Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13003 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13003 Anno 2015
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso 26597-2013 proposto da:
GRIECO MARIO GRCMRA36R07F839N, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA PREMUbA 1/A, presso lo studio dell’avvocato
ROBERTO DIDDORO, rappresentato e difeso dall’avvocato
VINCENZO POLISI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ape legis;

Data pubblicazione: 23/06/2015

4′

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 131/28/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI del 18/03/2013,
depositata il 08/04/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

udito l’Avvocato Polisi Vincenzo difensore del ricorrente che si riporta
al ricorso e chiede raccoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Palatiello Giovanni (Avvocatura) difensore della
contro ricorrente che si riporta al controricorso.
Svolgimento del processo
Nella controversia traente origine dall’impugnazione da parte di
Mario Grieco del silenzio rifiuto opposto a istanza di rimborso delle
ritenute operate dal datore di lavoro, Enel s.p.a,. su prestazione erogata
da fondo previdenziale integrativo ed a seguito del rinvio disposto da
questa Corte con sentenza n.30356/2011, la CTR della Campania, con
la sentenza indicata in epigrafe, rigettava il ricorso introduttivo del
contribuente.
Il Giudice di appello -premesso che oggetto della rimessione da
parte di questa Corte era la individuazione in concreto degli elementi reddituali
e concreti idonei all’esatta applicazione del principio enunciato, sulla base della
documentazione in atti ed alla evoluzione nel tempo del rapporto contributivo” e
cioè nello specifico “tenendo conto che le somme sono soggette al seguente
trattamento tributario :a) per gli importi maturati fino al 31.12.2000 a
prestazione assoggettata a tassazione separata di cui agli art. 16 co. 1 lett.A e 17
del TUIR, solo per quanto riguarda la sorte capitale corriipondente all’attribuzione
patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre le somme
provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si «fica la ritenuta del

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06/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI;

12,50% in fatto, accertava che il contribuente aveva ricevuto dal

Fondo di previdenza integrativa una prestazione in forma di capitale,
senza alcuna attualizzazione di rendita futura da potersi dire
corrispondente al rendimento finanziario, essendo tale liquidazione
avvenuta mediante la liquidazione delle quote de/fondo al valore alla data

Da ciò il Giudice di appello -rilevata l’inutilizzabilità e,
comunque, l’inidoneità allo scopo di certificazioni, prodotte dal
difensore del contribuente nel corso dell’udienza, provenienti, peraltro,
dall’Enel s.p.a. e non dal Fondenel (pagatore e sostituto di imposta)faceva conseguire che tutto il capitale ricevuto andava qualificato come
sorte capitale attribuita per la cessazione del rapporto di lavoro, per cui
l’intera somma andava soggetta a tassazione separata, come
correttamente effettuato dal sostituto di imposta, con infondatezza,
per tanto, della domanda del contribuente.
Avverso la sentenza Mario Grieco ha proposto ricorso, su due motivi,
resistiti dall’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Motivi della decisione
1.Con il primo motivo —rubricato: violazione delle norme sul
procedimento (art.384 c.p.c. e art.324 cp.c.) ai sensi dell’art.360 c.p.c., comma i
nn.3 e 4 -violazione e falsa applicazione dell’art.2909 c.c. ai sensi dell’art.360
c.p.c. comma i n.3

il ricorrente denuncia come la C.T.R. avesse, con

l’adottata motivazione, disatteso, nella sostanza, il giudicato formatosi
in ordine al già riconosciuto diritto del contribuente al rimborso ed
avesse, non utilizzando le certificazioni rilasciate dall’Enel s.p.a.,
omesso di effettuare il calcolo dei “rendimenti”, così violando il
vincolo del principio di diritto sancito dall’art.384 c.p.c.
1.1. Il motivo è infondato.

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del 29.12.2000 a cui è stata sommata la somma non investita nella PIA.

La sentenza di rinvio questa Corte, in parziale accoglimento del
ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, aveva, in adesione ai
principi fissati dalle Sezioni Unite in materia, riconosciuto in astratto il
diritto del contribuente al rimborso ed aveva, all’uopo, rimesso alla
Commissione Regionale l’accertamento in fatto dell’individuazione degli

enunciato (di cui alla sentenza SS.UU.n.13642/2011) sulla base della
documentazione acquisita in atti ed alla evoluzione nel tempo del rapporto
contributivo. Tale dictum non risulta violato, cosiccome non sussiste
alcuna violazione dell’asserto giudicato interno, avendo il Giudice del
merito, adempiuto, seppur con esito negativo per il contribuente, al
compito demandatogli di verificare, in base alla documentazione
acquisita in atti, se, nella specie, fosse configurabile o meno un
rendimento.
2.Con il secondo motivo si denuncia la sentenza impugnata di
motivazione omessa ovvero illogica ai sensi dei n.ri 4 e 5 del I comma
dell’art.360 c.p.c.
In particolare, secondo il ricorrente, la motivazione della
sentenza impugnata sarebbe illogica laddove aveva ritenuto irrilevanti
le certificazioni depositate in atti, siccome provenienti da Enel s.p.a.
anzicchè dal Fondenel (soggetto pagatore e sostituto di imposta) ed,
invece, idonea la certificazione proveniente da detto Fondo. Ancora,
secondo la prospettazione difensiva i Giudici di appello non avrebbero
esplicitato chiaramente il processo logico seguito in quanto proprio le
certificazioni ritenute inidonee attestavano il “rendimento” ovvero “il
rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del
Fondo del capitale accantonato” come da principio affermato dalle
SS.UU. con sentenza n.13646/11.

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elementi reddituali e contabili idonei alla corretta applicazione del principio sopra

2.1. Il motivo non merita accoglimento. La sentenza impugnata
risulta depositata in data 8/4/2013 con la conseguenza che trova
applicazione la nuova formulazione dell’art.360, I comma, n.5 c.p.c.
introdotta con l’art.54, comma 1, lett.b) del d.l. 22 – giugno 2012 n.83,
convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012 n.134. A

applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a
quello di entrata in vigore della legge di conversione del predetto
decreto.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n.8053 del
07/04/2014 hanno, non solo, ritenuto che le disposizioni sul ricorso
per cassazione, di cui all’art 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in
legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. si applicano anche al ricorso
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che
il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del
d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità, ma
hanno, anche, statuito il principio per cui la rz:formulazione dell’art. 360,
primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012,
n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei
canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo
costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è
denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in
violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza
della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a
prescindere dal confronto con le risultante processuali. Tale anomalia si esaurisce
nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella
“motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”
e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa
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norma, poi, del terzo comma del medesimo art.54, tale disposizione si

qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Ed
ancora che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.,rtformulato dall’art. 54
del di 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce
nell’ordinamento un vizio specifico denunciabi le per cassazione, relativo all’omesso
esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo

le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato
un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle
previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod.
proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso,
il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il
“quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua
“decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di
per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante
in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la
sentenza non abbia dato conto di tutte le risultante probatorie. Alla luce di tali
condivisi principi deve ritenersi che le doglianze avanzate con il mezzo
non rientrano nell’oggetto di sindacato sulla motivazione oggi devoluto
a questa Corte non essendo stata prospettata, nè essendo sussistente
nella sentenza impugnata, una mancanza assoluta ovvero la mera
apparenza di motivazione né un irriducibile contrasto tra affermazioni
inconciliabili, tale non potendo ritenersi neppure la prospettata
illogicità laddove la C.T.R. ha, comunque, coerentemente motivato,
entrando anche nel merito dei contenuti, sulla valenza probatoria
delle certificazioni allegate in atti.
3. Ne consegue il rigetto del ricorso.
4.Le peculiarità e le alterne soluzioni della vicenda processuale
inducono a compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.
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della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra

La Corte rigetta il ricorso.
Compensa integralmente tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 6.5.2015

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