Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13025 del 24/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13025 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 5457-2010 proposto da:
FAST FINANCE SPA, ora BANCA IFIS SPA. in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO SIACCI 38, presso lo
studio dell’avvocato GIORGIA PASSACANTILLI,
rappresentato e difeso dagli avvocati MARIO MARTELLI,
PAOLO FELICE CENSONI giusta delega in calce;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI TORINO 2 in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

Data pubblicazione: 24/06/2015

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimats,-

TORINO, depositata il 25/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/04/2015 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
uditi per il ricorrente gli Avvocati MARTELLI e
CENSONI che hanno chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato TIDORE che si
richiama al controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorsoki,

n!

inammissibilità del 2° motivo.

avverso la sentenza n. 6/2009 della COMM.TRIB.REG. di

RITENUTO IN FATTO
1. La Soc. Fast Finance, cessionaria del credito IVA vantato nel 2004
dalla fallita Soc.city.com , ricorre per la cassazione della sentenza della
commissione tributaria regionale del Piemonte che, in data 25 febbraio
2009, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate e, riformando la decisione delle commissione tributaria provinciale di Torino n. 48/25/2006,
ha confermato la legittimità del diniego di rimborso notificato il 27 giu-

corporante Fast Finance, replica con memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso deve essere disatteso.
2.1 Innanzitutto la ricorrente censura la sentenza d’appello laddove
avrebbe trascurato che il curatore fallimentare, pur dopo la chiusura del
fallimento, conserverebbe la legittimazione ad agire per conto del fallimento in relazione alla presentazione della dichiarazione annuale IVA e
alla presentazione del modello VR contenente la richiesta di rimborso
dell’imposta per le operazioni effettuate nel corso delle procedura (quesito a pag. 20). La doglianza è inammissibile perché si risolve in un quesito di diritto del tutto generico costituente un “mero interpello” (Cass.
3530/12), mentre manca del tutto persino ogni specificazione sul vizio
concretamente contestato alla sentenza d’appello, ossia se quella dedotta sia una violazione di norme di diritto sostanziali (art. 360 n.3 cod.
proc. civ.), neppure indicate, ovvero se si tratti di un errore di giustificazione della decisione di merito sul fatto (n.5).
Ciò contraddice sia l’art. 366 n.4 cod. proc. civ. – secondo cui, a pena
d’inammissibilità, il ricorso deve contenere “i motivi per i quali si chiede
la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano” sia la giurisprudenza di legittimità – secondo cui “il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, 1 0 comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in
specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad
una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione” (S.U. 17931/13).
Inoltre, a sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., il quesito inerente ad una
censura soprattutto se in diritto – dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere mera1
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gno 2005. La difesa erariale resiste con controricorso. La Banca Ifis, in-

mente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola
lettura, l’errore asseritamet compiuto dal giudice di merito e la regola
applicabile. Ne consegue che esso non può consistere nel mero interpello della Corte sulla fondatezza della propugnata petizione di principio o
della censura così come illustrata nello svolgimento del motivo.
2.2. Inammissibile è pure il secondo motivo che denuncia la pretesa nul-

proc. civ. in relazione all’art. 360 n.4 cod. proc. civ..
La ricorrente trascura che il motivo di ricorso per cassazione deve in
ogni caso concludersi con la formulazione di un quesito di diritto idoneo
(cioè, come si è detto, tale da integrare il punto di congiunzione tra
l’enunciazione del principio giuridico generale richiamato e la soluzione
del caso specifico) anche quando un “error in procedendo” sia dedotto in
rapporto alla affermata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., non essendovi spazio, in base al testo dell’art. 366-bis cod. proc. civ., per ipotizzare una distinzione tra i motivi d’impugnazione associati a vizi di attività a seconda che comportino, o no, la soluzione di questioni interpretative di norme processuali. (Cass. 10758/13).
2.3. Riguardo agli altri due mezzi, il terzo e il quarto, si osserva che è
inammissibile, sempre ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., il motivo
di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione qualora, come nella specie, non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto,
mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche
quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal
complesso della formulata censura, atteso che la S.C., deve essere posta
in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia
l’errore commesso dal giudice d’appello nella giustificazione della decisione di merito su fatto controverso e decisivo (Cass. 24255/11).
2.4. Peraltro, con riferimento specifico al solo quarto motivo, la censura
pare ruotare attorno all’omesso rilievo della presenza in atti di un’autorizzazione da parte del giudice delegato, che al limite potrebbe integrare
– più che un errore logico o di argomentazione – un errore revocatorio
non deducibile con il ricorso per cassazione (Cass. 16672/05).
3. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono
liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

2
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lità della sentenza d’appello per asserita violazione dell’art. 112 cod.

La Corte rigetta il ricorso e condanna Banca Ifis, incorporante Fast Finance, alle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 2.935 per compensi oltre alle spese prenotate a debito

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2015.

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