Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13033 del 14/06/2011
Cassazione civile sez. III, 14/06/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 14/06/2011), n.13033
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 3120/2010 proposto da:
L.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA ALCIDE DE GASPERI 35, presso lo studio dell’avvocato
GRAZIANI GIANLUCA, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSATI
Alessandro, giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS) (OMISSIS), in persona
dell’Amministratore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEULADA
38, presso lo studio dell’avvocato MECHELLI GIOVANNI, rappresentato e
difeso dall’avvocato RUFINI Anna Rita, giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 165/2009 del TRIBUNALE di RIETI del 27/02/09,
depositata il 23/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
07/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato Mechelli Giovanni (delega avvocato Rufini Anna
Rita), difensore del resistente che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Con sentenza del 23/3/2009 il Tribunale di Rieti, in accoglimento del gravame interposto dal CONDOMINIO (OMISSIS) nei confronti della pronunzia Giud. pace Rieti 6/11/2006 di rigetto della domanda da quest’ultimo formulata nei confronti della condomina sig. L.A., condannava quest’ultima al rimborso delle spese affrontate per intervento di manutenzione dell’immobile.
Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello la L. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.
Resiste con controricorso il CONDOMINIO. Con il 1^ MOTIVO la ricorrente denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 2^ MOTIVO denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1135 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
L’art. 366 bis c.p.c., dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.
Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.
Cass., 17/7/2007, n. 15949).
Orbene, nel caso il motivo con il quale si denunzia vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non reca invero il prescritto quesito di diritto.
La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).
Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).
Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
Orbene, nel caso il motivo con il quale si denunzia vizio di motivazione non reca invero la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;
rilevato che; le parti non hanno presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;
considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 500,00 per onorari, oltre spese a generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011