Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13003 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 30/06/2020), n.13003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11706/2019proposto da:

M.N.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO, 212, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO BASCA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LE 4 D SRL, in persona del rappresentante legale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’,20, presso

lo studio dell’avvocato STEFANO COEN, che la rappresentata e difende

unitamente all’avvocato ANTONIO GRANELLI;

– controricorrente –

GENERALI ITALIA SPA (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1703/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 6/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa GORGONI

MARILENA.

Fatto

RILEVATO

che:

M.N.F. ricorre per la cassazione della sentenza n. 1703/2018 della Corte d’Appello di Brescia, articolando tre motivi, corredati di memoria.

Resiste con controricorso Le 4D S.r.L.

Il ricorrente espone in fatto di essere stato in convenuto in giudizio dalla società Le 4D S.r.L. perchè ne fosse accertata la responsabilità professionale per non aver correttamente adempiuto al mandato conferitogli consistente nel proporre tempestiva opposizione ai decreti ingiuntivi ottenuti da G.S. e R.M. a titolo di rimborso di un prestito da loro effettuato nei confronti della società attrice e nell’ottenere la condanna al risarcimento dell’importo complessivo di Euro 100.175,45, oltre agli interessi ed alla rivalutazione, ovvero in quello determinato giudizialmente, ai sensi dell’art. 1226 c.c..

Il Tribunale di Bergamo, con sentenza n. 361/2015, rigettava la domanda e compensava le spese di lite tra la società attrice e l’odierno ricorrente, e condannava la società attrice alla refusione delle spese di lite a favore di Assicurazioni Generali S.p.A., chiamata, dall’odierno ricorrente, a titolo di manleva in giudizio.

La Corte d’Appello di Brescia, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, accoglieva il gravame proposto dalla società Le 4D S.r.L. e condannava M.N.F. al pagamento di Euro 90.183,26, al netto degli interessi, e regolava le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio secondo il principio della soccombenza.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Non essendo stato soddisfatto l’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, della copia autentica della decisione impugnata con la relazione di notificazione da parte del ricorrente nè avendo provveduto a tale deposito la società controricorrente il ricorso va dichiarato improcedibile. Secondo Cass., Sez. un., 25/03/2019, n. 8312, “Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata – redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -priva di attestazione di conformità del difensore D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16 bis, comma 9 bis, convertito dalla L. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale notificatogli; nell’ipotesi in cui, invece, il controricorrente (o uno dei controricorrenti) sia rimasto soltanto intimato, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio”.

Quand’anche non fosse stato improcedibile, il ricorso sarebbe stato dichiarato inammissibile.

Queste le ragioni.

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,167 e 183 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La Corte d’Appello, ad avviso di parte ricorrente, non avrebbe sanzionato processualmente l’introduzione da parte dell’attrice, a giudizio di primo grado già iniziato, di nuovi motivi – in specie, la carenza della legittimazione attiva di G. e R. – configuranti una mutatio libelli inammissibile, avendo la società Le 4D contestato, nell’ambito del giudizio di responsabilità professionale, esclusivamente la tardività delle opposizioni ex art. 645 c.p.c..

In particolare, la società, odierna resistente, solo con le memorie ex art. 183 c.p.c., comma VI, n. 2 – previste allo scopo di replicare alle domande ed alle eccezioni nuove o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali – avrebbe sopperito alla mancanza nell’atto introduttivo della deduzione dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva di G.S. e R.M..

Il mezzo impugnatorio viola la prescrizione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, perchè non individua il contenuto della citazione introduttiva del giudizio, nè risulta possibile ricostruire adeguatamente detto contenuto tramite l’esposizione del fatto.

Infatti, quando la illustrazione di un motivo di ricorso si fonda su documenti e/o atti processuali, come in questo caso, ma il ricorrente: a) non ne trascrive direttamente il contenuto per la parte che dovrebbe sorreggere la censura, nè, come sarebbe stato possibile in alternativa, lo riproduce indirettamente indicando la parte del documento o dell’atto, in cui troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione; b) non indica la sede del giudizio di merito in cui il documento venne prodotto o l’atto ebbe a formarsi; c) non indica la sede in cui in questo giudizio di legittimità il documento, in quanto prodotto (ai diversi effetti dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), se nella disponibilità, sarebbe esaminabile dalla Corte, ovvero, sempre in quanto prodotto, sa esaminabile in copia, se trattisi di documento della controparte; d) non indica la sede in cui l’atto processuale sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità, in quanto non precisa di averlo prodotto in originale (ove possible) o in copia (ove trattisi di atto della controparte o del fascicolo d’ufficio, come i verbali di causa) e nemmeno fa riferimento alla presenza nel fascicolo d’ufficio, il motivo deve dichiararsi inammissibile, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. Un., 02/12/2008/ 28547; Cass., Sez. Un., 29/04/2009, n. 9941; Cass. 13/11/2009, n. 24178Cass. 20/11/2017, n. 27475; Cass. 07/03/20185, n. 478; Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469).

3. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1176,1218 e 2236 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, fondata sull’errata interpretazione dell’art. 5 del contratto di cessione di quote societarie tra G.S. e R.M. e le cessionarie Ma.Ma. e Gi.Cl..

Il ricorrente prospetta, senza tuttavia dedurlo come specifico vizio della sentenza, l’erronea interpretazione dell’art. 5 del contratto di vendita delle quote societarie adottata dalla sentenza impugnata, proponendone una affatto diversa e a sè favorevole, atta a dimostrare che il richiamo della clausola di cui all’art. 5 dell’atto di cessione non sarebbe stato idoneo a bloccare la pretesa creditoria azionata nei confronti della società.

Anche in questo caso il mezzo impugnatorio non rispetta l’art. 366 c.p.c., n. 6, perchè il contenuto della clausola numero 5 non è riprodotto nè direttamente nè indirettamente.

4.Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente imputa al giudice a quo la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver accolto la domanda di manleva nei confronti della propria assicurazione per non essere stata riproposta in appello.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ove la domanda di manleva non sia stata esaminata dal giudice di prime cure in quanto la domanda su di essa era condizionata all’accoglimento di quella principale, non è necessario che il convenuto proponga appello incidentale, ma è indispensabile che riproponga la domanda – in questo caso di manleva – ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (Cass., Sez. Un., 19/04/2016, n. 7700 e successiva giurisprudenza conforme).

5.Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara il ricorso improcedibile e condanna la parte

Ric. 2018 n. 29265 sez. M3 – ud. 05-03-2020 -6-

ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in cancelleria il 30 giugno 2020

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