Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13021 del 23/06/2015


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Civile Ord. Sez. U Num. 13021 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: PETITTI STEFANO

ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso per ricusazione proposto da:
STARA Salvatore, rappresentato e difeso da se medesimo ai sensi
dell’art. 86 cod. proc. civ., elettivamente domiciliato in Roma, via Pilo Albertelli n. 1, presso l’Avvocato Lucia Camporeale;
– ricorrente –

contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente
del Consiglio pro tempore,

CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTI-

ZIA AMMINISTRATIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore,
PRESIDENTE DEL T.A.R. SARDEGNA, MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in
persona del Ministro pro tempore, PRESIDENTE DELLA CORTE D’APPELLO
DI CAGLIARI, SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO DI STATO, PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI CAGLIARI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI
STATO, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati per legge;
– controricorrenti –

nonché contro

Data pubblicazione: 23/06/2015

SEGRETARIO GENERALE DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO DI
PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, PRESIDENZA DELLA
CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI, PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI CAGLIARI, PANNUNZIO ROSA Maria Pia, TURCO Paolo, SCANO Francesco,
DURANTE Nicola, PUPILELLA Roberto, POLIDORI Carlo, SASSU Alberto

– intimati avverso le sentenze Consiglio di Stato nn.

5328, 5329, 5330, 5331,

5332, 5333, 5334, 5335/2012; 5322, 5323, 5324, 5325, 5326, 5327,
5336/2012;

5321/2012;

4137,

5316,

5317,

5318/2012;

5319,

5320/2012, depositate in data 17 ottobre 2012; nn. 5373, 5374m 5375,
5376, 5377, 5378, 5380, 5381, 5383/2012, depositate in data 18 ottobre
2012;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 giugno 2015 da! Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Salvatore Stara;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Lucio Capasso, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso
per ricusazione.
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso pervenuto alla Corte il 19 giugno 2015 l’Avvocato Salvatore
Stara ha presentato “interpello per astensione e, in difetto, ricorso per ricusazione” nei confronti dei Dottori Luigi Antonio Rovelli, Adelaide Amendola e Alberto Giusti, componenti il collegio delle sezioni unite civili che il
giorno 23 giugno 2015 dovrebbe decidere i! ricorso proposto dal suddetto
Avvocato Stara in proprio “per la cassazione, per motivi di giurisdizione
sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale e diniego di giustizia”
di trentuno sentenze del Consiglio di Stato in epigrafe indicate, con ciascuna delle quali “i cinque componenti il collegio, singolarmente ricusati,
hanno deciso ex se la ricusazione a loro singolare carico” e hanno “denegato la declaratoria di perenzione pur richiesta dal ricorrente”.
Il ricorrente sollecita i tre magistrati indicati ad astenersi dalla trattazione
del ricorso iscritto al R.G. n. 13402/13, sostenendo che “sussistono ra- 2 –

Manlio;

gionevoli e motivate ragioni per ritenere che fra Loro ed il sottoscritto,
nei sensi e nei limiti sopra specificati, si sia creato un rapporto di conflittualità ed inimicizia, aggravato da palesi fattori di vis preventionis e interesse personale, integranti la fattispecie di cui all’art. 51, comma 1, n. 3
e n. 1 CPC», e, in difetto, propone la loro singolare ricusazione, eccependo preliminarmente la illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1,

giudici togati, senza il correttivo della presenza, quantomeno di rappresentanti della Collettività (sul tipo della Corte d’Assise), la decisione sulla
ricusazione del giudice, nel caso che occupa, civile (ma il discorso vale
anche per quello penale), per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.,
salvi altri parametri.
Non essendo stata depositata alcuna istanza di astensione da parte dei
magistrati cui è rivolto l’interpello, il ricorso per ricusazione è stato trattato all’udienza del 23 giugno 2015.
Il ricorrente ha depositato memoria che ha illustrato nell’adunanza carnerale.
Il P.M. ha concluso per la inammissibilità del ricorso per ricusazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione proposta dal ricorrente con riferimento alla mancata osservanza, nel caso di specie, dei
termini di cui all’art. 377 cod. proc. civ.
Il fatto che nel procedimento di ricusazione debba essere garantito il contraddittorio, dovendo le parti essere messe in condizione di intervenire e
adeguatamente interloquire, non comporta che sia configurabile un diritto
delle parti a termini predeterminati, non previsti dalla disciplina vigente e
non compatibili con le caratteristiche e la natura del procedimento. La disciplina dettata dagli artt. 51 e 54 cod. proc. civ., infatti, non prevede in
proposito alcun termine né opera rinvio ad altri tipi di procedimento contemplati nel codice di rito e prevedenti i termini suddetti.
Nella specie, il contraddittorio è stato effettivamente garantito, posto che
del giorno fissato per la trattazione si è disposta la comunicazione alle
parti del processo nel quale è stata proposta la revocazione e che all’adu- 3 –

cod. proc. civ., «nella misura in cui attribuisce a Collegio composto da soli

nanza camerale sono intervenuti la parte istante in ricusazione e il P.G.,
mentre le altre parti non hanno ritenuto di intervenire. Il ricorrente, inoltre, ha potuto depositare una memoria difensiva e illustrare le ragioni
della propria istanza, senza neanche sollecitare un rinvio della discussione.
2. — La sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, primo

Cost., salvi altri parametri, ««nella misura in cui attribuisce a Collegio
composto da soli giudici togati, senza il correttivo della presenza, quantomeno di rappresentanti della Collettività (sul tipo della Corte d’assise),
la decisione sulla ricusazione del giudice, nel caso che occupa, civile (ma
il discorso vale anche per quello penale)», a parte evidenti profili di inammissibilità, in considerazione dell’ampia discrezionalità che va riconosciuta ai legislatore nella conformazione degli istituti processuali, ivi compresa la composizione degli organi giudicanti, e della circostanza che la
soluzione proposta non appare costituzionalmente obbligata, è manifestamente infondata.

t.

Infatti, il procedimento di ricusazione non si configura come un procedimento a carico del giudice ricusato, in cui lo stesso sia parte, e pertanto
non può ritenersi fondato un generale sospetto di parzialità del giudice
della ricusazione in conseguenza del generico rapporto di “colleganza”.
D’altra parte, la Corte costituzionale (sent. n. 444 del 2002), a fugare
ogni sospetto di parzialità, ha ritenuto sufficiente il meccanismo previsto
dagli artt. 11 cod. proc. pen. e 30-bis cod. proc. civ., operando, peraltro,
alcune attenuazioni allo spostamento di competenza in alcune specifiche
controversie civili.
3. – Venendo ai motivi specifici di ricusazione, nei confronti dei tre magistrati viene ipotizzata la sussistenza delle cause di ricusazione di cui
all’art. 51, n. 3 e n. 1, cod. proc. civ.
Premesso che le ipotesi previste dall’art. 51, ai fini della possibilità di astenersi e, correlativamente, dall’art. 52, relativo alla ricusazione, sono
tassative e non estensibili per via interpretativa e che l’inimicizia prevista
dall’art. 51, n. 3, cod. proc. civ. deve riguardare “rapporti estranei al processo” e non può essere dimostrata sulla base di soli comportamenti pro- 4 –

comma, cod. proc. civ., censurato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111

cessuali del giudice, ritenuti anomali dalla parte ricusante, la quale è tenuta a indicare fatti e circostanze concrete che rivelino l’esistenza di ragioni di rancore o di avversione (Cass. n. 12345 del 2001; Cass. n. 22501
del 2014), il ricusante non ha allegato, né tanto meno provato, la sussistenza di fatti integranti una “grave inimicizia” nei termini su precisati tra
lui e i tre giudici, né di fatti integranti la prova di un “interesse” dei tre

né, tanto meno che tale interesse sia “personale e diretto”.

4. – Con riferimento alla ricusazione del Presidente Rovelli e del Consigliere Giusti, la stessa prospettazione del ricorrente appare inammissibile.
Il Collegio ritiene, infatti, che la ricusazione non possa essere proposta
per la decisione assunta dal giudice su una precedente istanza di ricusazione, come in genere per l’adozione di un provvedimento giurisdizionale
tipico, sol perché il detto provvedimento accolga una soluzione contraria
all’interesse della parte. In altri termini, ove la ricusazione venga proposta addebitando al giudice di avere adottato o concorso ad adottare un
provvedimento giurisdizionale tipico, al di fuori di quanto previsto dal n.4
dell’art. 51 cod. proc. civ., si è al di fuori dello statuto della ricusazione,
non essendo individuabile nelle ipotesi tassative descritte nel citato articolo, richiamate dall’art. 52 come altrettante ipotesi di ricusazione, quella
dell’adozione di un provvedimento che non accolga le istanze della parte.
Né il rigetto delle istanze può essere ascritto per ciò solo a grave inimicizia del giudice, dovendo la grave inimicizia preesistere al procedimento
nel quale il provvedimento è adottato. D’altra parte, l’anomalia del provvedimento, che pure potrebbe costituire sintomo della causa di astensione costituita dalla grave inimicizia, deve essere evidente e agevolmente
riconoscibile in quanto tale, senza quindi che possa desumersi alcunché
dal merito di una decisione adeguatamente motivata, ma non condivisa
dalla parte. Del resto, le stesse ordinanze del 2014 di queste Sezioni Unite, contrariamente a quanto supposto dal ricorrente, non hanno affatto
escluso la possibilità che le condotte processuali tenute dai giudici destinatari della richiesta di ricusazione possano avere una qualche rilevanza a
tali fini, ma hanno precisato che la detta rilevanza postula che le anomalie denunciate «siano tali da non consentire neppure più l’identificazione

-5

_

giudici “nella causa o in altra vertenza su identica questione di diritto”,

dell’atto come provvedimento giurisdizionale». Ipotesi, questa, che in verità neanche il ricorrente formula in questa sede.
Prive di fondamento sono poi le ulteriori osservazioni in ordine alla valorizzazione della pendenza di una causa di responsabilità ex legge n. 117
del 1988. In proposito, è sufficiente qui ricordare quanto di recente affermato dalla VI Sezione Penale della Corte: «Il magistrato la cui condot-

117/1988 non assume mai la qualità di debitore di chi tale domanda abbia proposto. Ciò per l’assorbente ragione che la domanda (anche dopo la
legge n. 18/2015) può essere proposta solo ed esclusivamente nei confronti dello Stato (salvi i casi di condotta penalmente rilevante, art. 13).
Né la eventualità di una successiva rivalsa dello Stato nei confronti del
magistrato, nel caso in cui quell’originaria azione si sia conclusa con la
condanna dell’Amministrazione, muta la conclusione, perché i presupposti
e i contenuti dell’azione di rivalsa sono parzialmente diversi da quelli
dell’azione diretta della parte privata nei confronti del solo Stato (art. 7;
artt. 2 e 3). Il che, tra l’altro, impone di escludere che anche nel caso di
intervento del magistrato nel processo civile che la parte promuove ex
lege n. 117/1988 (art.6), si instauri un rapporto diretto parte/magistrato
che possa condurre alla qualificazione del secondo in termini di anche solo potenziale debitore della prima. In altri termini, non solo la qualità ,di
debitore si assume nel momento in cui viene riconosciuta la compiuta
fondatezza della pretesa risarcitoria, e non prima, ma nel caso del sistema della legge n. 117/1988 il magistrato la cui condotta professionale è
valutata nel processo civile non potrà mai assumere la qualità di debitore
della parte privata» (Cass. pen. n. 19924 del 2015).
5.

Per quanto attiene alla istanza di ricusazione del consigliere Adelaide

Amendoia, l’istanza stessa si fonda su una frase contenuta in una relazione ex art. 380-bis, predisposta in relazione alla trattazione di un ricorso
per revocazione di precedente sentenza di questa Corte proposta
dall’Avvocato Sta ra.
Anche la richiesta di ricusazione in esame è infondata, dovendosi escludersi in radice ogni “anomalia” della relazione dalla quale è stata estratta
la frase ritenuta idonea ad evidenziare la grave inimicizia dell’estensore

– 6 –

ta professionale sia stata oggetto di una domanda risarcitoria ex lege n.

nei confronti del ricorrente. Invero, la valutazione di sintesi espressa nelle
poche righe riprodotte dal ricorrente ha poi trovato ampio e completo sviluppo nel corpo della relazione, nella quale vengono presi in esame i vari
profili prospettati dal ricorrente nel ricorso per revocazione. In sostanza,
la proposta di decisione sul ricorso per revocazione nei sensi della inammissibilità discende non dalla ritenuta inidoneità formale del ricorso, ma,

ritenuta insussistenza di vizi revocatori.
6. – In conclusione, il ricorso per ricusazione del Presidente Luigi Antonio

Rovelli e dei consiglieri Adelaide Amendola e Alberto Giusti deve essere
rigettato.
Sulla base dell’art. 54, secondo comma, cod. proc. civ. (prevedente che
con l’ordinanza con cui rigetta o dichiara inammissibile la ricusazione il
giudice può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria
non superiore ad euro 250), ed alla luce di quanto fin qui esposto, si ritiene di condannare il ricorrente al pagamento della pena pecuniaria nella
misura di euro 450,00 (in ragione di 150,00 euro per ciascuno dei giudici
infondatamente ricusati).
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso per ricusazione;
condanna l’istante al pagamento della pena pecuniaria di euro 450,00 .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili
della Corte suprema di cassazione, in data 23 giugno 2015.

all’esito di una completa ricognizione delle censure del ricorrente, dalla

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