Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13023 del 14/06/2011

Cassazione civile sez. III, 14/06/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 14/06/2011), n.13023

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10583/2009 proposto da:

IMPRESA CREA DI SCULLI CONCETTA & C. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GERMANICO N. 172, presso lo studio dell’avvocato CARBONE Natale,

che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA (OMISSIS), in persona del suo Presidente e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA G. NICOTERA 29 SC. 9, INT. 2, presso lo studio legale CASALINUOVO

& ASSOCIATI, rappresentata e difesa dall’avvocato FERRARO

Antonio,

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 88/2008 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 6/03/08, depositata il 10/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato Condemi Luigi, (delega avvocato Natale Carbone),

difensore della ricorrente che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Anna Maria Bisogni, (delega avvocato Antonio

Ferraro), difensore della controricorrente che si riporta agli

scritti e deposita cartolina avviso notifica;

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha

concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

E’ stata depositata in cancelleria relazione che, emendata da errori materiali di seguito si riproduce:

“Con sentenza del 10/3/2008 la Corte d’Appello di Reggio Calabria respingeva il gravame proposto dalla società Impresa Crea di Sculli Concetta & C. s.a.s. nei confronti della pronunzia del Tribunale di Reggio Calabria di rigetto della domanda proposta nei confronti della Regione Calabria di pagamento di somma a titolo di saldo per lavori eseguiti in favore di quest’ultima nell’anno 1987.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Impresa Crea di Sculli Concetta & C. s.a.s. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

Resiste con controricorso la Regione Calabria, che spiega altresì ricorso incidentale condizionato sulla base di unico motivo.

Con il 1^ motivo la ricorrente principale denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 103 del 1979, art. 12, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3^ motivo denunzia insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, il. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, i quesiti recati dai motivi del ricorso con i quali si denunzia vizio di violazione di norme di diritto risultano formulati in modo invero difforme rispetto allo schema sopra delineato, non recando invero la sintetica indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui il giudice li ha decisi, nè l’espressione della diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso avrebbe dovuto essere viceversa risolto, appalesandosi invero altresì privi di decisività e: sforniti di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), non consentendo di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto, a fortiori in presenza di motivo come nella specie altresì carente di autosufficienza (cfr. in particolare Cass., 23/6/2008, n. 17064).

E’ d’altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione del quesito di diritto implicita nella formulazione dei motivi di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.

Il motivo con il quale si denunzia vizio di motivazione non reca invero la “chiara indicazione” – nei termini più sopra indicati- delle “ragioni” delle doglianze, tale non potendosi invero considerare quanto indicato nel periodo posto a conclusione del 3 motivo, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che la ricorrente ha presentato memoria;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il Collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate da quanto osservato dal difensore della ricorrente nella memoria, dovendo al riguardo in particolare sottolinearsi l’applicabilità della disciplina dettata dalla L. n. 69 del 2009 alle sole controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per Cassazione è stato pubblicato, ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore dalla detta legge, e non anche pertanto alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato o depositato anteriormente, che rimangono conseguentemente assoggettate alla disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006 ovvero a quella ancora anteriormente vigente;

considerato che in tema di quesito di diritto la L. n. 69 del 2009, art. 47 con il quale è stato abrogato l’art. 366 bis c.p.c., si applica, per effetto della disposizione transitoria contenuta nell’art. 58, comma 5, della medesima legge, solo con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della legge, dovendo ritenersi manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale di tale disposizione per contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore disciplinare nel tempo l’applicabilità delle disposizioni processuali e non appare irragionevole il mantenimento della pregressa disciplina per i ricorsi per cassazione promossi avverso provvedimenti pubblicati prima dell’entrata in vigore della novella (v. Cass., 29/4/2010, n. 10277; Cass., 16/12/2009, n. 26364);

considerato che del pari manifestamente infondata è la proposta questione di legittimità dell’art. 366 bis c.p.c., in relazione all’art. 111 Cost., sotto il profilo della ingiustificata compressione del diritto costituzionale al ricorso per cassazione, atteso che come questa Corte ha già avuto modo di affermare il complesso normativo costituito dall’art. 366 c.p.c., n. 4, dall’art. 366 bis c.p.c., e dall’art. 375 c.p.c., n. 5 – nel testo risultante dalla novella recata dal D.Lgs. n. 40 del 2006 – deve interpretarsi nel senso che, anche per quanto concerne i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione del motivo deve essere accompagnata da un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. In base a siffatta interpretazione, la norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., si sottrae, in parte qua, a censure di incostituzionalità in riferimento non solo all’art. 11 Cost. ma anche agli artt. 76, 77, 24 Cost., e all’art. 117 Cost., comma 1 (quest’ultimo parametro in relazione all’art. 6, par. 1, della CEDU), giacchè: 1) quanto alla supposta violazione degli artt. 76 e 77 Cost., l’onere imposto al ricorrente assolve ad una funzione servente rispetto ai compiti di nomofilachia della Corte di Cassazione, così inscrivendosi nell’oggetto e nelle finalità ispiratrici della legge delega n. 80 del 2005; 2) quanto al preteso contrasto con gli artt. 76, 77, 24 e 111 Cost., e l’art. 117 Cost., comma 1, non sussiste una limitazione del diritto di accesso al giudice, tenuto conto che il requisito di contenuto-forma (consistente nel ridurre a sintesi il complesso degli argomenti critici sviluppati nella illustrazione del motivo) costituisce un mezzo di esercizio di detto diritto nell’ambito di un giudizio di impugnazione concepito primariamente come mezzo di verifica della legittimità della decisione, sicchè il requisito medesimo si accorda intrinsecamente con lo scopo e con la funzione del giudizio per il quale è stato imposto come onere a carico della parte (v.

Cass., 29/4/2010, n. 10277; Cass., 4/2/2008, n. 2652);

atteso che – come esposto nella relazione – la mancata osservanza dello schema di relativa redazione delineato da questa Corte (in particolare v. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36) rende nel caso il quesito inidoneo a consentire, in base alla sua sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433;

Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658;

Cass., 7/4/2009, n. 8463), di evincere in termini esaustivi i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360) e di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), non essendo d’altro canto l’art. 366 bis c.p.c., suscettibile di essere interpretato nel senso che il quesito di diritto possa (e a fortiori debba) desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258);

considerato che l’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide invero anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463;

Cass. Sez. Un., 25/11/2008. n. 28054; Cass. Sez. Un., 30/10/2008, n. 26020), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr. Cass., Sez. Un., 10/9/2009, n. 19444);

ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;

considerato che il ricorso incidentale condizionato proposto dalla Regione Calabria rimane conseguentemente assorbito;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011

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