Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13012 del 14/06/2011

Cassazione civile sez. I, 14/06/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 14/06/2011), n.13012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16959/2010 proposto da:

R.S.P. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 16, presso lo STUDIO LEGALE

ROSSOTTO, rappresentato e difeso dall’avvocato PERIFANO Ester, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 5298/08 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

10.4.09, depositato il 19/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/05/2011 dal Consigliere Dott. Relatore SALVATORE DI PALMA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che R.S.P., con ricorso del 24 giugno 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 19 maggio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del R. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare alla ricorrente la somma di Euro 5.333,50 a titolo di equa riparazione, oltre interessi;

che il Ministro dell’economia e delle finanze, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 27.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 30 luglio 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) il R. aveva promosso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania – con ricorso del 16 novembre 1990 – giudizio per l’annullamento di alcuni atti della Azienda USL n. (OMISSIS) di Benevento; b) Il Tribunale adito non aveva ancora deciso la causa;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver dichiarato la prescrizione del diritto all’indennizzo fatto valere per il periodo precedente al 30 luglio 1998 -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in dieci anni ed ha liquidato a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale la somma di Euro 5.333,50, calcolata in base ad un importo annuo di Euro 1.000,00, ridotto alla metà per l’omessa presentazione dell’istanza di prelievo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con i motivi di censura, vengono denunciate come illegittime l’applicazione dell’istituto della prescrizione, nonchè la liquidazione dell’indennizzo in misura notevolmente inferiore a quella praticata dalla Corte EDU;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, nel caso – quale quello di specie – di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta, con conseguente assorbimento del secondo motivo del ricorso;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che il periodo rilevante ai fini della determinazione dell’indennizzo per equa riparazione spettante al R. è, nella specie, quello che intercorre tra il 16 novembre 1990 e il 30 luglio 2008 (deposito del ricorso per equa riparazione), pari a complessivi diciassette anni ed otto mesi circa;

che, nella specie, sulla base dei criteri adottati da questa Corte, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va determinato in Euro 8.850,00 per i diciassette anni ed otto mesi circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Vincenzo Sguera, dichiaratosene antistatario;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento alla ricorrente della somma di Euro 8.850,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Vincenzo Sguera, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Ester Perifarfo, dichiaratasene antistataria.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011

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