Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13010 del 14/06/2011
Cassazione civile sez. I, 14/06/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 14/06/2011), n.13010
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14312/2010 proposto da:
D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL
POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato FRISANI Pietro L., che la
rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS) in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. 2525/08 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del
18.3.09, depositata il 18/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
25/05/2011 dal Consigliere Dott. Relatore SALVATORE DI PALMA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che D.A., con ricorso del 24 maggio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo un unico motivo di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 18 maggio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso della D. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso, ha condannato il resistente a pagare alla ricorrente la somma di Euro 5.658,00 a titolo di equa riparazione, oltre interessi;
che il Ministro dell’economia e delle finanze, ritualmente intimato, ha depositato atto di costituzione;
che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 48.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto, – proposta con ricorso del 22 aprile 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) la D. aveva promosso dinanzi alla Corte dei conti – con ricorso del 19 giugno 1971 – giudizio per il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità; b) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza del 4 dicembre 2006;
che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver dichiarato la prescrizione del diritto all’indennizzo fatto valere per il periodo precedente al 23 aprile 1998 -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in otto anni, un mese e sei giorni ed ha liquidato a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale la somma di Euro 5.658,00, calcolata in base ad un importo annuo di Euro 700,00.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il motivo di censura, viene denunciata come illegittima l’applicazione dell’istituto della prescrizione;
che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;
che, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, nel caso – quale quello di specie – di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;
che il periodo rilevante ai fini della determinazione dell’indennizzo per equa riparazione spettante alla M., è nella specie, quello che intercorre tra il 1 agosto 1973 (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 14286 del 2006 e 15798 del 2010) ed il 4 dicembre 2006 (deposito della sentenza della Corte dei conti), pari a complessivi trentatre anni e quattro mesi circa;
che, nella specie, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va determinato in Euro 16.670,00 per i trentatre anni e quattro mesi circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;
che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, i complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Pietro Frisani, dichiaratosene antistatario;
che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento alla ricorrente della somma di Euro 16.670,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Pietro Frisani, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 25 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011