Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13005 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 30/06/2020), n.13005

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6120-2018 proposto da:

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROBERTO BANCHERI;

– ricorrente –

contro

ITALIANA EDITRICE – ITEDI SPA, ora GEDI NETWORK SPA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, I.M., C.G.,

L.R.U., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIERLUIGI DA

PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO CONTALDI, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GUIDO GALLIANO,

FRANCESCO LICONTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 892/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 05/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa RUBINO

LINA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. P.C. propone tre motivi di ricorso per cassazione contro Società Edizioni e Pubblicazioni S.E.P., oggi Italiana Editrice s.p.a., I.M., C.G. e l.R.U., avverso la sentenza n. 892 del 2017, depositata in data 5.7.2017, con la quale la Corte d’Appello di Genova, confermando la decisione di primo grado, rigettava la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non proposta dal P., il quale, amministratore unico della società Letizia s.r.l., che amministrava e gestiva una casa di riposo per persone anziane, assumeva di essere stato diffamato, e danneggiato per gli articoli pubblicati sul quotidiano (OMISSIS), domanda proposta nei confronti della casa editrice e dei direttori responsabili.

2.Resistono con controricorso congiunto i quattro controricorrenti, i quali hanno anche depositato memoria.

3.Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati comunicati.

Diritto

RITENUTO

che:

1.Il Collegio condivide le conclusioni contenute nella proposta del relatore nel senso della inammissibilità del ricorso, in quanto esso non riporta neppure sinteticamente le ragioni della decisione della sentenza impugnata, e si limita a contrapporre una propria differente ricostruzione alla valutazione compiuta dal giudice d’appello, denunciando l’omesso esame di talune circostanze che ritiene decisive, inammissibilmente in quanto nei ristretti limiti della censurabilità del vizio di motivazione nella formulazione attualmente vigente non rientra la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al convincimento della parte ricorrente.

2. Il ricorso è dunque inammissibile in primo luogo perchè non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la sola lettura del ricorso non integrata dalla lettura della sentenza, non consente una completa ricostruzione e neppure una adeguata comprensione della fattispecie sottoposta all’esame della Corte.

3.A ciò si aggiunga che il primo ed il secondo motivo denunciano la sussistenza del vizio di motivazione facendo riferimento ad una formula normativa, e ad una ampiezza del giudizio di legittimità sul punto non più vigenti, e pretendono di discutere di risultanze probatorie senza neppure fornirne l’indicazione specifica ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

4.11 terzo motivo, che porrebbe la quaestio iuris dei limiti del principio di continenza è formulato in modo del tutto generico, e risente delle carenze strutturali dell’intero ricorso, omettendo anche di individuare i passi della motivazione in cui si sarebbe verificata la dedotta violazione.

5.11 ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto egli è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso Pone a carico del ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 23 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 30 giugno 2020

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