Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13000 del 23/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13000 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 29032-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, – società con socio unico -, in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentente, pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.LE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
FIORILLO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
OTTOMANO MASSIMO;
– intimato avverso la sentenza n. 6675/2012 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 10/12/2012, depositata l’11/12/2012;

Data pubblicazione: 23/06/2015

.1

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 6
maggio 2015, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente

“La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 18 dicembre 2012,
confermava la decisione del Tribunale in sede nella parte in cui aveva
dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro
intercorso tra Ottomano Massimo e Poste Italiane s.p.a. per il periodo
11.4 — 30.6.2000 e la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato
tra le parti sin dalla data di assunzione con condanna della società a
riammettere il servizio il ricorrente, riformandola sul capo relativo alla
conseguenze economiche derivate dalla declaratoria di nullità
condannando Poste Italiane al pagamento, a titolo di indennità ex art.
32 della legge n. 183 del 2010, di quattro mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto.
Il termine al contratto era stato apposto ” per esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi
processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e di attesa
dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle
risorse umane”.
La Corte territoriale rilevava che il contratto era stato stipulato
dopo lo spirare del termine massimo di vigenza della contrattazione
che autorizzava le ipotesi “ulteriori” di legittima apposizione del
termine ai contratti di lavoro con la società Poste Italiane (e cioè dopo
il 30/4/1998).

Ric. 2013 n. 29032 sez. ML – ud. 06-05-2015
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relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

Applicava, quindi, lo ius superveniens determinando l’indennità di cui
all’art. 32 , co.5 ° , della L. n. 183/2010 nei termini sopra indicati.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso Poste Italiane
s.p.a. affidato a tre motivi.
L’Ottomano è rimasto intimato.

L. 26 febbraio 1987, n. 56, art. 23, dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994,
nonché degli accordi sindacali del 25.9.1997, del 18.1.1998, del
27.4.1998, del 2.7.1998, del 24 maggio 1999 e del 18.1.2001, in
connessione con l’art. 1362 c.c. e segg. – art. 360 c.p.c., n. 3. Si assume
che, facendo corretta applicazione dei criteri ermeneutici di cui all’art.
1362 c.c. e segg., e, in particolare, ricercando la volontà comune delle
parti nello stipulare l’integrazione all’art. 8 CCNL 1994, doveva
concludersi che gli accordi collettivi non fissavano alcun limite
temporale alla stipula dei contratti a termine.
Con il secondo mezzo si deduce omessa ed insufficiente motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio assumendosi che la
Corte territoriale aveva esposto in modo inidoneo le ragioni circa il
rapporto, asseritamente sussistente, tra il contratto collettivo,
l’Accordo sindacale del 25.9.1997 ed i successivi ed. accordi attuativi,
in relazione alla esistenza del supposto limite temporale.
Entrambi i motivi , da trattare congiuntamente in quanto
logicamente connessi, sono infondati.
Ed infatti la costante giurisprudenza di questa Corte ritiene che la L.
28 febbraio 87, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione
collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie
tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 nonché dal
D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n.
79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto
Ric. 2013 n. 29032 sez. ML – ud. 06-05-2015
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Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione della

di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei
sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di
figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per
legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).
Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato,

integrativo del 25.9.97, la giurisprudenza considera corretta
l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento agli accordi
attuativi sottoscritti lo stesso 25.9.97 e il 16.1.98, ha ritenuto che con
tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza
dapprima fino al 31.1.98 e poi (in base al secondo accordo) fino al
30.4.98 della situazione di fatto integrante delle esigente eccezionali
menzionate dal detto accordo integrativo. Per far fronte a tali esigenze
l’impresa poteva dunque procedere ad assunzione di personale con
contratto tempo determinato solo fino al 30.4.98, di modo che
debbono ritenersi privi di presupposto normativo i contratti a termine
stipulati successivamente. Le parti collettive, dunque, avevano
raggiunto un’intesa senza limite temporale ed avevano poi stipulato
accordi attuativi che tale limite avevano posto, fissandolo prima al
31.1.98 e dopo al 30.4.98, per cui l’indicazione di quella causale nel
contratto a termine avrebbe legittimato l’assunzione solo se il contratto
fosse scaduto dopo il 30.4.98 (v., exp/urimis, Cass. 23.8.06 n. 18378).
La giurisprudenza ha, altresì, ritenuto irrilevante l’accordo 18.01.01
perché stipulato dopo oltre due anni dall’ultima proroga, e cioè quando
si era già perfezionato il diritto all’accertamento della nullità. Anche se
con quell’accordo le parti avessero voluto interpretare autenticamente
gli accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a
termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.09.97 (ormai
scaduto), comunque sarebbe stato violato il principio
Ric. 2013 n. 29032 sez. ML – ud. 06-05-2015
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quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui all’accordo

dell’indisponibilità del diritto dei lavoratori, dovendosi escludere che le
parti stipulanti potessero, con detto strumento, autorizzare ex post
contratti a termine non più legittimi perché adottati in violazione della
durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.03.04 n. 5141).
L’esistenza delle esigente eccezionali è dunque negozialmente

termine stipulati entro tale data è basata su una ricognizione di fatto
derivante direttamente dal sistema normativo nato dall’attuazione
dell’art. 23. Essendo stato il contratto dell’Ottomano stipulato per un
periodo successivo al 30.4.1998 i motivi sono infondati.
Con il terzo motivo si deduce violazione a falsa applicazione dell’art.
32, comma 5 0 L. n. 183/2010 nonché dell’art. 8 della legge n. 604 del
1966 assumendosi che la Corte di Appello aveva errato
nell’applicazione dei criteri di cui all’art. 8 cit. omettendo di dare rilievo
alla prolungata inerzia dell’Ottomano prima di contestare la nullità
dell’apposizione del termine al contratto de quo.
Il motivo è inammissibile.
Ed infatti, in applicazione dei principi generali in materia di sindacato
di legittimità, con particolare riferimento all’art. 360 cod. proc. civ.,
deve affermarsi, coerentemente con quanto più volte statuito da questa
Corte in tema di indennità di cui all’art. 8 della legge n. 604 del 1966
(cfr. Cass. 5 gennaio 2001 n. 107; Cass. 15 maggio 2006 n. 11107;
Cass. 14 giugno 2006 n. 13732; da ultimo, con riferimento all’art. 32
comma 5 0 , per tutte, vedi Cass. n. 8747/2014) che la determinazione
tra il minimo e il massimo della misura dell’indennità de qua spetta al
giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per
motivazione assente, illogica o contraddittoria.
Nel caso in esame la Corte territoriale ha tenuto conto, come si
evince dalla lettura della motivazione, dei criteri stabiliti nell’art. 8 della
Ric. 2013 n. 29032 sez. ML – ud. 06-05-2015
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riconosciuta fino al 30.04.98, di modo che la legittimità dei contratti a

legge n. 604 del 1966 ( la breve durata del rapporto di lavoro, il
comportamento del lavoratore che aveva atteso oltre tre anni prima di
dedurre l’illegittimità del contratto) ed ha concluso nel senso che ha
ritenuto congruo determinare l’indennità onnicomprensiva in quattro
mensilità.

ordinanza ex art. 375 n. 5 c.p.c..”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione e, dunque, rigetta il
ricorso.
Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio in quanto
l’Ottomano è rimasto intimato.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art.
13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale
disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data
successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al
momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la
ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774
del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza
dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art.1, comma
17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle
spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in

Ric. 2013 n. 29032 sez. ML – ud. 06-05-2015
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Alla luce di quanto esposto si propone il rigetto del ricorso, con

rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13
maggio 2014).

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso, nulla per le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto

ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2015
sidente

della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della

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