Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13026 del 14/06/2011
Cassazione civile sez. III, 14/06/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 14/06/2011), n.13026
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 1817/2010 proposto da:
M.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato ALESSIO Franca, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
GE NOLEGGI SPA (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 3099/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO del
28/10/08, depositata il 20/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
07/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Con sentenza del 20/11/2008 la Corte d’Appello di Milano, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla sig. M. V., e, per l’effetto, in parziale riforma della pronunzia Trib.
Milano 16/6/2005, dichiarava inammissibile la domanda nei confronti della medesima formulata dalla società XEROX NOLEGGI s.p.a. di pagamento (anche) di somma a titolo di penale per la risoluzione di contratto di noleggio di cinque macchinari (fotocopiatrice, fax, lan fax, scanner e l stampante laser).
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la M. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi.
L’intimata non ha svolto attività difensiva.
Con il 1^ MOTIVO la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 269, 633 c.p.c, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2^ MOTIVO denunzia omessa e insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 3^ MOTIVO denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 1427, 1428, 1429, 1430 e 1431 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 4^ MOTIVO denunzia omessa e insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 5^ MOTIVO denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 6^ MOTIVO denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
L’art. 366 bis c.p.c., dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.
Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.
Cass., 17/7/2007, n. 15949).
Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non recano invero il prescritto quesito di diritto.
La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).
Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).
Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano invero la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.
I motivi del ricorso si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata al difensore della parte costituita;
rilevato che le parti non hanno presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;
considerato che non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011