ulteriormente i prodotti in base alle
specifiche tecniche degli stessi ed agli impianti di produzione, al fine di
stabilire la data e il luogo di produzione, il Paese di origine delle spedizioni, il mercato finale di destinazione dichiarato, il primo acquirente, nonché ogni altra utile informazione sulla cessione dei prodotti,
sulle modalità di vendita e di pagamento e su eventuali soggetti intermediari” e che “scopo dell’ispezione è anche stabilire se i prodotti
sono contraffatti o fabbricati con l’utilizzo illegittimo dei marchi”. All’uopo
la ricorrente trascrive, in via esemplificativa, il testo del verbale d’ispezie
citritervenuto tale Raffaele
ione redatto il 16 giugno 2003 dove si dà a”cn
Robustelli “per la ditta produttrice” e che “sono stati prelevati i codici
identificativi dei condizionamenti dei lotti da ispezionare”.
3.5. Anche il quinto motivo va disatteso. Nella specie, il giudice d’appello, dopo aver premesso che “il rappresentante fiscale non è un registratore di fatto, ma è un consulente tecnico” e che “la società non ha fornito adeguata giustificazione relativa alle prestazioni ricevute che possano
considerarsi consulenze tecniche”, afferma che “il prestatore di servizi è
una società italiana ed il committente è un soggetto passivo d’imposta
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d’appello il fatto che la commissione regionale trascura il contenuto del

residente in Germania” e che “le prestazioni in argomento devono essere considerate operazioni fuori campo IVA per carenza di presupposto
territoriale”.
Orbene, se è vero che l’argomentare della sentenza di appello è estremamente scarno, è pur vero che gran parte della doglianza contenuta
nel motivo riguarda per un verso adempimenti collaborativi tra Monopoli
e Reemstma disciplinati da una normativa vigente solo dal 19 aprile

per un altro, i documenti addotti quali elementi di riscontro (e trascritti
nel motivo) riguardano una ispezione avvenuta nel 2003 (e di contenuto
non ben definito) nonché un processo verbale di constatazione addirittura del 2008 (e concernente altra società del Gruppo Reemstma). Dunque
si tratta di documentazione, sì trascurata dal giudice d’appello ma sicuramente non decisiva.
3.6. Quanto al contenuto dei patti contrattuali del 1996, oggetto di generico richiamo in fattura, è vero che, in tesi generale, il giudice di merito non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione (conf. Sez. 5, Sentenza n.
1236 del 23/01/2006, Rv. 590221). In effetti, il ragionamento condotto
dal giudice ragionale non si presenta auto-evidente laddove afferma che
il prestatore (erroneamente identificato come rappresentante fiscale)
“non è un registratore di fatto, ma è un consulente tecnico” e che la società Reemstma “non ha fornito adeguata giustificazione relativa alle
prestazioni ricevute che possano considerarsi consulenze tecniche”.
3.7. Sennonché, per rendere decisiva la propria censura e palese l’errore
di giustificazione della decisione di merito sul fatto da parte del giudice
d’appello, la società ricorrente, con la dovuta autosufficienza, avrebbe
dovuto rendere edotta la Corte circa il concreto atteggiarsi delle prestazioni rese dalla società fatturante. Il ricorso, invece, non spiega in punto
di fatto – e con adeguati e autosufficienti riscontri forniti nel giudizio di
merito – il perché la scheda contrattuale, di cui la società Reemstma lamenta il carente esame da parte del giudice di merito, regolerebbe prestazioni da qualificarsi come “perizia”, nell’accezione propria del linguaggio corrente e comunitario che rimanda «all’esame dello stato fisico o
all’analisi dell’autenticità di un bene, al fine di procedere a una stima del
suo valore o a una valutazione dei lavori da compiere o della gravità di
un danno sofferto» ovverosia «ad un intervento meramente fisico su
beni mobili materiali, di carattere, in linea di principio, né scientifico né
intellettuale». Nè chiarisce, in concreto, quale sia il percorso logico e fat7
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2001, mentre i fatti oggetto di causa riguardano l’anno d’imposta 2000,

tuale che condurrebbe nel perimetro della “perizia” i pattuiti compiti che
vanno dalla rappresentanza e dal controllo quantitativo e qualitativo verso il Monopolio, alla vigilanza su marchi e denominazione e all’assistenza
nella distribuzione dei prodotti in aree esenti, sino a giungere a studio,
analisi e ricerche di mercato. Manca, finanche graficamente, l’allegazione in ricorso dei quei fatti storici – decisivi, controversi e trascurati che avrebbero dovuto portare ad escludere quell’apporto di carattere

della nozione corrente di “consulenza”.
3.8. Trattasi di oneri di allegazione, prima, e di prova, poi, che incombono alla parte che richiede di beneficiare di provvidenze in proprio favore
in materia di IVA e che nella specie non risultano essere stati assolti in
ricorso dinanzi al rilievo della commissione regionale secondo cui “la società non ha fornito adeguata giustificazione relativa alle prestazioni ricevute”.

4. Le censure sulle sanzioni.

4.1. La ricorrente censura la sentenza d’appello sia per nullità laddove
omette di esaminare le questioni sull’illegittimità delle sanzioni applicate
con agli atti impositivi, già sollevate nei ricorsi introduttivi e riproposte
negli atti di gravame (motivo 6), sia per violazione di norme di diritto
sostanziali laddove la decisione impugnata trascura che la fattispecie
esula dall’infrazione contestata (art. 6, comma 6, d.lgs. 471/1997)
d’illegittima detrazione d’imposta (motivo 7) e non tiene conto che, comunque, opera la disciplina legale sul cumulo giuridico (art. 12 d.lgs.
472/1997) per i casi di concorso e continuazione di violazioni (motivo
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4.2. Il rilievo di omessa pronuncia (motivo 6) è fondato, mancando graficamente ogni disamina, e assorbe gli altri due motivi. Pertanto, la lacunosa sentenza d’appello deve essere cassata sul punto con rinvio al
giudice competente che, in diversa composizione, procederà ad approfondito esame delle questioni sulle sanzioni ritualmente dedotte e regolerà pure le spese del giudizio di legittimità (ex art. 385 cod. proc. civ.).

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi cinque motivi, accoglie il sesto, dichiara assorbiti
il settimo e l’ottavo, cassa la sentenza d’appello nei limiti del mezzo accolto e rinvia la causa alla commissione tributaria regionale del Lazio
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prevalentemente scientifico e intellettuale che costituisce il tratto tipico

che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2015.

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