Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13018 del 30/06/2020
Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 30/06/2020), n.13018
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 331-2019 proposto da:
SAGGESE COSTRUZIONI SNC DI S.V. & C., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 106, presso lo studio dell’avvocato PAOLA
MARIA ANGELA VACCARO, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO
GARZILLI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE;
– intimate –
avverso la sentenza n. 5249/24/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 01/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI
PRISCOLI LORENZO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la parte contribuente proponeva ricorso avverso cartella di pagamento avente ad oggetto il recupero dell’IVA del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis per l’anno d’imposta 2012;
la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso;
la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello della parte contribuente affermando che la società contribuente nel 2011 non aveva riportato alcun credito da poter essere poi utilizzato in compensazione per versamenti d’imposta relativi all’anno successivo;
la parte contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione mentre l’Agenzia delle entrate non si costituiva.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 82 del 2005, artt. 23 e 24 per l’inesistenza/nullità della notifica della cartella esattoriale trasmessa alla contribuente in formato.pdf priva della c.d. firma digitale;
considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23 per mancanza dell’attestazione di conformità dell’atto analogico a quello digitale notificato;
ritenuto che entrambi i motivi di ricorso sono inammissibili in quanto:
in tema di ricorso per cassazione, l’erronea deduzione di un difetto di attività del giudice di secondo grado ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e non del n. 4 della stessa disposizione, rende inammissibile il motivo ove la Corte sia tenuta ad esaminare gli atti del giudizio di merito, potere che sussiste solo per i vizi denunciati ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 4963 del 2018);
in tema di ricorso per cassazione, qualora – come nel caso di specie – siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio (Cass. n. 20694 del 2018):
il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Cass. n. 10862 del 2018);
considerato che il ricorrente in entrambi I motive di impugnazione si duole di violazioni di legge relative a vizi della notifica della cartella esattoriale che non hanno riscontro nella motivazione della sentenza ma che evidentemente sono a monte di essa e come tali avrebbero dovuto essere denunciati come errores in iudicando ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (e non n. 3) e manca un univoco e autosufficiente riferimento alla nullità della decisione impugnata derivante dalla omessa pronuncia in ordine a domande proposte sia in primo che in secondo grado.
Pertanto, ritenuti inammissibili entrambi i motivi di impugnazione, il ricorso va dichiarato dichiarato inammissibile; nulla va statuito in ordine alle spese non essendosi costituita l’Agenzia delle entrate.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 gennaio 2020.
Depositato in cancelleria il 30 giugno 2020