Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13021 del 24/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/05/2017, (ud. 15/02/2017, dep.24/05/2017),  n. 13021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9469/2015 proposto da:

D.G.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G.G. BELLI 39, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

MANGAZZO, rappresentato e difeso dagli avvocati GENNARO MARANO, UGO

MARIA DI BLASIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempor, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato CARLO BOURSIER

NIUTTA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIUSEPPE FERRARA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 258626/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 19/12/201 r.g.n. 8291/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PAOLA POTENZA per delega verbale Avvocato BOURSIER

NIUTTA CARLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 19 dicembre 2014, la Corte d’Appello di Napoli, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Napoli, rigettava la domanda proposta da D.G.A. nei confronti di ENEL Distribuzione S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli per aver egli rimosso quattro contatori visibilmente manomessi senza il rispetto delle procedure aziendali e senza dare alcuna comunicazione alla struttura gerarchica competente.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, in consonanza con il giudice di prime cure, tempestiva e specifica la contestazione, mentre, discostandosi da quella pronuncia, l’addebito contestato al ricorrente, certamente incaricato della rimozione dei contatori, sussistente, per risultare la manomissione dei medesimi rilevabile da parte di questi, pur privo di esperienza quale verificatore di tale anomalia (conclusione fatta discendere dal convincimento per cui il riferimento alla visibilità dell’alterazione della sigillatura esterna di cui alla contestazione doveva ritenersi comprensivo della diversa anomalia rilevata dai verificatori e data dalla rottura dei tenoni pressofusi, “sorta di incastro che si accoppia con l’equivalente vuoto dell’altra componente” che concorre con la sigillatura esterna ad impedire l’apertura delle due componenti del contatore, sicchè “non è possibile immaginare l’apertura del contatore solo mediante l’alternativa violazione della sigillatura o rottura dei tenoni”), rilevante sul piano disciplinare, riflettendo la violazione di regole di diligenza, buona fede e collaborazione nonchè di specifiche norme aziendali ed infine suscettibile di ledere il vincolo fiduciario tra le parti in considerazione dei profili oggettivi e soggettivi della condotta.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il D.G., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c. e art. 115 c.p.c., lamenta a carico della Corte territoriale l’incongruità dell’iter valutativo in base al quale ha ritenuto formata la prova presuntiva dell’omessa comunicazione dell’intervenuta manomissione dei contatori da questi rimossi, giungendo dal fatto noto della manomissione a considerare accertati due fatti ignoti ovvero l’essere la rottura dei tenoni conseguenza della manomissione e l’essere questa anteriore alla rimozione.

Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 416 e 421 c.p.c., in combinato disposto e della L. n. 604 del 1966, art. 5, imputa alla Corte territoriale l’error in procedendo dato dall’ammissione, disposta nell’esercizio dei propri poteri istruttori di ufficio, della prova data dalla produzione dei verbali dei verificatori attestanti l’avvenuta manomissione dei contatori in contestazione, integrando tale documentazione una prova già disponibile da parte della Società e non prodotta ed essendo pertanto l’intervento del giudice valso a sopperire alle carenze probatorie della Società gravata del relativo onere.

Nel terzo motivo si ripropone il medesimo vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c. e art. 115 c.p.c., sotto il profilo dell’assoluto difetto di prova delle intervenute manomissioni non essendo questa neppure scaturita dalla produzione in giudizio dei predetti contatori.

Come appare evidente, tutti i tre motivi su cui si articola la proposta impugnazione sono mirati ad evidenziare l’arbitrarietà del convincimento maturato dalla Corte territoriale in ordine al raggiungimento della prova della sussistenza all’atto della sostituzione dei contatori, affidata al ricorrente, di un’anomalia esterna a questi, rottura dei sigilli o dei tenoni, indicativa della manomissione dei medesimi, della percepibilità di tale anomalia da parte del ricorrente, della consapevolezza della manomissione dei contatori della quale avrebbe dovuto informare la Società.

Sennonchè, così posta, l’impugnazione si rivela infondata, se non, almeno in parte, inammissibile.

In effetti, l’attenzione che la Corte territoriale pone relativamente all’aspetto dell’anomalia esterna rilevata sui contatori rimossi dal ricorrente si giustifica in funzione della pronunzia resa dal giudice di primo grado ed ha un esclusivo rilievo formale, dal momento che la diversa lettura della dicitura “sigillatura esterna” utilizzata nella contestazione disciplinare dalla Società accolta dalla Corte territoriale in termini comprensivi della “rottura dei tenoni”, viceversa rilevata quale unica anomalia nei verbali dei verificatori della Società, e, dunque, in termini tali da escludere la contrapposizione netta tra rottura dei sigilli e rottura dei tenoni quale prospettata dal primo giudice per aver questi assunto tali evenienze come radicalmente distinte, consente alla Corte territoriale di smarcarsi dalla conclusione alla quale quella contrapposizione aveva indotto il giudice di primo grado, ovvero quella della non coincidenza dell’addebito contestato con il fatto verificato, giustificandosi tale conclusionè solo in relazione alla circostanza che l’anomalia esterna non fosse rappresentata dalla rottura dei sigilli di cui si faceva menzione nella contestazione, bensì dalla sola rottura dei tenoni, ivi non considerati, circostanza tra l’altro asseverata attraverso l’acquisizione dei verbali redatti dai verificatori della Società, che oggi il ricorrente sostiene trattarsi di produzione tardiva illegittimamente acquisita in giudizio da parte del giudice di primo grado abusando dei propri poteri istruttori (secondo motivo di ricorso), ma che, allora, ritenuti dal giudice essenziali mezzi di prova appunto nella prospettiva qui rivendicata della tutela differenziata pro lavoratore, sono valsi all’accoglimento della domanda proposta.

Così superato il problema formale, in ordine al quale il ricorrente qui non solleva alcuna censura, l’accertamento della Corte territoriale si allinea a quello effettuato dal primo giudice nel quale trova pieno riscontro l’addebito disciplinare che, nel suo nucleo essenziale, si sostanzia nell’imputare al ricorrente una condotta consistita nella rimozione di quattro contatori visibilmente manomessi al di fuori delle ordinarie procedure aziendali vigenti in materia e senza darne alcuna comunicazione alla struttura gerarchica.

E’ lo stesso ricorrente a sottolineare nella narrativa del proprio atto di impugnazione in questa sede come il giudice di primo grado avesse evidenziato in sentenza la rilevabilità nei contatori esaminati di manomissioni esterne, riguardanti la sigillatura e la vite di fissaggio alla calotta nonchè la vite antitamper ed i tenoni e di manomissioni interne concernenti i circuiti elettronici tra cui il circuito amperometrico il cui shuntaggio consente il furto di energia elettrica e da qui muove la Corte territoriale per dichiarare tale dato “incontroverso”, tant’è che in questa sede il ricorrente, il quale basa il primo motivo sulla contestazione di tale affermazione, che tuttavia non dichiara di aver censurato specificamente in sede di gravame, ammette che quell’affermazione potrebbe giustificarsi in relazione alla ritenuta conseguita prova dell’effettività della manomissione esterna (la sola rilevante) dei contatori, derivante dall’esame di questi e dei verbali dei verificatori della Società voluta dal giudice di primo grado, negando, peraltro, che quella prova sia stata effettivamente raggiunta sulla base del rilievo, svolto con il secondo motivo, dell’illegittimità del ricorso da parte del primo giudice ai propri poteri istruttori, rilievo di cui si è già in precedenza sottolineata l’infondatezza nonchè, sulla base della censura prospettata in via ulteriormente gradata nel terzo motivo, in ragione dell’inidoneità del mezzo istruttorio esperito a raggiungere tale prova, censura di cui va qui rilevata l’inammissibilità, risolvendosi nel contrapporre alla lettura che, nel suo libero apprezzamento, la Corte territoriale ha operato delle risultanze istruttorie, recependo i risultati del giudizio a riguardo espresso dal primo giudice, in particolare con riguardo al valore confermativo delle intervenute manomissioni attribuito alle dichiarazioni dei testi S. e I., qui dal ricorrente tardivamente contestate, una propria valutazione delle stesse.

La Corte territoriale poi va oltre affermando che l’addebito, ovvero l’aver proceduto alla rimozione di quei contatori così manomessi al di fuori delle ordinarie aziendali, risultava provato sulla base dei moduli compilati dallo stesso D.G. in occasione della sostituzione dei contatori oggetto di contestazione, attestanti come la verifica dell’integrità esterna del contatore e della presenza di sigilli stabilmente fissati dovesse essere operata in contraddittorio con il cliente e che in ciò si concreta la violazione di specifiche regole aziendali, la cui raccolta è stata puntualmente prodotta in giudizio, oltre che dei comuni obblighi di diligenza, di buona fede e di collaborazione nell’esecuzione del contratto di lavoro, aggiungendo che lo stesso ricorrente aveva ammesso di esservi soggetto e non aveva provato l’esistenza di una prassi aziendale di sostanziale indifferenza all’osservanza di quelle disposizioni.

Rilievi questi che non risultano qui essere stati fatti oggetto di specifica censura, come pure il giudizio di proporzionalità tra la sanzione irrogata e l’addebito contestato che la Corte territoriale non ha mancato di esprimere, del resto congruamente motivando il venir meno dell’affidamento del datore in ordine all’esatto adempimento delle prestazioni future da parte del lavoratore in base al rilievo per cui “non vi è dubbio che il tecnico incaricato delle sostituzioni del contatore è l’unico appartenete al personale societario in grado di accorgersi di palesi manomissioni dei contatori che, come è chiaro, implicano grave pregiudizio economico alla società erogatrice dell’energia elettrica”.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nei confronti della sola parte costituita, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2017

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