Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13000 del 23/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 23/06/2016, (ud. 02/03/2016, dep. 23/06/2016), n.13000

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10183/2014 proposto da:

M.S.L., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE DI VILLA PAMPHILI, 59, presso lo studio dell’avvocato MARIA

SALAFIA, rappresentata e difesa dagli avvocati VITALIANA VITALETTI

BIANCHINI, RENATO BIANCHINI giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.P., P.P.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE DELLE BELLE ARTI 7, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRA FERRANTI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIACOMO MARIA PERRI giusta procura speciale a margine

del controricorso;

CA.FR.SA., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA MONTE SANTO, 25, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MERLA, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 903/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 03/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato RANIERI RODA per delega;

udito l’Avvocato GIUSEPPE MERLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. M.S.L. convenne in giudizio P. P. e C.P. davanti al Tribunale di Macerata, chiedendo che fosse riconosciuto il suo diritto di riscatto agrario, in qualità di proprietaria coltivatrice diretta di un fondo confinante, in riferimento ad un fondo con annesso fabbricato rurale che i convenuti avevano acquistato dal venditore Ca.

F.S. in violazione del suo diritto di prelazione.

Si costituirono in giudizio i convenuti, eccependo varie ragioni di inammissibilità della domanda e chiedendone il rigetto, ponendo in evidenza, tra l’altro, che il prezzo di acquisto non era quello di Lire 18 milioni risultante dall’atto, bensì quello di Lire 80 milioni da loro effettivamente pagato; chiesero altresì di poter estendere il contraddittorio nei confronti del venditore Ca., per essere dallo stesso garantiti in caso di accoglimento della domanda.

Chiamato in giudizio, Ca.Fr.Sa. si costituì, chiedendo il rigetto della domanda, nonchè eventualmente il riconoscimento dell’effettivo versamento del prezzo di Lire 80 milioni.

Svolta prova per testi ed espletata la richiesta c.t.u., il Tribunale accolse la domanda, dichiarò che l’attrice era divenuta proprietaria dei beni riscattati a condizione del versamento della somma di Euro 15.493,71 in favore dell’acquirente e compensò le spese di giudizio;

in relazione, invece, al giudizio risarcitorio intentato dai convenuti nei confronti del Ca., il Tribunale emise una pronuncia non definitiva di condanna.

2. La sola pronuncia del Tribunale relativa al riscatto è stata impugnata da P.P. e C.P. e la Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 3 dicembre 2013, ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rigettato la domanda di riscatto, condannando l’originaria attrice al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che il primo giudice aveva operato una “non corretta valutazione delle istanze istruttorie, sia quanto alla ricostruzione storica della vicenda sia quanto alla sussistenza dei requisiti soggettivi legittimanti l’azione di retratto agrario”. Modificando il giudizio di attendibilità dei testimoni dato dal Tribunale, la Corte d’appello ha considerato “particolarmente attendibile” la deposizione del teste avv. M. dalla cui deposizione, confermata da quella del teste geom. R., era emerso che alla M. era stato offerto in acquisto l’intero terreno che il Ca.

intendeva vendere. Poichè, però, ella si era dimostrata non interessata alla parte di terreno sulla quale insisteva il fabbricato rurale, il Ca., d’accordo con la M., aveva provveduto al frazionamento dell’intero fondo, stipulando quindi due distinti atti di compravendita, nello stesso giorno e davanti al medesimo notaio; in tal modo, la M. aveva ottenuto una riduzione del prezzo che, dagli originari 200 milioni di Lire chiesti dal venditore, era stato fissato in Lire 80 milioni, prezzo poi effettivamente pagato dagli acquirenti P. e C.. Ad ulteriore conferma del fatto che l’attrice era a conoscenza dell’offerta di vendita compiuta dal Ca. ai coniugi P. e C. stava il fatto che il prezzo era stato ridotto da 200 a 120 milioni di Lire, in considerazione del suddetto scorporo del fondo.

Ha pertanto ritenuto la Corte d’appello che non vi fosse alcun intento fraudolento nell’atto di vendita stipulato tra il Ca. ed i coniugi P. e C., poichè la M. aveva dimostrato “anche attraverso azioni concrete, quali l’accettazione del frazionamento di cui era incaricato un tecnico di sua fiducia e dello scorporo dell’area”, di essere interessata all’acquisto solo di una parte del bene in vendita; e la divisione del fondo del Ca. in due parti aveva consentito che la parte contenente la casa colonica perdesse la sua connotazione di fondo rustico, con conseguente inapplicabilità delle regole sul riscatto agrario. Dal complesso di tali circostanze derivava, secondo la Corte anconetana, che l’intera operazione era stata compiuta non per frustrare il diritto di prelazione della M., quanto piuttosto per pervenire ad una soluzione da lei condivisa; per cui “il diritto di prelazione del confinante, quanto meno per facta concludentia, si era consumato per rinuncia novativa al momento della sottoscrizione da parte della M. del frazionamento”, senza che potesse avere alcun rilievo la mancanza della forma ad substantiam solitamente richiesta.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Ancona propone ricorso Luciana M.S. con atto affidato a tre motivi.

Resistono P.P. e C.P. con un unico controricorso e Ca.Fr.Sa. con un altro separato controricorso, quest’ultimo accompagnato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 e della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 2722, 2724, 2697, 2699 e 2700 c.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 1326, 1329 e 1417 c.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio.

4. La trattazione dei tre motivi di ricorso viene compiuta unitamente.

La ricorrente premette un’ampia ricostruzione in fatto dell’intera vicenda processuale, richiamando tutti i passaggi della motivazione con cui il Tribunale di Macerata aveva accolto la sua domanda di riscatto ed aggiungendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel riformare la decisione di primo grado che era, invece, del tutto corretta. Rammenta che della L. n. 590 del 1965, art. 8, impone, come da giurisprudenza consolidata, di notificare la proposta di alienazione con lettera raccomandata contenente il preliminare di compravendita, rispetto al quale la parte ha un anno di tempo per procedere alla trascrizione; e precisa che la comunicazione che non rispetti le modalità formali non è idonea ai fini dell’esercizio della prelazione, per cui il Ca. le avrebbe dovuto comunicare per iscritto la proposta contrattuale.

Ribadisce la ricorrente di essere in possesso di tutti i requisiti di legge per l’esercizio del riscatto, come già riconosciuto dal Tribunale, aggiungendo che la sentenza d’appello avrebbe compiuto una non corretta valutazione dell’attendibilità dei testimoni ed un’inesatta ricostruzione storica dei fatti. Precisa altresì la ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nel respingere il suo appello incidentale contro la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto di fissare il prezzo del riscatto nella somma di Euro 15.493,71 anzichè in quella di Euro 9.296,22 indicata nel contratto, perchè chi esercita il riscatto è tenuto a versare solo il prezzo risultante dall’atto scritto di compravendita.

5. Il ricorso è inammissibile per una serie di concorrenti ragioni.

Si rileva, innanzitutto, che esso è formulato con una tecnica non rispettosa dei criteri indicati da questa Corte per la redazione dei ricorsi, in quanto i tre motivi sono prospettati in modo confuso, mescolando censure dell’uno e dell’altro, lamentando presunte violazione di legge insieme a censure in fatto, sicchè non è possibile comprendere quale parte del ricorso si dedichi al primo motivo, quale al secondo e quale al terzo; la Corte, quindi, non è posta in condizioni di individuare con la necessaria chiarezza in cosa consistano effettivamente le singole censure.

In secondo luogo – e su questo punto c’è una formale eccezione nel controricorso Ca. (v. pp. 13-15) – il ricorso è formulato senza indirizzare precise censure contro la sentenza d’appello, quanto piuttosto ponendo in luce che era corretta e meglio motivata la decisione del Tribunale, per cui sembra piuttosto un commento integrativo della sentenza di primo grado che non un ricorso per cassazione contro la sentenza d’appello. Singolare è, del resto, che nelle conclusioni finali si chieda la cassazione della sentenza e la conferma di quella del Tribunale, in tal modo dimostrando di non percepire con chiarezza la differenza tra il giudizio di legittimità e quello di merito.

E’ appena il caso di aggiungere, infine, che le censure di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, le quali accompagnano quelle di violazione di legge all’interno di ciascuno dei tre motivi di ricorso, sono tutte inammissibili, trattandosi di ricorso soggetto, ratione temporis, al regime del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modifiche, nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

6. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

Il conseguente passaggio in giudicato della sentenza d’appello, che ha respinto la domanda di riscatto proposta dalla M. S., rende non necessaria alcuna ulteriore pronuncia in ordine alla questione prospettata nel controricorso Ca.

(v. p. 20) a proposito della domanda con la quale la stessa parte aveva chiesto la riforma della pronuncia del Tribunale con riguardo al risarcimento del danno da evizione. L’assorbimento di ogni altra questione, già pronunciato dalla Corte d’appello, rende infatti superflua ogni ulteriore affermazione sul punto.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare le competenze professionali.

Sussistono anche le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente quanto al Ca. in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, e quanto ai P. – C. in complessivi Euro 2.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 2 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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