Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13018 del 10/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 13018 Anno 2014
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

SENTENZA

sul ricorso 27275-2007 proposto da:

(2/

PRATI SERGIO (C.F. PRTSRG49E14L781J), PRATI SILVANA
(C.F. PRTSVN55C59L781E), elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA GIAMBATTISTA VICO l, presso l’avvocato

Data pubblicazione: 10/06/2014

CAPPABIANCA FERDINANDO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GIARDINI LORENZO,
2014

giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –

752

contro

COMUNE DI VERONA, in persona del Sindaco pro

1

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
LIEGI 32, presso l’avvocato CLARICH MARCELLO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CAINERI GIOVANNI ROBERTO, giusta procura a margine
del controricorso;

contro

PROVINCIA DI VERONA;
– intimata

avverso la sentenza n. 1108/2006 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 28/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 02/04/2014 dal Consigliere
Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato FERDINANDO
CAPPABIANCA che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato CHIARA
CARLI, con delega, che ha chiesto il rigetto del

– controricorrente –

ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 9.8.1990 al Comune ed alla Provincia di Verona,
Sergio e Silvana Prati, quali comproprietari in Verona, Madonna di Dossobuono,

premesso che il convenuto Comune aveva assoggettato a procedimenti di occupazione
d’urgenza, con decreti del 9.3.1987 e del 22.2.1988, e di espropriazione, definito con
decreto in data 1°.03.1993 emesso dal Presidente della Provincia di Verona, due
porzioni del loro compendio, estese rispettivamente mq. 1081 e mq. 11465, e così in
totale mq. 12.546, urbanisticamente inserititi nel PEEP, e premesso altresì che la
Commissione Provinciale di Verona in data 22.9.1989 aveva notificato loro l’indennità
definitiva, determinata nella misura, a loro parere insufficiente, di complessive £
376.380.000, calcolata in ragione di £.20.000 al mq. per l’esproprio e di £. 10.000 al
mq. per il mancato reddito da esercizio dell’attività estrattiva, proponevano, dinanzi
alla Corte d’Appello Venezia, opposizione alla stima dell’indennità in questione.
Con sentenza dell’11.04-28.07.2006 la Corte di appello di Venezia, dichiarava il
difetto di legittimazione passiva della contumace Provincia di Verona ed anche in base
all’esito delle consulenze tecniche d’ufficio, determinava l’indennità di espropriazione
nella complessiva somma di E 904.652,27, con gli interessi legali e il maggior danno da
svalutazione monetaria a decorrere dal 1 0 .3.1993; disponeva, inoltre, se non già
effettuato, il deposito da parte del Comune di Verona della predetta somma presso la
Cassa Depositi e Prestiti; rigettava ogni altra domanda, compensava tra le due parti
costituite le spese del giudizio e poneva le spese di CTU a carico di entrambe, in
ragione del 50% ciascuna.
Per quanto ancora possa rilevare la Corte territoriale osservava e riteneva che:

3

località Cà Fracci, di un appezzamento di terreno su cui insisteva una cava di ghiaia,

il terreno espropriato, esteso complessivamente mq 12.546, era interamente
compreso nel perimetro di un più vasto appezzamento soggetto ad attività estrattiva di
cava, autorizzata dalla Giunta Regionale del Veneto con delibera n. 1941 dell’8.4.1980,

risultava altresì che al momento dell’emissione del decreto di espropriazione
(1°.03.1993) l’area in questione era urbanisticamente inclusa in Zona PEEP e, dunque,
di natura edificabile;
tuttavia, nonostante le diverse caratteristiche dell’area espropriata, ai fini della
determinazione dell’indennità non era consentito tenere conto sia della destinazione
edificatoria del terreno che del valore del giacimento minerario, come preteso dagli
espropriati, e doveva invece privilegiarsi il valore economico della cava, rilevante in
. caso di compravendita immobiliare, e, dunque, farsi riferimento al mancato ricavo,
desunto dal valore del volume di materiale inerte suscettibile di estrazione, depurato dei
costi industriali di produzione e delle spese di ricomposizione ambientale, cui doveva
aggiungersi il valore residuo (C 38.697,92) dell’area stessa all’esaurimento del
giacimento;

tenuto conto del fatto che anche gli attori concordavano nei ritenere che il valore
residuo del terreno al termine del giacimento era di C 38.697,92 (mq 12.546 x € 3,10,
pari al valore a metro quadrato di un terreno seminativo irriguo), i mancati ricavi degli
attori ammontavano in totale ad € 1.320.605,92;
dal mancato ricavo, pari come detto ad € 1.320.605,92, andavano detratti i costi
industriali, pari ad € 217.890,39, e i costi per la ricomposizione ambientale, pari
complessivamente ad C 198.063,26, determinandosi quindi in € 904.652,27 il reddito
non goduto dai proprietari in conseguenza dell’esproprio dell’area in questione;

4

non modificata dalla successiva delibera G.R. n. 3858 del 9.8.1994;

poiché inoltre in caso di espropriazione di una cava, l’indennità di espropriazione
poteva essere determinata, come nella specie, in ragione dei mancati proventi che il
proprietario avrebbe potuto conseguire per effetto dell’esercizio dell’attività estrattiva,

configurabile la produzione dì reddito in periodi e per causa diversi dall’utilizzo della
stessa, per cui doveva escludersi un ulteriore indennizzo a titolo d’indennità di
occupazione legittima;
tenuto conto della particolarità della fattispecie e del contenuto della decisione, per
la quale non era stato accolto interamente né l’assunto degli attori né quello del
convenuto Comune, appariva equo compensare interamente le spese dei giudizio.
Avverso questa sentenza Sergio e Silvana Prati hanno proposto ricorso per cassazione
affidato a quattro motivi e notificato il 25-29.10. 2007 sia alla Provincia di Verona, che
non ha svolto attività difensiva, e sia al Comune di Verona, che il 4-5/6.12.2007 ha
resistito con controricorso e depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso i Prati denunziano:
“Violazione dell’ art. 360 c.p.c. comma 1 n. 5 per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avuto
riguardo alla natura edificatoria o meno del terreno”.
In ossequio all’ art. 366 bis comma 2 c.p.c., applicabile ratione temporis, indicano come
fatto controverso la mancata inclusione nella indennità di esproprio del valore
commerciale dell’area, a seguito della sua ricomposizione ambientale, ed in ogni caso
per la sua potenzialità edificatoria.
Sostengono che l’indennità di esproprio avrebbe dovuto ricomprendere anche
l’eventuale valore edificabile dell’area espropriata, posto che essa era urbanisticamente

5

in regime di libera contrattazione, fino ad esaurimento della cava medesima, non era

inclusa in zona P.E.E.P., che ne era stata pure prevista la ricomposizione ambientale e
che una volta ricomposta sarebbe stata riutilizzabile fisicamente e giuridicamente a
scopo edificatorio. Si dolgono inoltre che ì giudici d’appello abbiano richiamato un non

agricola e non come nella specie edificabile, che a loro sia stato addebitato il costo
della ricomposizione ambientale, con incongrua detrazione del dovuto, e che non siano
state esplicitate le ragioni per le quali una cava ambientalmente ricomposta non
conservi un valore economico ulteriore.
Il motivo è inammissibile sia perché involge una questione attinente non al profilo
argomentativo dell’impugnata pronuncia ma a quello interpretativo ed applicativo del
dato normativo (cfr anche cass. SU n. 21712 del 2004) e sia perché comunque assistito
da irrituale sintesi riassuntiva dei prospettati rilievi, muta in ordine alle ragioni che
sostanzierebbero i rubricati vizi motivazionali (cfr, tra le altre, cass SU n. 16528 del
2008).
2.

“Violazione del!’ art. 360 c.p.c. comma 1 n. 5 per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.”
Indicano come fatto controverso l’indebita detrazione dal mancato ricavo e quindi dalla
indennità di esproprio dei costi per le opere di ricomposizione ambientale del terreno
espropriato.
Il motivo non ha pregio, avendo i giudici d’appello puntualmente ed irreprensibilmente
chiarito le ragioni, rimaste sostanzialmente incensurate, per le quali detti costi
andavano defalcati dall’indennità di espropriazione, essenzialmente ravvisate nel fatto
che essi riguardavano soltanto la ricomposizione della porzione ablata e che l’utile
retraibile dall’attività estrattiva avrebbe dovuto scontare spese ed oneri della
produzione, compresi quelli obbligatori in discussione.

6

pertinente precedente giurisprudenziale inerente a terreno adibito a cava ma di natura

3.

“Violazione dell’ art. 360 c.p.c. comma 1 n. 5 per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Indicano come fatto controverso la mancata liquidazione della indennità di

temporanea occupazione, atteso che, nel caso di specie, per il criterio di computo degli
interessi legali adottato dalla Corte d’ Appello, non si sarebbe incorsi in alcuna indebita
duplicazione esproprio del ristoro.
Il motivo è infondato.
In tema di determinazione dell’indennità di esproprio di un terreno destinato a cava
occorre fare riferimento all’art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e, pertanto, al
valore venale del bene che, nella specie, va ragguagliato al parametro del materiale
complessivamente estraibile dalla cava sino al suo esaurimento. Trattasi di criterio
omnicomprensivo, che non è compatibile con la liquidazione, in favore dell’espropriato,
di una ulteriore indennità per l’occupazione della cava, con la funzione di indennizzarlo
della privazione del godimento del bene oggetto del procedimento di esproprio e della
mancata percezione dei frutti nel corso dell’occupazione medesima, in quanto – avuto
conto delle modalità di liquidazione dell’indennità di espropriazione, che fa riferimento
al valore dei materiali estraibili durante il periodo di godimento della cava e non
prevede il riconoscimento di un reddito in periodi e per causa ulteriori rispetto a quelli
già considerati – si tradurrebbe in una ingiustificata duplicazione della medesima
indennità di espropriazione (cfr da ultimo cass SU n. 5088 del 2014).
4.

“Violazione dell’ art. 360 c.p.c. comma 1 n. 5 per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.”

7

occupazione, intesa come indennizzo per la mancata produzione di reddito durante la

Indicano come fatto controverso la compensazione integrale delle spese di giudizio e di
C.T.U. tra le parti nonostante la soccombenza del Comune di Verona, che assumono
effettiva e comunque prevalente.

Come noto, in tema di regolamento delle spese processuali, e con riferimento alla loro
compensazione, poiché il sindacato della S.C. è limitato ad accertare che non risulti
violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della
parte vittoriosa, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di
merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e
ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti
motivi, nella specie ravvisabile attese le esplicitate ragioni che hanno giustificato la
censurata statuizione.
Conclusivamente si deve dichiarare inammissibili il primo ed il quarto motivo del
ricorso e rigettare il secondo ed il terzo motivo, con condanna in solido dei ricorrenti
soccombenti al pagamento in favore del Comune di Verona delle spese del giudizio di
legittimità, liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibili il primo ed il quarto motivo, rigetta il secondo ed il
terzo motivo del ricorso e condanna in solido Sergio e Silvana Prati al pagamento, in
favore del Comune di Verona, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in €
7.000,00 per compenso ed in € 200,00 per esborsi, oltre agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2014

Il Cons.est.

Il motivo è inammissibile

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA