Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13023 del 10/06/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 13023 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: BENINI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 27123-2007 proposto da:
EGGER JOSEF, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
TACITO 10, presso l’avvocato DANTE ENRICO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LANG

Data pubblicazione: 10/06/2014

GUNTHER, giusta procura in calce al ricorso;
&G-k `Sg tW $72,0
-C

– ricorrente contro

2014
902

COMUNE DI BRUNICO, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

PINTURICCHIO

204,

presso

l’avvocato

MUSOLINO

1

CARMELA, che lo rappresenta

all’avvocato

e difende unitamente

KIRCHLER WERNER, giusta procura a

margine del controricorso;
– controricorrente contro

– intimata –

avverso la sentenza n. 7/2007 della CORTE D’APPELLO
DI TRENTO SEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO,
depositata il 15/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 28/04/2014 dal Consigliere
Dott. STEFANO BENINI;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato DANTE ENRICO
che si riporta;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato MUSOLINO
CARMELA che si riporta;
udIto il P.M., in 1:?rsolle del sostituto Procuratnre
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO;

dichiarare rilevante per il giudizio e non
manifestamente infondata la q.l.c. dell’art.8,
comma III, L.P. Bolzano n. 10/91 come sostituiti
dall’art.38 comma 7 bis L.P. 4/08.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione notificato il 31.3.2005, Egger
Josef conveniva in giudizio il Comune di Brunico davanti
alla Corte d’appello di Trento, sez. dist. di Bolzano,
opponendosi alla stima e chiedendo la determinazione delle

indennità di esproprio relativamente a terreno di sua
proprietà, particella fondiaria, p.f. 246/1 CC Brunico,
per l’estensione di mq. 116 (p.f. 264/4 neocostituita), e
per la demolizione e ricostruzione del proprio edificio in
parte su p.f. 246/1 e in parte su particella edificabile,
p.ed. 240/1 CC Brunico, in relazione alla procedura
espropriativa promossa dall’amministrazione convenuta per
la costruzione del tratto di pista ciclabile intercomunale
VK09 tra piazza Cappuccini e via Andreas Hofer.
Si costituiva in giudizio

il Comune di Brunico

contestando il fondamento della domanda, di cui chiedeva
il rigetto.
2.

Con sentenza depositata il 15.1.2007,

la Corte

d’appello, riteneva che la neocostituita p.f. 264/4,
facente parte della più ampia p.f. 246/1, quest’ultima
destinata dal piano regolatore a verde privato, separata
dalla via pubblica da un muro altro m. 3, dovesse
considerarsi area pertinenziale rispetto ad un edificio
limitrofo, in modo che il valore, non potendo considerarsi
l’area edificabile, doveva essere determinato nella misura
di 1/3 del prezzo rilevato dall’Ufficio estimo della
3

Provincia autonoma di Bolzano per i terreni edificabili
nel centro di Brunico (da 511 a 795 euro, prendendosi il
valore massimo per la posizione centrale del bene);
riguardo alla p.ed. 240/1 di cui doveva adottarsi il
prezzo di mercato rapportato allo stato attuale

dell’edificio, abbandonato e inabitabile, era da fissare
equitativamente il valore di 35.000 euro, senza potersi
tener conto della perdita della cubatura data. In
conclusione il giudice, parzialmente distaccandosi dalle
indicazioni del c.t.u., fissava la complessiva indennità
in euro 65.740.
3. Ricorre per cassazione Egger Josef, affidandosi a tre
motivi, illustrati da memoria, al cui accoglimento si
oppone con controricorso il Comune di Brunico.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso, Egger Josef,
denunciando violazione e falsa applicazione di legge (art.
8,

commi

l

e

5,

1.

prov.

Bolzano

n.

10/91),

contraddittoria e illogica motivazione su fatti
controversi e decisivi, censura la sentenza impugnata per
aver fissato il prezzo della p.f. 246/1, in euro 265/mq,
considerandola area pertinenziale, e dunque con prezzo
ridotto a 1/3 rispetto al valore delle aree edificabili, e
quello per l’edificio situato in p.f. 246/1 e p.ed. 240/1,
in complessivi euro 35.000 corrispondenti agli elementi
antichi dell’edificio e alla cubatura esistente dello
4

stesso, in particolare argomentando: a) la p.f. 246/1 non
è pertinenziale ma autonoma, come la stessa Corte
• d’appello riconosce nel valutare la perdita dell’edificio,
che potrà essere ricostruito sulla stessa p.f. 246/1; b)
la prassi della Corte d’appello è di ridurre il valore

delle aree con potenzialità edificatoria del 75% rispetto
a quelle edili, e non a 1/3; c) l’asserita mancanza di
prova sul valore di mercato della p.f. 246/1 è smentita
dalla produzione della sentenza 102/05 della stessa Corte
d’appello, da cui risulta che in area periferica di
Brunico nel 2005 le aree edificabili valevano euro
700/mq.; d) la riduzione del valore dell’edificio,
indicata dal c.t.u., in euro 42.000, è stata ridotta a
euro 35.000 senza tener conto della volumetria
esprimibile.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, Egger Josef,
denunciando omessa motivazione su fatto controverso e
decisivo, censura la sentenza impugnata per non aver
provveduto sulla domanda subordinata proposta in
citazione, ovvero adottando il metodo della differenza di
valore del fondo ante espropriazione e del diminuito
valore del residuo dopo l’espropriazione.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, Egger Josef,
denunciando violazione dell’art. 1 Prot. I add. alla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, firmata a Parigi il 20.3.1952 e ratificata
5

dall’Italia con 1. 848/55, censura la sentenza impugnata
per aver determinato l’indennizzo espropriativo secondo i
valori fissati dal Direttore dell’Ufficio estimo della
Provincia autonoma di Bolzano, anziché al valore venale,
come stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo,

che solo in occasioni eccezionali, corrispondenti a
contesti di riforma economica, politica, sociale, consente
un indennizzo inferiore.
2.1.

Il primo motivo presenta molteplici profili di

inammissibilità.

t\1

(1.

.

Le doglianze espresse nei primi due motivi d’impugnazione
appaiono palesemente volte a contestare il risultato
penalizzante della determinazione indennitaria, più che a
individuare gli errori del giudice, e nel complesso, pur
nella composita intestazione del mezzo, si chiede al
giudice di legittimità un nuovo apprezzamento dei fatti.
Il primo motivo censura indistintamente pretesi errori di
diritto e vizi di ragionamento del giudice.
In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la
congiunta proposizione di doglianze ai sensi dei numeri 3)
e 5) dell’art. 360 c.p.c. (Cass. 11.4.2008, n. 9470),
salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il
primo vizio, del quesito di diritto, nonché, per il
secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in forza
della duplice previsione di cui all’art. 366-bis c.p.c.
(Cass. 20.5.2013, n. 12248).
6

Per la parte concernente la violazione di legge, il
quesito, pur proposto dal ricorrente a chiusura del mezzo,
è inadeguato e non rispondente alla necessaria astrazione
al principio di diritto che la Suprema Corte è chiamata ad
applicare.

Il quesito di diritto deve essere formulato in termini
tali da costituire una sintesi logico-giuridica della
questione, così da consentire al giudice di legittimità di
enunciare una

regula iuris

suscettibile di ricevere

applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello
deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è
inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la
cui formulazione sia del tutto inidonea ad assumere
rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire
l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in
relazione alla concreta controversia (Cass. 25.3.2009, n.
7197). Inoltre, la prospettazione del quesito di diritto
deve essere conferente rispetto alla decisione impugnata
(Cass. 19.5.2008, n. 12645; 19.9.2008, n. 23860), e nella
richiesta alla Suprema Corte di enucleare il principio
applicabile alla fattispecie, deve riferire con esattezza
il decísum della sentenza impugnata.
Il ricorrente chiede alla Corte di pronunciarsi se
costituisca violazione della 1. prov. Bolzano 15.4.1991 n.
10 la determinazione dell’indennizzo dell’area di 116 mq.

7

nella misura di 1/3 (euro 265/mq.) del dichiarato valore
di mercato.
In realtà il “dichiarato prezzo di mercato” non
corrisponde a euro 795/mq. Il prezzo unitario di mercato
per l’area espropriata, nella ricostruzione del giudice di

merito, è di euro 265, attese le sue caratteristiche
morfologiche e urbanistiche, e, soprattutto, il suo
carattere inedificabile: correttamente, allo spazio
pertinenziale di un edificio va negato carattere
edificabile, siccome destinato a verde e viabilità (Cass.
7.4.2005, n. 7295). Per l’area espropriata il giudice ha
fissato un valore corrispondente a 1/3 del maggiore
importo di euro 795, che ha accertato spettare ai suoli
incondizionatamente edificabili.
Nel formulare il quesito come violazione delle regole
indennitarie, per l’asserita indebita riduzione di 1/3 del
valore di mercato, il ricorrente assume che il prezzo di
mercato sia quello dell’area, come se fosse edificabile.
Prezzo di mercato non significa prezzo dell’area
edificabile, ma prezzo del bene considerato in base alla
sua natura, urbanistica e morfologica, che non resta
indifferente in una libera contrattazione di
compravendita. Analogamente, all’esito degli interventi
della Corte costituzionale che hanno dichiarato
l’illegittimità delle regole riduttive di determinazione
dell’indennità di espropriazione, occorre comunque
8

verificare

se

sussista

l’edificabilità

legale,

configurabile secondo la disciplina contenuta negli
strumenti urbanistici (Cass. 18.2.2014 n. 2959). Basti
dire che a conclusione del punto 5.7 del “Considerato in
diritto” la sentenza n. 348/07 afferma: “È inoltre

evidente che i criteri per la determinazione
dell’indennità di espropriazione riguardante aree
edificabili devono fondarsi sulla base di calcolo
rappresentata dal valore del bene, quale emerge dal suo
potenziale sfruttamento non in astratto, ma secondo le
norme ed i vincoli degli strumenti urbanistici vigenti nei
diversi territori”.
Si aggiunga che ai sensi della nuova disciplina di
valutazione indennitaria, di cui alla 1. prov. Bolzano
13.11.2009 n. 9, non applicabile ratione temporis al caso
di specie, ma valorizzabile in via interpretativa, nella
definizione delle aree non edificabili sono comprese
quelle destinate a viabilità (art.

7 ter 1.

10/91

come

introdotto dalla nuova legge), e, come detto all’inizio,
l’espropriazione della striscia costituente la
neocostituita p.f. 264/4 è destinata alla realizzazione di
una pista ciclabile.
In realtà, anche la parte del primo mezzo d’impugnazione
denunciante violazione di legge, mira a censurare il
procedimento logico in forza del quale la Corte d’appello

9

è pervenuta al risultato valutativo, e dunque attiene a
elementi di fatto.
Per la restante parte del primo mezzo d’impugnazione, la
denuncia

di

illogicità

e

contraddittorietà

della

d’impugnazione, tradisce la delusione dell’aspettativa di
un risultato più proficuo, anche tenendo conto che
l’importo liquidato dalla Corte d’appello è alla fine
risultato inferiore, almeno per la parte edificata, alla
stessa stima amministrativa.
La tecnica espositiva della doglianza, composita e
puntigliosamente rivolta alla sistematica censura di ogni
affermazione del giudice di merito, mira palesemente a
sottoporre al giudice di legittimità una nuova valutazione
del materiale probatorio, specie nei suoi aspetti tecnici,
onde ottenere un risultato più favorevole di quello cui è
approdato il giudice di merito.
La Corte d’appello ha accertato che l’area espropriata è
destinata a verde, in quanto pertinenziale a edificio, ed

\\\

è inedificabile. Il prezzo di euro 265/mq. rappresenta il
suo valore di mercato. La motivazione è esauriente e
corretta sotto il profilo logico e giuridico. E’ appena il
caso di ricordare che la valutazione adottata è assai più
favorevole al ricorrente espropriato, rispetto al prezzo
di euro 180/mq. offerto dal Comune. Inoltre, il criterio
di stima osservato dal giudice, con riduzione del
10

motivazione, nella presentazione stessa dei mezzi

risultato conseguibile alla stregua delle aree edificabili
(considerate nel loro valore massimo di euro 795/mq.), è
notevolmente premiale per l’espropriato rispetto alla
valutazione legale delle aree non edificabili, come quella
in considerazione, che prevede il valore tabellare

stabilito dalla Commissione provinciale per la
determinazione dei valori agricoli (art. 8, terzo comma,
l. prov. Bolzano 15.4.1991 n. 10, come modificato
dall’art. 38, comma 7, l. prov. 10.6.2008 n. 4).
Parte ricorrente non ha concluso le proprie critiche al
ragionamento della Corte d’appello con una esposizione
riassuntiva. In tema di formulazione dei motivi del
ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati
dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 2.2.2006 n. 40 ed
impugnati per vizio di motivazione, poiché secondo l’art.
366-bis c.p.c., nel caso previsto dall’art. 360 n. 5
c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere,
a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali
la dedotta insufficienza della motivazione la renda
inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura
deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito
di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in
maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
11

ammissibilità (Cass. 1.10.2007, n. 20603; 8.3.2013, n.
5858).
La formula riassuntiva tanto più s’imponeva, attesa la
molteplicità degli spunti di critica al ragionamento del
giudice.

Si può osservare, inoltre, che il giudice del merito
ottempera all’obbligo di motivazione indicando le ragioni
del proprio convincimento, non essendo peraltro tenuto a
vagliare ogni singolo elemento o a confutare tutte le
deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente
disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene
non menzionati specificamente, risultino logicamente
incompatibili con la decisione adottata (Cass. 20.4.2006,
n. 9234), in particolare riguardo al recepimento delle (o
al parziale distacco dalle) conclusioni del c.t.u. (Cass.
9.1.2009, n. 282).
Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito
dalla norma invocata, non equivale alla revisione del
“ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha
condotto il giudice del merito ad una determinata
soluzione della questione esaminata, posto che una simile
revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di
fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova
formulazione, contrariamente alla funzione assegnata
dall’ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue
che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di
12

motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di
procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso
l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli
atti di causa (Cass. 6.3.2006, n. 4766).
Venendo allo specifico, nell’ordine di esposizione del
mezzo d’impugnazione: a) la Corte d’appello non ha

asserito che l’edificio possa essere ricostruito sulla
p.f. 246/1, ma solo che “può ricostruire la cubatura data
in loco”, e l’edificio giace quasi interamente sulla p.ed.
240/1; b) non è invocabile una prassi giudiziaria,
peraltro non documentata, e non vincolante, avendo la
Corte d’appello ispirato la valutazione dell’area
pertinenziale

alle

effettive

sue

esaurientemente descritte;

c)

condizioni,

le indicazioni della

sentenza 102/05 della Corte d’appello, sono state
considerate dal giudice, che ne ha tratto indicazioni per
aumentare il valore unitario proposto dalla stima
amministrativa e dal c.t.u.; d) nella valutazione
dell’edificio da demolire, non è da considerare
l’eventuale volumetria ulteriormente esprimibile (e dunque
è plausibile la riduzione da euro 42.000 a euro 35.000),
non essendo oggetto di esproprio la p.ed. 240/1 su cui il
vecchio magazzino insiste, ma essendo stata solo disposta
la demolizione di esso, in relazione alla quale soltanto è
stata determinata l’indennità, corrispondente al valore
attuale dell’immobile, in precarie condizioni.
13

2.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Viene censurata come vizio di motivazione l’omessa

pronuncia sulla domanda subordinata di determinazione
indennitaria secondo il metodo differenziale.
In primo luogo, l’omesso esame di tesi giuridiche

prospettate da una delle parti, non riferendosi
all’accertamento dei fatti rilevanti per la decisione, non
può mai risolversi in un vizio di motivazione deducibile
autonomamente come motivo di ricorso per cassazione, ma
può soltanto sostenere una censura di violazione o falsa
applicazione di norme o principi di diritto (Cass.
14.2.2012, n. 2107).
Inoltre, la proposizione di un metodo d’indagine non
costituisce una domanda con cui la parte chieda un bene
minore o alternativo, rispetto al petitum principale, ma
un procedimento logico per pervenire alla decisione. Che
il giudice non è tenuto a compiere ove, nella propria
libertà di convincimento, adotti un diverso metodo.
2.3. Il terzo motivo è infondato.
L’indennizzo determinato dal giudice di merito rispecchia
il valore del fondo secondo le caratteristiche, fisiche e
urbanistiche, del bene. Non vi è violazione della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come
interpretata dalla Corte di Strasburgo, non essendo
.

oggetto di rilievi l’indennizzo dei suoli non edificabili
(Cass. 25.9.2007, n. 19924)

e nemmeno dei principi
14

dell’ordinamento espressi con la sentenza n. 348/07 della
Corte costituzionale, alla stregua dei quali, il valore
del bene, comunque, deve essere fissato in base alla
propria natura giuridica.
Il ricorso va rigettato, con le conseguenze in

ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente
alle spese del giudizio, liquidate in euro 7.200, di cui
euro 7.000 per compensi, oltre cpa e iva.
Così deciso in Roma, il 28.4.2014

3.

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