Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13012 del 23/06/2016

Cassazione civile sez. III, 23/06/2016, (ud. 15/04/2016, dep. 23/06/2016), n.13012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16456-2012 proposto da:

FORLI’ CASA IMMOBILIARE M.E. & C SAS in persona del

socio accomandatario M.E., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLA BALDUINA 7, presso lo studio dell’avvocato

CONCETTA TROVATO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANGIACOMO

PEZZANO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TRONIK SRL in persona del legale rappresentante S.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo

studio dell’avvocato GIAMMARIA CAMICI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAOLO CASADEI giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1370/2011 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 27/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/04/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto che ha concluso per il rigetto del 1 motivo di

ricorso, accoglimento del 2^.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La controversia ha per oggetto un contratto di locazione tra la Neon Forlì snc (locatore) e la Tronik srl (conduttore), stipulato nel 1997 e relativo ad una porzione di fabbricato adibito a laboratorio artigianale e relativi servizi, nel quale il conduttore aveva dichiarato, ai fini della L. n. 392 del 1978, artt. 34, 35 e 37, l’utilizzazione per attività non comportante contatti diretti con il pubblico, e nel quale al locatore era subentrata, nel 2005, Forlì casa immobiliare sas avendo acquistato l’immobile.

La domanda di indennità di avviamento, proposta in via riconvenzionale dal conduttore, convenuto per finita locazione, adducendo lo svolgimento da tempo di attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio di materiale informatico ed elettronico, venne rigettata dal Tribunale e accolta dalla Corte di appello di Bologna (sentenza del 27 febbraio 2012).

2.Avverso la suddetta sentenza, Forlì casa immobiliare sas propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, esplicati da memorie.

Tronik srl si difende con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Le contrapposte decisioni di merito, concordi in ordine alla effettiva destinazione d’uso dell’immobile quale negozio di vendita all’ingrosso e al dettaglio di materiale informatico, differiscono in ordine alle conclusioni relative alla prova della conoscenza di tale mutamento di destinazione (rispetto alla dichiarazione del conduttore nel contratto) da parte della società locatrice che era subentrata nel contratto.

2. Con due motivi strettamente connessi – da trattarsi congiuntamente – la ricorrente invoca la violazione della L. n. 392 del 1978, artt. 34, 35 e 80 e tutti i vizi motivazionali.

Il fondo della censura (nel primo motivo) si sostanzia nella critica alla corte di merito per aver utilizzato il “notorio” al fine di ritenere provata la conoscenza della effettiva destinazione da parte della società subentrata, laddove la giurisprudenza richiamata dalla stessa corte utilizza il ricorso al notorio per ritenere provata l’effettività della destinazione in riferimento ad attività implicanti necessariamente la frequentazione del pubblico; per di più, sempre secondo l’assunto della ricorrente, in una controversia in cui non era in discussione l’effettività della destinazione al pubblico dell’attività, in violazione della previsione contrattuale che la escludeva.

Con il secondo motivo, sostanzialmente, in riferimento alle argomentazioni utilizzate dalla sentenza come riscontro del notorio, ne denuncia l’illogicità e la mancata spiegazione del perchè la locatrice avrebbe dovuto essere a conoscenza, rilevando anche che il riferimento alla corrispondenza intercorsa con la locatrice in realtà era intercorsa, prima dell’acquisto e con la originaria locatrice.

Le censure non hanno pregio.

3.La sentenza censurata tratta congiuntamente i due profili: – della prova della effettiva destinazione dell’immobile ad attività comportante contatti con il pubblico; – della conoscenza di tale situazione effettiva da parte della società locatrice subentrata.

Trae la prova della conoscenza da parte della nuova locatrice della effettiva destinazione ad attività aperta al pubblico dal “notorio” (negozio con vetrina e insegna, pubblicità cinematografica a carattere locale della vendita), oltre che dal richiamo delle testimonianze, nonchè da presunzioni: – il rapporto diretto con la società conduttrice in sede di contratto di acquisto, dove la Tronix era presente per rinunciare ad esercitare il diritto di prelazione; – l’id quod plerumque accidit in ordine alla normale visione di un immobile che si acquista da parte dell’acquirente; – la disdetta inviata alla scadenza, nonostante la presunzione di conoscenza sin dall’acquisto e, quindi, oltre il termine di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 80.

Deve aggiungersi che la Corte di merito richiama anche –

erroneamente, al fine di fondare la conoscenza della effettiva destinazione da parte della società subentrata – le missive intercorse nel 2001 tra la originaria locatrice e la conduttrice per l’applicabilità al contratto del termine di sei anni in luogo di quello di cinque originariamente convenuto.

3.1. La Corte di merito, sia pure con alcune imprecisioni argomentative laddove ha erroneamente richiamato la corrispondenza della quale si è detto, ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità.

Secondo principi consolidati, i fini del riconoscimento del diritto del conduttore all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, rileva che i locali locati siano effettivamente destinati ad attività che comporta il contatto con il pubblico e che, quindi, tali locali siano aperti alla frequentazione diretta ed indifferenziata dei clienti che abbiano necessità e interesse ad entrare in contatto con l’impresa. Ed, inoltre, grava sul conduttore l’onere di fornire, con qualsiasi mezzo, anche mediante presunzioni, la prova della relativa situazione di fatto, mentre nessun rilievo assume, a tal fine, la clausola contrattuale con la quale il conduttore dichiari unilateralmente l’utilizzo dell’immobile. (tra le tante, Cass. n. 12278 del 2010).

Nella specie, naturalmente, tale prova doveva riguardare anche la conoscenza di tale effettiva destinazione da parte della società subentrata nel contratto.

3.2. La Corte di merito, sul presupposto della avvenuta effettiva destinazione dell’immobile ad attività aperta al pubblico, al centro della decisione ha correttamente posto anche il profilo della conoscenza di tale destinazione effettiva da parte della società acquirente, subentrata con l’acquisto dell’immobile nella posizione del locatore. E, ha tratto la prova di tale conoscenza da presunzioni, sulla base: – delle vetrine e dell’insegna; –

dell’essere noto, a tutti, e quindi anche alla società acquirente, il tipo di attività esercita; – dell’essere la regola quella di visionare l’immobile da comprare, tanto più che il conduttore era stato presente all’atto di compravendita ai fini della rinuncia alla prelazione. Di particolare rilievo la presunzione a partire dalla partecipazione del conduttore all’atto di acquisto, ai fini della rinuncia al diritto di prelazione, atteso che, secondo il sistema legislativo (L. n. 392 del 1978, artt. 35 e 38), in caso di trasferimento a titolo oneroso di immobile locato per uso diverso da quello abitativo, il diritto di prelazione spetta se nell’immobile sia stata svolta un’attività comportante diretto contatto con il pubblico.

Tanto è sufficiente a fondare la decisione; con la conseguenza che diventano irrilevanti altre argomentazioni, quali quella relativa alla corrispondenza riferibile alla società alienante.

Quindi, correttamente, si è dato rilievo alla situazione effettiva, in luogo di quella dichiarata nel contratto e alla conoscenza del mutamento da parte della società subentrata.

4.In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE:

rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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