Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13019 del 24/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/05/2017, (ud. 15/02/2017, dep.24/05/2017),  n. 13019

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1085/2015 proposto da:

L’ANCORA S.R.L., UP C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso (STUDIO MARESCA ARTURO, MORRICO, BOCCIA &

ASSOCIATI), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MAURIZIO TAVILLA, GAETANO GIANNI’, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.C.F., C.F. (OMISSIS), in proprio e nella qualità di

GENITORE ESERCENTE PATRIA POTESTA’ di C.G.C. erede di

C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUIRINO

MAJORANA 9, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA FAZZARI,

rappresentata e difesa dall’avvocato AURORA FRANCESCA NOTARIANNI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1358/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 16/10/2014 r.g.n. 391/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GAETANO GIANNI’;

udito l’Avvocato FRANCESCA AURORA NOTARIANNI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 16 ottobre 2014, la Corte d’Appello di Messina, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Messina ed in accoglimento della domanda riproposta in via incidentale in sede di gravame, estendeva alla condanna al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali la pronunzia con cui il primo giudice accoglieva la domanda proposta da C.F., poi deceduto e sostituito da A.C.F., in proprio e quale esercente la potestà sulla minore C.G.C., nella loro qualità di eredi, nei confronti dell’Ancora S.r.l., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimato al C. per aver incassato senza versarlo alla Società il corrispettivo dei prodotti venduti quale banconista a bordo delle navi traghetto Caronte e Tourist S.p.A. in servizio sullo stretto di (OMISSIS).

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto illegittime le modalità del controllo operato dalla Società, non potendo questo qualificarsi come difensivo in quanto riferito direttamente all’attività del dipendente con conseguente inutilizzabilità degli elementi acquisiti; non provato l’addebito per gli episodi residui, potendo ascriversi al lavoratore l’irregolarità relativa all’emissione di un unico scontrino per il totale dell’incasso e non per singola merce venduta, ma non l’appropriazione di parte dell’incasso, non verificabile in difetto di riscontri tra la merce venduta e quella residuata e, comunque, non desumibile dalle dichiarazioni del lavoratore; sproporzionata la sanzione espulsiva irrogata rispetto al comportamento omissivo emerso, ovvero la mancata emissione dello scontrino per ogni singolo acquisto; dovuta la regolarizzazione della posizione previdenziale ed assicurativa.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, la Società. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., e L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 3, imputa alla Corte territoriale l’omessa valutazione, ai fini del giudizio circa la ricorrenza dell’invocata giusta causa di recesso, della circostanza del reiterato omesso rilascio dello scontrino al cliente all’atto della vendita della merce e dell’incasso del corrispettivo da parte del lavoratore.

La violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., è dedotta nel secondo motivo in relazione all’omessa pronuncia in ordine alla rilevata distinta modalità fraudolenta di appropriazione dell’incasso della merce venduta data dal rimpiazzo delle merce con altra acquistata direttamente ed a minor costo aliunde, rispetto alla quale risulta in conferente la motivazione resa dalla Corte territoriale.

La violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 4, è predicata nel terzo motivo in relazione alla ritenuta illegittimità del controllo a distanza effettuato da un’agenzia investigativa e diretta, a detta della Società ricorrente, a tutela del proprio patrimonio.

La violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., è dedotta nel quarto motivo in relazione alla ritenuta inutilizzabilità a fini probatori del materiale registrato.

Nell’esaminare il ricorso, è opportuno prendere le mosse dal terzo e quarto motivo, che, in quanto entrambi intesi a censurare, sotto il profilo della violazione di legge e dell’error in procedendo, la statuizione della Corte territoriale in ordine all’inutilizzabilità delle riprese filmate effettuate dall’agenzia investigativa ai fini della prova dell’addebito contestato, concernete – si badi – l’appropriazione da parte del lavoratore del corrispettivo incassato per la vendita dei prodotti per i quali non aveva emesso lo scontrino, possono essere qui trattati congiuntamente.

Ebbene, i predetti motivi devono ritenersi infondati, atteso che la modalità e gli strumenti di controllo autorizzati dalla Società datrice, ovvero il ricorso da parte dell’agenzia investigativa all’uso di una telecamera mirato a monitorare costantemente il comportamento in servizio dei lavoratori di volta in volta addetti alla vendita, in luogo di un controllo a campione realizzato attraverso la simulazione di un acquisto da parte del personale ispettivo che si presenti alla cassa in veste di cliente, verificando direttamente se al mancato rilascio dello scontrino a fronte della vendita del prodotto corrisponda effettivamente il trattenimento del relativo prezzo incassato, sorreggono ampiamente la valutazione della Corte territoriale circa la finalizzazione del controllo alla verifica dell’attività lavorativa, piuttosto che alla salvaguardia del patrimonio aziendale, finalizzazione che impone il rispetto delle prescrizioni di legge relative al controllo a distanza, in difetto del quale deve escludersi, come correttamente ha ritenuto la Corte territoriale, l’utilizzabilità a fini probatori degli elementi illegittimamente acquisiti.

Ciò posto, ne discende l’infondatezza anche del primo e del secondo motivo, non valendo il tentativo della Società ricorrente di porre l’accento sulla rilevanza, in sè (primo motivo) e quale mezzo per l’attuazione di azioni fraudolente, ulteriori e distinte dal trattenimento dell’incasso, in danno della Società (secondo motivo), della diversa irregolarità riscontrabile a carico del lavoratore, data dal mancato rilascio dello scontrino all’atto di ogni singolo acquisto, ad inficiare la conclusione cui perviene la Corte territoriale, che risulta congruamente motivata sul piano logico e giuridico, con riferimento al difetto di prova dell’addebito contestato, rappresentato dall’appropriazione dell’incasso, ma altresì in relazione alla sproporzione tra la sanzione espulsiva irrogata e la condotta consistita nella mancata emissione dello scontrino per ogni singolo acquisto, affermata in relazione alla ritenuta non intenzionalità di tale inadempimento, desunta dalla circostanza per cui il lavoratore comunque a fine turno provvedeva alla contabilizzazione del venduto mettendo la Società in condizioni di verificare la corrispondenza tra l’incassato e il venduto, valutazione, questa, che, tra l’altro, non è stata qui fatta oggetto di specifica censura da parte della Società ricorrente.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nei confronti della sola parte costituita, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2017

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