Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13020 del 23/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 23/06/2016, (ud. 22/04/2016, dep. 23/06/2016), n.13020

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4198/2015 proposto da:

P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE

MARTELLA giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.F., C.P., C.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 378/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

5/05/2014, depositata il 16/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che:

– C.M. convenne in giudizio P.C., chiedendo la condanna della convenuta – proprietaria del fondo finitimo con quello attoreo – al rilascio della striscia di terreno sottrattagli, alla ricostruzione del muro di cinta abbattuto, alla eliminazione dei cancelli abusivamente installati, alla cessazione dell’esercizio abusivo di servitù sul fondo attoreo e a risarcirgli i danni;

– la convenuta resistette alle domande, chiedendone il rigetto;

chiese, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore a non parcare autovetture nel terreno antistante i suoi cancelli, ad eliminare un cancello da lui installato e a risarcirle il danno;

– il Tribunale di Messina condannò la P. ad arretrare il muro di recinzione della sua proprietà lungo il confine col fondo attoreo; dichiarò che il terreno di cui alla particella 619, di proprietà dell’attore, era libero da servitù di passaggio e di parcheggio, ad eccezione di una servitù di passaggio in favore del fondo della convenuta da esercitarsi su una striscia di terreno individuata, con diritto della convenuta di aprire un cancello in corrispondenza di tale passaggio;

– sul gravame proposto in via principale da P.C. e in via incidentale da L.F., C.P. e C. G. (quali eredi di C.M., nel frattempo deceduto), la Corte di Appello di Messina confermò la pronuncia di primo grado;

– per la cassazione della sentenza di appello ricorre P. C. sulla base di un unico motivo;

– L.F., C.P. e C.G., ritualmente intimati, non hanno svolto attività difensiva;

Atteso che:

– l’unico motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata, nonchè il vizio di motivazione delta medesima sentenza, per avere la Corte di Appello omesso di rilevare gli errori commessi dal C.T.U. nell’accertare il confine tra le proprietà delle parti e nel concludere che il muro edificato da essa convenuta ricadeva nella proprietà attorea) inammissibile, in quanto sottopone alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la loro decisione (richiamando, tra l’altro, il giudicato formatosi con la sentenza del 1983, che stabilì che la particella 619 era di proprietà di C.M., e non di B. F., dante causa della P., che acquistò dopo la trascrizione della detta sentenza), sicchè deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure queste –

manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831);

– il ricorso va, pertanto, rigettato;

– non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quarer (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temoris (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 22 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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