Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13024 del 14/06/2011
Cassazione civile sez. III, 14/06/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 14/06/2011), n.13024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 1187/2010 proposto da:
S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA INNOCENZO XI n. 7, presso lo studio dell’avvocato LO
SCHIAVO Carlo Umberto (Studio avv. Simone Tamagnini), che lo
rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
M.A. (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 580/2008 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del
9.2.06, depositata l’11/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
07/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA
CARESTIA.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Con sentenza dell’11/11/2008 la Corte d’Appello di Messina, in parziale accoglimento del gravame interposto dal sig. S. A. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Messina 9/1/2002, riconosceva la pari responsabilità di quest’ultimo e del sig. M.A. nella causazione del sinistro avvenuto il (OMISSIS) lungo la strada provinciale che da (OMISSIS) conduce a (OMISSIS).
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito lo S. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.
L’intimato non ha svolto attività difensiva.
Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2^ motivo denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 2052 e 2054 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Orbene, nel caso il motivo con il quale si denunzia vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non reca invero il prescritto quesito di diritto.
La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).
Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).
Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
Orbene, nel caso il motivo con il quale si denunzia vizio di motivazione non reca invero la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata al difensore della parte costituita;
rilevato che le parti non hanno presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;
considerato che non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011