Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13029 del 14/06/2011

Cassazione civile sez. III, 14/06/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 14/06/2011), n.13029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2564/2010 proposto da:

PUNTO VERDE SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) in persona del

liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

ANGELICO 103, presso lo studio dell’avvocato LETIZIA MASSIMO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERANTOZZI GAUDENZIO,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE di CIVITAVECCHIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2664/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

29/5/09, depositata il 30/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 30/6/2009 la Corte d’Appello di Roma, dichiarato inammissibile quello di altri appellanti, respingeva il gravame interposto società PUNTO VERDE s.r.l. in liq. nei confronti della pronunzia Trib. Civitavecchia n. 4/2005 di rigetto della domanda di responsabilità precontrattuale spiegata nei confronti del COMUNE di CIVITAVECCHIA. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società PUNTO VERDE s.r.l. in liq. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Con il 1^ MOTIVO la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 2^ MOTIVO denunzia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3^ MOTIVO denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1338 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4^ MOTIVO denunzia violazione degli artt. 329 e 333 c.p.c., artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1419 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 5^ MOTIVO denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 6^ MOTIVO denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1325, 1346, 1349 e 1419 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non recano invero il prescritto quesito di diritto.

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano invero la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi del ricorso si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2 006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata al difensore della parte costituita;

rilevato che le parti non hanno presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;

ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;

considerato che non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011

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