Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13024 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 13024 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 11135-2008 proposto da:
DA DALTO LEONE (C.F. DDLLNE55L29C957J), RICCI LUCA
(C.P. ROCLCU61E051)645X), elettivamente domiciliati
in ROMA, VIALE MANLIO

GELSOMINI

4,

press0

Data pubblicazione: 10/06/2014

l’avvocato TROILI MOLOSSI CARLO ALBERTO, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
2014
986

BENETTON ANTONIO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro

1

FISAP S.P.A.

(c.f. 02532280282), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DOMENICO BARONE 31, presso
l’avvocato ENRICO BOTTAI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ZANOTTO ANTONIO,

controri corrente

avverso la sentenza n. 1047/2007 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 20/08/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 08/05/2014 dal Consigliere
Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
0

Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

giusta procura a margine del controricorso;

2

Svolgimento del processo
La società Fisap spa convenne in giudizio i sig.ri Luca
Ricci e Leone Da Dalto chiedendo di dichiarare nullo o
inefficace o di risolvere per mutuo dissenso il contratto
preliminare stipulato il 1 agosto 1994 avente ad oggetto

l’acquisto da parte della società attrice di quote della
società Bocon srl; il contratto prevedeva anche la
trasformazione della società Bocon in spa e un aumento di
capitale con sottoscrizione del 40%. Per quanto ancora
interessa in questa sede, la Fisap dedusse che i convenuti
avevano successivamente modificato la proposta contrattuale,
avendo offerto di cedere non le quote ma i diritti di
opzione sul progettato aumento di capitale; che erano emerse
notevoli perdite della Bocon (per £. 873.414.938); che i
convenuti (in data 26 settembre 1994) avevano trasformato la
predetta società srl in spa e aumentato il capitale con
delibera nulla perché adottata senza preventivamente
ripianare le perdite; che, a fronte della richiesta dei
convenuti di risarcimento del danno per la mancata
stipulazione del contratto definitivo, era interesse della
società far valere la ineseguibilità dell’accordo del maggio
1994 e, comunque, la sua risoluzione per mutuo dissenso, in
considerazione dei fatti sopravvenuti addebitabili ai
convenuti.

3

Costoro si costituirono in giudizio chiedendo il rigetto
delle domande e, in riconvenzionale, la condanna della Fisap
al risarcimento del danno per inadempimento contrattuale.
Il Tribunale di Treviso rigettò le domande attoree di
risoluzione del contratto per mutuo dissenso (per mancanza

di una manifestazione di volontà delle parti in tal senso) e
di accertamento della nullità del contratto (poiché il
contratto del maggio 1994 non poteva dirsi viziato da un
evento successivo come la delibera nulla di aumento del
capitale sociale perché adottata senza il preventivo
ripianamento delle perdite), ma ritenne che tale nullità era
tale da giustificare il rifiuto della Fisap di dare
esecuzione al contratto del maggio 1994, con conseguente
rigetto delle domande riconvenzionali proposte dai sig.ri
Ricci e Da Dalto.
Il gravame di costoro è stato rigettato dalla Corte di
appello di Venezia, con sentenza 20 agosto 2007.
Avverso questa sentenza i sig.ri Ricci e Da Dalto ricorrono
per cassazione sulla base di tre motivi, cui resiste la
società Fisap.
Motivi della decisione
Va preliminarmente esaminata e rigettata l’istanza, proposta
dai ricorrenti nella memoria

ex

art. 378 c.p.c., di

interruzione del giudizio a causa della sopravvenuta
cancellazione della società Fisap dal registro delle
imprese. Infatti, nel giudizio di cassazione, che è dominato
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dall’impulso di ufficio, non sono applicabili le comuni
cause interruttive previste dalla legge in generale, sicché
la cancellazione dal registro delle imprese della società
resistente, in data successiva alla proposizione del
ricorso, non determina l’interruzione del processo (Cass. n.

3323/2014).
Venendo ai motivi del ricorso, nel primo è dedotta la
violazione degli artt. 1460 c.c., 99 e 112 c.p.c., per
essersi la corte di appello pronunciata su un’eccezione di
inadempimento non introdotta dalla Fisap, nonché
incompatibile con la proposta domanda di risoluzione del
contratto per mutuo dissenso.
Il motivo è infondato.
La corte ha ritenuto che correttamente il primo giudice
aveva interpretato la domanda della Fisap come diretta a
fare accertare la legittimità del proprio rifiuto di
adempiere e, al contempo, la infondatezza della pretesa
risarcitoria avanzata dai convenuti; inoltre, se era vero
che una domanda di accertamento della nullità della delibera
di aumento del capitale sociale non era stata espressamente
proposta dalla Fisap, tuttavia il tribunale non aveva emesso
una statuizione del genere, avendo soltanto rilevato in via
incidentale quella nullità come causa giustificativa del
rifiuto di adempiere, anche tenuto conto che l’esistenza di
perdite ampiamente superiori al capitale sociale era
incontestata e che la delibera di aumento del capitale era
5

stata emessa senza l’adozione dei provvedimenti di cui agli
artt. 2446 e 2447 c.c.
La corte, quindi, ha fatto corretta applicazione del
principio secondo cui l’eccezione di inadempimento di cui
all’art. 1460 c.c., al pari di ogni altra eccezione, non

richiede l’adozione di forme speciali o formule
sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte
di sollevarla sia desumibile, in modo non equivoco,
dall’insieme delle sue difese (Cass. n. 20870/2009, n.
11728/2002). E’ questa una interpretazione riservata al
giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità. Il
motivo proposto è strutturato al fine di indurre questa
Corte ad una alternativa valutazione delle questioni di
fatto e di diritto già oggetto di decisione nella fase di
merito, in senso favorevole alle aspettative dei ricorrenti,
senza assoggettare la

ratio della decisione impugnata ad

esplicita ed argomentata censura.
Nel secondo motivo è dedotto vizio di motivazione avendo la
sentenza impugnata ravvisato un inadempimento dei ricorrenti
nella delibera del 26 settembre 1994 di aumento del capitale
sociale, senza valutare che tale delibera non aveva
modificato l’oggetto sostanziale del contratto originario
che esprimeva la volontà della Fisap di acquistare comunque
una partecipazione nel capitale della società Bocon.

6

Il motivo è inammissibile, perché manca il necessario
momento di sintesi o riepilogo adeguato alla tipologia del
vizio dedotto ex art. 360 n. 5 c.p.c., a norma dell’art.
366-bis c.p.c. che è applicabile

ratione temporis

alla

fattispecie (v., tra le tante, Cass. n. 12248/2013, n.

Nel terzo motivo (per violazione dell’art. 1460 c.c. e vizio
di motivazione) si assume il mancato accertamento della
conformità a buona fede del rifiuto di adempiere da parte
della Finsap.
Il motivo è inammissibile: si tratta di una questione nuova
non proposta nei gradi di merito e che sollecita questa
Corte ad un inammissibile riesame della domanda nel merito,
sottendendo una alternativa ricostruzione e valutazione del
materiale istruttorio.
Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si
liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alle
spese del giudizio, liquidate in C 7200,00, di cui C
7000,00, per compensi, oltre spese forfettarie (15%) e
accessori di legge.
Roma, 8 maggio 2014.

24255/2011).

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