Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13016 del 24/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/05/2017, (ud. 08/02/2017, dep.24/05/2017),  n. 13016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17052/2011 proposto da:

M.G., C.F. (OMISSIS), M.R.A.,

M.D., nella loro qualità di figli ed unici eredi di

M.A., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69,

presso lo studio dell’avvocato ROSA MAFFEI, che li rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI

CALIULO, SERGIO PREDEN, GIUSEPPINA GIANNICO, ANTONELLA PATTERI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7996/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/11/2010 r.g.n. 9843/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/02/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Tribunale di Roma del 21.12.2007 i signori M.G., D. e R.A., nella qualità di eredi di M.A., agivano nei confronti dell’INPS per l’accertamento del diritto del de cuius alla liquidazione della pensione di vecchiaia in regime internazionale dall’1 settembre 1975, mese successivo al compimento del sessantesimo anno di età invece che dall’1 gennaio 1984, decorrenza riconosciuta dall’INPS in ragione della data di entrata in vigore della convenzione italo argentina nr. 32 del 18 gennaio 1983.

Il Tribunale accoglieva la domanda (sentenza dell’1 dicembre 2008 nr. 19386/2008).

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 15.10-5.11.2010 (nr. 7996/2010), in accoglimento dell’appello dell’INPS (assorbito l’appello incidentale delle parti private per la quantificazione delle somme dovute) respingeva la domanda originaria per intervenuta decadenza, ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47.

La Corte territoriale osservava che il giudice del primo grado aveva affermato che la decadenza in materia di trattamenti pensionistici non era applicabile agli eredi che rivendicassero somme non riscosse dal dante causa; con tale statuizione implicitamente il giudicante aveva ritenuto maturata invece la decadenza nei confronti del de cuius, escludendone solo la applicabilità agli eredi. Sul punto non erano state sollevate deduzioni dagli eredi sicchè il tema controverso in appello era limitato alla applicabilità della decadenza agli eredi del pensionato.

La maturazione della decadenza non era dubbia.

Non era pertinente la giurisprudenza di legittimità relativa alla inapplicabilità della decadenza alla domanda di riliquidazione di prestazioni riconosciute, perchè nella fattispecie di causa la domanda era diretta alla attribuzione di ratei della prestazione e non alla riliquidazione di ratei già riconosciuti in misura inferiore al dovuto.

Maturata la decadenza nei confronti del de cuius gli eredi non potevano non subentrare nella sua posizione, senza poter sostenere la inapplicabilità della decadenza nei propri confronti.

Hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza M.G., D. e R.A., articolato in un unico motivo.

Ha resistito l’INPS con controricorso.

Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo i ricorrenti hanno denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, commi 2 e 3, nonchè dell’art. 11 preleggi, comma 1; erroneità ed incongruità della motivazione.

Hanno censurato la sentenza nella parte in cui affermava che il giudice del primo grado aveva implicitamente dichiarato la decadenza del de cuius M.A..

In diritto hanno rilevato che questi era deceduto in data 1.7.1990, epoca anteriore alla entrata in vigore del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, che aveva fissato il termine di decadenza triennale; si applicava, pertanto, il previgente termine decennale previsto dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, che alla morte del dante causa non era ancora decorso. La sentenza aveva applicato retroattivamente la decadenza triennale introdotta dal D.L. n. 384 del 1992, in violazione dell’art. 11 prelegi, comma 1.

Hanno inoltre contestato la qualificazione della azione da parte della Corte di merito come domanda diretta alla attribuzione della pensione, soggetta a decadenza; hanno assunto che la azione per la retrodatazione della pensione costituiva, piuttosto, una richiesta di adeguamento (temporale) di una prestazione parzialmente riconosciuta, come tale non suscettibile di decadenza.

Hanno comunque assunto che la decadenza non era applicabile agli eredi, che facevano valere verso l’INPS un credito pecuniario e non un credito pensionistico.

Da ultimo hanno dedotto il vizio della motivazione, per non avere la sentenza adeguatamente considerato la natura della azione, proposta dagli eredi nonchè diretta all’adeguamento del trattamento pensionistico.

Il motivo è fondato nei sensi di cui segue.

Preliminarmente va rilevata la erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui (pagina 2, in fine e pag. 3, in principio) ha affermato che nel primo grado era stata resa una pronunzia implicita di decadenza del de cuius e che tale pronunzia non costituiva oggetto del giudizio di appello.

La sentenza di primo grado, invero, si limitava ad affermare la inapplicabilità dell’istituto della decadenza al credito degli eredi, in quanto esso consisteva in un credito di valuta e non in un trattamento di pensione, assorbita ogni altra questione; in tale statuizione non si può ravvisare una pronunzia implicita di decadenza nei confronti del de cuius giacchè non si trattava di un presupposto necessario rispetto al decisum.

Non vi era dunque alcun onere degli eredi di svolgere deduzioni sul punto in appello (oltre a doversi evidenziare che dalla stessa sentenza impugnata risulta che gli eredi avevano dedotto in appello la inapplicabilità della decadenza alle domande di riliquidazione delle pensioni); la questione di decadenza costituiva invece in ogni suo aspetto materia del giudizio di appello, perchè introdotta dall’INPS con l’atto di impugnazione.

Quanto alla applicabilità della decadenza in materia di trattamenti pensionistici questa Corte, con pronunzia cui in questa sede si intende dare continuità (Cass. sez. lav. 5.8.2016 nr. 16549), ha già chiarito, in fattispecie sovrapponibile a quella oggetto di giudizio – (del pari relativa alla domanda dagli eredi del pensionato di retrodatazione del trattamento pensionistico riconosciuto dall’INPS in regime di convenzione italo argentina) – che la azione diretta a contestare la decorrenza della pensione attiene alla riliquidazione di un trattamento pensionistico riconosciuto.

Nella citata pronunzia si afferma che di prestazione riconosciuta solo in parte si può parlare anche in tutti i casi in cui la prima liquidazione non tenga conto di tutti gli elementi ed informazioni incidenti sulla liquidazione del trattamento pensionistico presenti al momento della domanda di pensione e perciò noti in quel momento all’istituto.

Da tale principio deriva nella fattispecie di causa la inapplicabilità alla domanda presentata dal de cuius della decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, in conformità al principio affermato da Cass. S.U. sentt. 29.5.2009 nr. 12718 e 12720.

Non viene in rilievo invece in questa sede la decadenza introdotta dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, lett. d), riferibile alla sole prestazioni previdenziali liquidate dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore della disposizione innovativa.

La sentenza impugnata ha dunque falsamente applicato il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, sull’erroneo rilievo che nella fattispecie non si trattava di prestazione liquidata in misura parziale ma di “attribuzione della prestazione in sè considerata”.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e gli atti rinviati ad altro giudice, che si individua nella Corte di appello di Roma in diversa composizione affinchè provveda ad un nuovo esame della domanda alla luce del seguente principio di diritto: “la decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, non si applica in relazione alla riliquidazione di prestazioni parzialmente riconosciute e liquidate anteriormente al 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d)), in tale fattispecie ricomprendendosi le domande dirette alla retrodatazione del trattamento pensionistico”.

Restano assorbite le censure relative alla inapplicabilità della decadenza al credito degli eredi ed alla irretroattività del D.L. n. 384 del 1992.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese del presente grado.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2017

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