Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1300 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2021, (ud. 06/11/2020, dep. 22/01/2021), n.1300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Bianca Margerita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27885/2015 proposto da:

BNP PARIBAS SA, BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, in persona dei

rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.

Gabriele Escalar ed elettivamente domiciliata presso il suo studio

in Roma, Via G. Mazzini n. 11;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, (C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, Via dei

Portoghesi 12, è domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 655/17/15 della Commissione tributaria

Regionale Toscana, sezione Firenze, depositata il 14/04/2015;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2020

dal Consigliere Dott. Stefano Pepe.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. La Commissione tributaria regionale della Toscana, con la sentenza n. 655/17/15, depositata il 14/04/2015, rigettava l’appello proposto dalla BNP Paribas S.A., quale incorporante della Banca Nazionale del Lavoro e, per l’effetto, confermava la sentenza di primo grado che aveva dichiarato legittimo l’avviso di liquidazione delle imposte di registro afferenti alla fideiussione indicata nel decreto ingiuntivo ottenuto dalla Banca per il mancato rimborso delle somme da questa erogate in forza di un contratto di mutuo agrario, sul presupposto dell’applicabilità del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, comma 2.

3. Avverso tale sentenza la contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

4. L’agenzia dell’Entrate depositava controricorso.

5. In prossimità della camera di consiglio la contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, del medesimo D.P.R., art. 6, parte prima della Tariffa, del D.P.R. n. 601 del 1973, artt. 15,16 e 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62.

La ricorrente rileva che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che la fideiussione enunciata in un provvedimento giudiziale, quale quello di specie costituito da un decreto ingiuntivo, è soggetta all’imposta di registro nella misura proporzionale dello 0,5 per cento prevista dal citato art. 6. Tale affermazione, infatti, non terrebbe conto del fatto che la garanzia in esame è relativa ad un finanziamento a medio o lungo termine assoggettato ad imposta sostitutiva ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15 e ss..

A parere del ricorrente sarebbe, infatti, irrilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, la circostanza che nel decreto ingiuntivo sia menzionata la garanzia fideiussoria prestata a favore della banca ricorrente in ragione del mutuo da questa erogato, essendo stata la suddetta garanzia personale già oggetto di tassazione separata ex art. 15 cit..

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione agli artt. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62.

Con tale censura la ricorrente rileva che, seppure la CTR, da un lato, sembra aver correttamente inteso il motivo di appello relativo alla inapplicabilità alla fideiussione collegata al contratto di mutuo dell’imposta di registro del D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 15, dall’altro, riconduce tale motivo a una presunta eccepita non riconducibilità del decreto ingiuntivo nella nozione di atto giudiziario ex art. 15 cit., con conseguente omessa motivazione sulla domanda proposta così incorrendo anche nel vizio di extra petizione.

La ricorrente rileva, infatti, di aver richiesto l’annullamento dell’avviso di accertamento non in quanto esso assoggettava ad imposta di registro il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Grosseto, ma per aver sottoposto ad imposta di registro in misura proporzionale la fideiussione ivi enunciata.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia il vizio di nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR rigettato l’appello affermando che nella specie trovava applicazione il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, comma 2, senza alcuna ulteriore specificazione.

4. Il primo motivo è fondato.

La questione sottoposta alla Corte è se l’esenzione dall’imposta di registro, “compensata” dall’imposta sostitutiva, venga meno allorquando vengano adite le vie giudiziarie. Ovvero, quali siano i limiti della deroga prevista dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, comma 2.

In sostanza non si controverte circa l’assoggettamento ad imposta di registro del decreto ingiuntivo quale atto giudiziario, bensì del sè, tramite esso, è possibile sottoporre alla suindicata imposta la fideiussione indicata nel decreto ingiuntivo già soggetta ad imposizione sostitutiva.

4.1 Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, stabilisce che sono sottoposti all’imposta di registro gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili “che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi (…)”.

Ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta su tali atti occorre individuare la base imponibile, cioè il valore economico dell’atto da tassare, sia l’aliquota applicabile, cioè la misura percentuale di incidenza del tributo, avendo comunque previsto il legislatore che l’imposta liquidata non potrà in nessun caso essere inferiore alla misura fissa indicata nell’ art. 11, Tariffa medesima, parte I, attualmente pari ad Euro 200,00 del citato D.P.R. n. 131, art. 41, comma 2.

In particolare, per determinare la base imponibile di un atto giudiziario occorre far riferimento agli effetti che esso in concreto determina, laddove il cennato D.P.R., art. 43, comma 4, – attraverso un rinvio per relationem – rende applicabili ai provvedimenti giurisdizionali gli stessi criteri di computo della base imponibile previsti per gli altri tipi di atti (pubblici e privati) che producono analoghi effetti giuridici.

Le aliquote applicabili sono stabilite dall’art. 8, Tariffa, parte I, in relazione a categorie omogenee di atti giudiziari; aliquota pari al 3% nel caso di provvedimenti, come quello in esame, di ingiunzione.

Sulla liquidazione dell’imposta può influire l’eventuale individuazione, da parte dell’ufficio finanziario, di atti non registrati enunciati all’interno del provvedimento giudiziario trasmesso dalla cancelleria per la registrazione, prevedendo il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, che “se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69”.

Attraverso l’art. 22 T.U.R., il legislatore fiscale ha così voluto evitare potenziali elusioni di imposta che avrebbero potuto verificarsi laddove all’interno di un atto presentato per la registrazione fossero state inserite disposizioni contenute in altri atti scritti o contratti verbali mai registrati in precedenza e stipulati tra le stesse parti intervenute nell’atto contenente l’enunciazione. Tipico esempio si ha quando il titolo giudiziale, nella specie decreto ingiuntivo, trova origine da scritture private o fatture commerciali azionate per l’ottenimento del provvedimento monitorio. In questi casi, per effetto dell’art. 22 cit., l’Amministrazione liquiderà l’imposta anche in relazione a tali atti (in misura proporzionale secondo le pertinenti aliquote oppure in misura fissa, in caso di atti soggetti ad IVA), applicando altresì eventuali sanzioni nel caso in cui emerga l’enunciazione di atti che avrebbero dovuto essere registrati in termine fisso.

A fronte di tale generale disciplina dell’imposta di registro, il D.P.R. n. 601 del 1973, al Titolo IV (Agevolazioni per il settore del credito) art. 15 (Operazioni di credito a medio e lungo termine), nel testo vigente ratione temporis, prevede che “(1) Le operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine e tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate (…) sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle tasse sulle concessioni governative. (2) In deroga al precedente comma, gli atti giudiziari relativi alle operazioni ivi indicate sono soggetti alle suddette imposte secondo il regime ordinario e le cambiali emesse in relazione alle operazioni stesse sono soggette all’imposta di bollo di lire 100 per ogni milione o frazione di milione. (3) Agli effetti di quest’articolo si considerano a medio e lungo termine le operazioni di finanziamento la cui durata contrattuale sia stabilita in più di diciotto mesi”

Il successivo art. 17 (Imposta sostitutiva), sempre nel testo applicabile ratione temporis, sanciva che “(1) Gli enti che effettuano le operazioni indicate negli artt. 15 e 16, sono tenuti a corrispondere, in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative, una imposta sostitutiva (2) Per gli istituti di credito (…), l’imposta sostitutiva comprende anche le imposte di bollo e di registro, le imposte ipotecarie e catastali e le tasse sulle concessioni governative sugli altri atti ed operazioni che detti istituti pongono in essere per il loro funzionamento e per lo svolgimento della loro attività, in conformità alle norme legislative o agli statuti che li reggono, salvo quanto stabilito nell’art. 15, comma 2, per gli atti giudiziari e le cambiali”.

4.2 Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, va osservato che nella specie non si verte in tema di esenzione fiscale ma di mera agevolazione, realizzata con il metodo della imposizione sostitutiva, di talchè occorre tenere conto del fatto che una imposta (sostitutiva) è stata già pagata e, quindi, bisognerebbe giustificare la “replica impositiva” sulla base di un diverso ed autonomo presupposto di imposta per evitare di incorrere nel vizio della doppia imposizione. Va, infatti, osservato che non è controverso tra le parti che la fideiussione riportata nel decreto ingiuntivo richiamato nell’avviso di accertamento impugnato è afferente ad una operazione di finanziamento rientrante tra quelle specificamente disciplinate, ai fini fiscali, dal D.P.R. n. 601 del 1973, artt. 15 e 16, e, in particolare, di un contratto di mutuo agrario stipulato il (OMISSIS) della durata, comunque, superiore a 18 mesi.

4.3 Questa Corte, con indirizzo univoco (n. 22829 del 2013 n. 3428 del 2004, n. 4586 del 2002), pienamente condiviso dal Collegio, ha affermato il principio secondo cui ” In tema di agevolazioni tributarie al credito alla cooperazione, il fatto che il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 15, comma 2, non estenda l’assoggettamento delle operazioni di credito ad un’unica imposta sostitutiva anche per gli atti giudiziari ad esse relativi (i quali perciò sono soggetti ad imposizione secondo il regime ordinario), non comporta che le operazioni in questione, per essere enunciate in sede di quegli atti giudiziari, divengano soggette anche ad imposta di registro ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 22, che disciplina l’imposizione degli atti “enunciati” e non registrati e non riguarda nè l’enunciazione di atti esenti, nè gli atti soggetti ad imposizione sostitutiva, i quali, avendo già scontato detta imposta, non possono essere nuovamente soggetti ad imposizione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto non dovuta, in quanto già assolta in via sostitutiva, l’imposta relativa alla registrazione di un contratto di conto corrente e della garanzia fideiussoria, enunciati nel decreto ingiuntivo”.

4.4 Nella specie la CTR non ha fatto corretto uso di tali principi, assumendo rilievo la circostanza che l’Amministrazione, con l’avviso di accertamento impugnato, ha assoggettato al pagamento dell’imposta di registro il decreto ingiuntivo, ma non con l’aliquota degli atti giudiziari, bensì in misura proporzionale pari allo 0,50 prevista dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, allegata Tariffa, Parte Prima, per la fideiussione; atto quest’ultimo già oggetto di pagamento dell’imposta sostitutiva del D.P.R. n. 601 del 1973, ex artt. 15 e art. 17.

5. Avendo il Collegio riconosciuto che, in punto di diritto, l’imposta relativa alla registrazione della garanzia fideiussoria enunciata nel decreto ingiuntivo, non era dovuta, in quanto già assolta in via sostitutiva, i restanti motivi restano assorbiti e non risultano necessari ulteriori accertamenti in fatto, deve, pertanto, essere accolto il ricorso introduttivo della contribuente inteso ad ottenere il rimborso dell’imposta pagata.

6. Le spese processuali dei gradi di merito vengono compensate in ragione del consolidarsi soltanto nel corso dei medesimi del su riportato indirizzo di legittimità; le spese del giudizio di cassazione vengono invece poste a carico della parte soccombente. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1- quater.

PQM

La Corte:

– Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo e il terzo, cassa e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo di parte contribuente.

– Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.200,00, oltre spese ed accessori; compensa il merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, in corso di conversione in legge, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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