Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13027 del 23/06/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2016, (ud. 22/04/2016, dep. 23/06/2016), n.13027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI ilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7696/2015 proposto da:

F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO

II N. 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI DI LUCA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURO CIMINO, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.S., in qualità di erede universale di M.

O., elettivamente domiciliato presso la CORTE DI CASSAZIONE

PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’Avvocato FILIPPO

POLISENA, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza a 32/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del

09/07/2013, depositata il 27/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che:

– F.D. convenne in giudizio M.O., chiedendo la risoluzione, per inadempimento della convenuta, dei due contratti preliminari con i quali egli sì era obbligato ad acquistare un immobile dalla M. – che si era obbligata a vendere; chiese ancora la condanna della stessa al pagamento del doppio della caparra da esso attore versata;

– la convenuta resistette alla domanda; chiese, in via riconvenzionale, che fosse pronunciata la risoluzione dei preliminari per inadempimento dell’attore, che si era rifiutato di stipulare il contratto definitivo, con la condanna del F. al risarcimento del danno;

– il Tribunale di Fermo rigettò la domanda attorea e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarò la risoluzione dei preliminari per inadempimento del F., condannando quest’ultimo a risarcire i danni alla convenuta, liquidati in euro 5000,00;

– sul gravame proposto dal F., la Corte di Appello di Ancona confermò la pronuncia di primo grado, ritenendo che il fatto che l’immobile promesso in vendila fosse locato non costituisse inadempimento della promittente venditrice, in quanto il F., all’atto della stipula dei preliminari, era consapevole dell’esistenza del rapporto locativo;

– per la cassazione della sentenza di appello ricorre F. D. sulla base di tre motivi;

– resiste con controricorso P.S., quale erede di M. O., nel frattempo deceduta, che ha depositato tardivamente memoria ex art. 378 c.p.c..

Atteso che:

– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1454 c.c., nonchè l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, per avere la Corte di Appello ritenuto che la clausola contrattuale che impegnava la promittente venditrice a trasferire l’immobile libero da qualsiasi vincolo non si riferisse al contratto di locazione in atto) è inammissibile, in quanto verte sulla interpretazione del contratto stipulato inter partes e l’interpretazione di un atto negoziale, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità, se non nella ipotesi – che nella specie non ricorre – di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., o di motivazione insufficiente o illogica, ossia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione (cfr., ex multis, Sez. L, Sentenza n. 17168 del 09/10/2012, Rv. 624346; Sez. 2, Sentenza n. 13242 del 31/05/2010, Rv. 613151);

– il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1454 c.c., nonchè l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, per avere la Corte di Appello omesso di condannare la convenuta, a seguito della pronunciata risoluzione del contratto, alla restituzione della caparra ricevuta) è infondato, in quanto il F. non ha proposto domanda di restituzione della caparra come conseguenza della risoluzione del contratto, dovendo ribadirsi che, in assenza di una espressa domanda della parte, il giudice non può emanare i provvedimenti restitutori conseguenti alla risoluzione del contratto (Sez. 2, Sentenza n. 3287 del 03/04/1999, Rv. 524947; conf. Sez. 2, Sentenza n. 12322 del 08/10/2001, Rv. 549538);

– il terzo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1454 c.c., nonchè l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, per avere la Corte di Appello dichiarato inammissibile il motivo di gravame col quale si censurava la statuizione di condanna del F. al risarcimento del danno per mancanza di prova del danno medesimo) appare manifestamente infondato, in quanto esattamente la Corte di Appello ha ritenuto il motivo di gravame inammissibile in quanto non specifico rispetto alla motivazione della sentenza di primo grado (nella quale il Tribunale aveva evidenziato il danno da incommerciabilità del bene durante il tempo di vigenza del contratto), non considerata dall’appellante;

– il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temoris (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.300.00 (duemilatrecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 22 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA