Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13031 del 10/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13031 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: CRISTIANO MAGDA

Data pubblicazione: 10/06/2014

ORDINANZA
sul ricorso 15615-2013 proposto da:
GIORCELLI PIERO GRCPRI39H01D835J, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DI
PIETRA 26, presso lo studio dell’avvocato DANIELA JOUVENAL, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati PAOLO PAUTRIE’ e VITTORIO, CANTELE, giusta procura in calce al
ricorso
– ricorrente contro
ISOLET SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, viale BRUNO BUOZZI 77, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO TORNABUONI, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFONSO BADINI CONFALONIERI, giusta
procura speciale in calce alla memoria difensiva;

resistente

avverso la sentenza n. 6595/2013 del TRIBUNALE di MILANO del 13.12.2012, depositata il
40/42013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2014 dal Consigliere Relatore
Dott. MAGDA CRISTIANO;

IN FATTO
Piero Giorcelli, socio della Isolet s.r.I., ha impugnato dinanzi al Tribunale di Milano la
delibera di approvazione del bilancio della società relativo all’esercizio 2010, adottata
dall’assemblea 1’11.4.2011.
Il giudice adito,
con ordinanza (impropriamente denominata sentenza) del
10.5.2013, in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla convenuta, ha dichiarato la
propria incompetenza a decidere sull’impugnazione, ritenendo la causa devoluta alla
cognizione arbitrale in forza della clausola n. 34 dello statuto della Isolet, che
demanda ad un arbitro nominato dal Presidente dei Dottori Commercialisti di Torino
la soluzione di “qualsiasi controversia tra i soci ovvero tra i soci e la società che
abbia ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale…”
Il tribunale ha affermato che l’inderogabilità delle norme che presiedono alla corretta
formazione del bilancio non comporta l’indisponibilità dei diritti dei soci da esse
nascenti, atteso che, per un verso, con l’impugnazione il socio agisce per far valere
il suo personale interesse all’osservanza della disciplina dettata in materia e, per
l’altro, è sempre possibile un’autonoma impugnazione della delibera di approvazione
del bilancio da parte dei terzi.
A sostegno del proprio assunto il giudice del merito ha ancora osservato: che, ai
sensi dell’art. 36 del d. Igs. n. 5/03, gli arbitri possono decidere, sia pure
incidentalmente, anche di questioni non compromettibili; che, poiché i soci sono liberi
di approvare o meno il bilancio, l’impugnazione della relativa delibera introduce una
controversia su un atto disponibile, ovvero rimesso alla loro volontà al pari di ogni
altra delibera assunta dalla società; che è indubbio che nella formazione del bilancio
vi siano ampi spazi di discrezionalità, che rappresentano altrettanti aspetti disponibili;
che, secondo Cass. n. 15890/012, nella novellata disciplina societaria vi è una
generale sanatoria delle nullità, indice evidente della non coincidenza tra l’ambito
delle nullità medesime e l’area più ristretta dell’indisponibilità del diritto, in cui vanno
comprese unicamente le nullità insanabili, solo per le quali residua il regime della
assoluta inderogabilità e quindi della assoluta non compromettibilità del relativo
diritto; che pertanto devono ritenersi vertenti su materie indisponibili le sole delibere
che modifichino l’oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili, ma non
quelle di approvazione del bilancio, la cui eventuale nullità è passibile di
consolidazione o sanatoria in mancanza di impugnazione nel triennio dalla loro
adozione; che l’approvazione del bilancio risponde ad una duplice funzione
informativa — l’una endosocietaria e l’altra rivolta all’esterno — cui corrisponde la
distinzione fra diritti dei soci (disponibili) e diritti dei terzi (indisponibili), secondo
quanto può desumersi in via interpretativa anche dagli artt. 35 e 36 del d. Igs. cit.
Piero Giorcelli ha impugnato il provvedimento con ricorso per regolamento di
competenza con il quale critica punto per punto la motivazione posta a fondamento
della decisione e sostiene che l’impugnazione della delibera di approvazione del
bilancio non è compromettibile in arbitri.
Isolet s.r.l. in liquidazione s.r.l. ha replicato con memoria difensiva.
Il P.G. ha concluso per l’improcedibilità del ricorso, per la mancata produzione della
ricevuta comprovante che l’ordinanza è stata comunicata al ricorrente in via
telematica il 10.5.2013 o, in subordine, per la sua inammissibilità per tardività. Ha
però chiesto che questa Corte si pronunci ai sensi dell’art. 363 III comma c.p.c.,
enunciando il principio di diritto per il quale devono ritenersi non compromettibili in
arbitri le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione della deliberazione di
approvazione del bilancio delle società di capitali per violazione dei principi di verità,
chiarezza e correttezza, in quanto concernenti la violazione di norma poste a tutela
dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi ed aventi ad oggetto diritti indisponibili.

udito per la resistente l’Avvocato Filippo Tornabuoni che si riporta agli scritti.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.
IN DIRITTO
Le eccezioni svolte in rito dal P.G. di improcedibilità o, in via gradata, di
inammissibilità del ricorso, devono essere respinte.
Per ragioni di ordine sistematico conviene partire dall’esame della seconda
eccezione, che muove dal rilievo che il Giorcelli, dopo aver eseguito il 7.6.013 (e
dunque entro il termine perentorio di 30 giorni di cui all’art. 47, 2° comma, c.p.c.,
decorrente dalla data di pubblicazione del provvedimento impugnato) un primo
tentativo di notifica del ricorso, non andato a buon fine a causa di un errore
materiale nella compilazione della relata (indirizzata al difensore di Isolet costituito in
giudizio ed esatta in ogni sua parte tranne che nell’indicazione del civico, individuato
nel nr. 3/4, anziché nel nr. 23/4, di via dell’Annunciata di Milano), ha ritualmente
notificato l’atto alla società destinataria solo il 17.6.013, a termine ormai scaduto: a
dire del P.G., nella specie non potrebbe trovare applicazione la giurisprudenza di
questa Corte che, in caso di esito negativo della prima notifica, esclude l’effetto
decadenziale qualora il notificante incolpevole abbia ripreso il procedimento
notificatorio entro un termine da ritenersi contenuto secondo criteri di comune
diligenza (cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 26279/09), sia perché l’errore sarebbe
imputabile al ricorrente, sia perché questi non avrebbe eseguito la seconda notifica
in un tempo “ragionevole”.
L’assunto non può essere condiviso.
E’, innanzitutto, quantomeno dubbio che non si versi in un’ipotesi di mera nullità della
prima notificazione, sanata con efficacia retroattiva, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.,
attraverso il suo rinnovo, awenuto ad iniziativa spontanea della parte notificante: il
ricorso, infatti, è stato correttamente indirizzato al difensore costituito di lsolet, nella
strada in cui era effettivamente situato il suo studio e perciò in un luogo che non
poteva ritenersi totalmente privo di collegamento con il destinatario.
Peraltro, pur volendo dare per scontato che la fattispecie in esame esuli dall’ambito
di applicazione dell’art. 291 c.p.c., gli effetti della notificazione, alla stregua della
giurisprudenza appena citata, devono in ogni caso farsi risalire alla data del 7.6.013.
Per un verso, infatti, l’esito negativo della prima notifica non può imputarsi all’errore
materiale e scusabile del notificante, riguardante una sola cifra del nr. civico
dell’indirizzo di un noto studio milanese situato in pieno centro cittadino, atteso che
l’U.G., adempiendo al suo dovere di collaborazione, avrebbe facilmente potuto porvi
rimedio richiedendo informazioni o semplicemente allungando il proprio cammino di
pochi metri.
Per l’altro, deve rilevarsi che il Giorcelli ha proweduto ad eseguire la nuova
notificazione il giorno stesso del ritiro di quella non andata a buon fine ed entro un
termine, di complessivi dieci giorni, certamente ragionevole, tenuto conto dei tempi
usualmente occorrenti per lo scarico degli atti da parte dell’U.G.
Una volta ritenuta la notifica del ricorso eseguita, per effetto del rinnovo, sin dal
7.6.013, risulta ipso facto documentata la tempestiva proposizione del regolamento:
è pertanto irrilevante che il Giorcelli non abbia prodotto la ricevuta comprovante che
l’ordinanza gli è stata notificata in via telematica il 10.5.013 (ovvero il medesimo
giorno della sua pubblicazione), trattandosi di adempimento richiesto al solo fine di
consentire la verifica del rispetto dei termini di impugnazione.
Può a questo punto procedersi all’esame del ricorso, che è fondato e deve essere
accolto.
Nel regime precedente all’entrata in vigore del d. Igs. n. 6/03, di riforma del diritto
societario, questa Corte ha costantemente affermato che non attengono a diritti
disponibili, e non sono perciò compromettibili in arbitri, le controversie che hanno ad
oggetto l’accertamento della violazione delle norme inderogabili dirette a garantire la
chiarezza e la precisione del bilancio, la cui inosservanza determina una reazione
dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte e rende la delibera di
approvazione illecita e quindi nulla (cfr., fra molte, Cass. nn.18611/011, 3772/05,
3322/98,1739/88).

Il principio si fonda sulla considerazione che le predette norme non solo sono
imperative, ma contengono precetti dettati – oltre che nell’interesse dei singoli soci ad
essere correttamente informati dell’andamento della gestione societaria al termine di
ogni esercizio- anche a tutela dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società
entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l’effettiva situazione
patrimoniale e finanziaria dell’ente.
Le ragioni del convincimento espresso, che nulla hanno a che vedere con gli
strumenti processuali posti a disposizione dei soci e dei terzi a protezione dei loro
interessi, non possono ritenersi venute meno (nel senso della soprawenuta
disponibilità dei diritti protetti e della conseguente possibilità di devolvere agli arbitri
le relative controversie) solo perché nella novellata disciplina le deliberazioni di
approvazione del bilancio non possono più essere impugnate una volta che sia stato
approvato il bilancio dell’esercizio successivo (art. 2434 bis c.c.) o perché l’art. 2379
c.c. prevede, in via generale, a differenza che nel passato, che anche le delibere
nulle, assunte in violazione di norme inderogabili, sono suscettibili di consolidamento
o sanatoria se non impugnate entro tre anni (fatta eccezione per quelle che
modificano l’oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili) .
Vero è che, ai sensi dell’art. 2934 u. comma c.c. i diritti indisponibili non sono
soggetti a prescrizione (sicché non v’è limite temporale all’esercizio delle azioni ad
essi correlate), ma (a parte il rilievo che gli artt. 2434 bis e 2379 c.c. pongono termini
di decadenza e non di prescrizione), la nozione di indisponibilità cui deve farsi
riferimento per la delimitazione dell’ambito di competenza arbitrale (tanto ai sensi
dell’ad. 34 I comma del d.lgs. n. 5/03, quanto dell’ad. 806 I comma c.p.c., il cui testo
è, sul punto, sostanzialmente coincidente) non può essere circoscritta ai diritti
contemplati dalla predetta disposizione codicistica, ma deve ritenersi comprensiva di
tutte le situazioni sostanziali sottratte alla regolamentazione dell’autonomia privata,
ovvero disciplinate da un regime legale che escluda qualsiasi potere di disposizione
delle parti, nel senso che esse non possono derogarvi, rinunciarvi o comunque
modificarlo (Cass. n. 791/011).
li fatto che l’azione approntata dall’ordinamento per far valere la violazione del diritto
che la norma inderogabile tutela sia soggetta ad un termine di decadenza non
comporta, perciò, l’automatica disponibilità del diritto medesimo e non è sufficiente a
ritenere compromettibile in arbitri la lite.
E’ d’altro canto evidente che, entro i limiti temporali previsti dal legislatore, il diritto
d’azione è sempre disponibile e che il titolare di qualsivoglia diritto sostanziale può
sempre rinunciare ad ottenerne l’accertamento in via giudiziale; ma, ove si tratti di
un diritto sostanziale indisponibile, egli non può certo rinunciare a ciò che ne forma
oggetto, autorizzando la controparte ad ignorare o ad aggirare il contenuto della
norma che lo contempla.
Così, per tornare al tema in discussione in questa sede, il socio od il terzo possono
rinunciare all’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio redatto in
violazione dei principi di chiarezza, verità e correttezza, ma non possono concordare
con l’amministratore se ed in quale misura quei principi debbano trovare
applicazione, né rinunciare a che vengano rispettati, se non rendendosi
corresponsabili dell’illecito.
Va escluso poi che, in materia, possa farsi distinzione fra diritto del socio
(disponibile) e diritto del terzo (indisponibile), atteso che non solo l’art. 2739 c.c.
(richiamato dall’ad, 2434 bis c.c.) legittima all’impugnazione “chiunque vi abbia
interesse”, ma che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del merito, la
minuziosa disciplina dettata in tema di redazione del bilancio non lascia spazio alla
discrezionalità degli amministratori (i cui poteri di scelta sono esercitabili
esclusivamente entro i limiti puntualmente definiti dalle norme), tanto che la sua
violazione espone a conseguenze di carattere penale.
Sotto altro profilo va rilevato come il legislatore, prevedendo un termine di
decadenza anche per le impugnazioni delle delibere nulle, abbia inteso soddisfare
esclusivamente l’interesse alla certezza ed alla stabilità delle decisioni sociali.

La nuova disciplina non ha infatti comportato il venir meno della rilevabilità d’ufficio
dell’illiceità dell’atto, né dell’esercizio delle azioni di responsabilità e di controllo di cui
agli artt. 2392- 2395 c.c. e 2904 c.c. che ne potrebbero derivare: ciò che rafforza il
convincimento dell’improponibilità dell’equivalenza fra disponibilità/indisponibilità
del diritto sostanziale e disponibilità limitata/ illimitata del correlato diritto d’azione.
Va, infine, escluso che argomenti favorevoli alla tesi della compromettibilità in arbitri
delle controversie inerenti all’impugnativa di bilancio possano trarsi dagli artt. 35 e 36
del d. Igs. n. 5/03.
Come correttamente rilevato dal PG. e dal ricorrente, la previsione dell’art. 34 del
decreto, che limita l’arbitrato alle sole controversie “che abbiano ad oggetto diritti
disponibili relativi al rapporto sociale”, è rafforzata, anziché sminuita nella sua
portata, dal disposto dell’art. 36 I comma, il quale consente agli arbitri di conoscere
solo incidentalmente di questioni non compromettibili (ovvero riguardanti diritti
indisponibili), rispetto alle quali il lodo non potrà mai acquistare autorità di giudicato.
Priva di incidenza è pure la disposizione che consente la devoluzione in arbitrato
delle controversie concernenti la validità di delibere assembleari, avente un
contenuto neutro, da riempire di specifico significato a seconda dell’oggetto dell’
impugnazione: e, nel caso, l’impugnativa del Giorcelli attiene al contenuto della
delibera e non ai suoi vizi formali, in quanto pone in discussione che il bilancio
dell’esercizio 2010 di lsolet sia stato redatto in conformità dei principi di verità e
chiarezza richiesti dalla legge.
Va pertanto dichiarata la competenza a decidere del Tribunale di Milano, dinanzi al
quale le parti vanno rimesse per la prosecuzione del giudizio.
Il tribunale deciderà anche sulle spese del regolamento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Milano, dinanzi
al quale rimette le parti per la prosecuzione del giudizio e per le spese del
regolamento.
Roma, 19 marzo 2014.
Presid

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