Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1300 del 22/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1300 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: GIACALONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 17495-2012 proposto da:
ZANIN MASSIMO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
PAOLO MERCURI 8, presso lo studio dell’avvocato SQUARCIA
EMANUELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GAGGIOLI SILVANO, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE in persona del suo
procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MARCO ATTILIO 14, presso lo studio dell’avvocato MATTICOLI
MARIO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale alle liti
che viene allegata in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/01/2014

avverso la sentenza n. 771/2011 della CORTE D’APPELLO di
TRIESTE del 20.7.2011, depositata il 30/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI
GIACALONE;

scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
ANTONIETTA CARESTIA che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2012 n. 17495 sez. M3 – ud. 07-11-2013
-2-

udito per il ricorrente l’Avvocato Emanuele Squarcia che si riporta agli

49) R. G. n. 17495/2012
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa indicata in premessa. é stata depositata la seguente relazione:
1. “La sentenza impugnata (Corte d’App. Trieste, 30/11/2011) ha, per
quanto qui rileva, rigettato l’appello proposto Massimo Zanin avverso la
sentenza emessa dal Tribunale di Gorizia, che non aveva accolto la sua

pagamento della somma di 51.631,94 euro, sostenendo che, in base alla sua
qualifica di dirigente nella società Goriziane s.p.a., parte nel contratto
stipulato con la Cattolica Ass.ni contro gli infortuni professionali e a causa
di un incidente extra lavorativo che gli causava un’invalidità permanente del
9%, la Cattolica avesse errato nell’applicazione del sistema di calcolo
previsto dall’art. 4, appendice 2 del contratto, secondo cui il massimale era
pari alla retribuzione annua più elevata tra i dirigenti, ante infortunio,
moltiplicata per sei. La Corte d’Appello di Trieste non accoglieva le
domande dell’odierno ricorrente, ritenendo che l’importo di Lire 624
milioni non era mai stato modificato né si poteva ritenere che il contratto
contenesse una clausola volta a consentire il suo automatico aggiornamento
annuale, concludendo che “ad altra interpretazione, nel rispetto dei criteri
ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e seguenti c.c., non sia consentito
pervenire”.
1. – Ricorre per Cassazione lo Zanin con tre motivi di ricorso; resiste con
controricorso la Cattolica Ass.ni Spa. Le censure lamentate dal ricorrente
sono:
2.1 — Violazione delle norme contenute nell’art. 132, n. 4 c.p.c. e 118 disp.
att. c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., nella parte in cui la sentenza
afferma che, da un lato, l’importo di 624 milioni di lire non sia stato mai
modificato e il contratto non contiene clausole che consentono il
loro automatico aggiornamento e, dall’altro, che l’aumento della
retribuzione dei dirigenti influenza il calcolo dell’indennizzo solo qualora
l’importo della retribuzione annua moltiplicata per sei sia inferiore alla
somma di lire 624 milioni, non quando lo stesso sia superiore: tali
assunti sarebbero in contrasto tra loro perché la sentenza afferma che il
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domanda volta ad ottenere, dalla società Cattolica di Assicurazione, il

contratto non contiene clausole che permettono il suo aggiornamento
automatico e poi statuisce che l’aumento delle retribuzioni dei dirigenti
influenza il calcolo dell’indennizzo solo, però, nel caso in cui l’importo
della retribuzione moltiplicata per sei sia inferiore a lire 624 milioni.
Secondo l’odierno ricorrente, il giudice avrebbe dovuto affermare, o che
il contratto non contiene clausole che ne permettono l’aggiornamento
automatico oppure che le contiene, ma devono valere anche nel caso in cui

2.2 — Violazione degli artt. 1362 e segg. c.c., in particolare dell’art. 1363
c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., essendosi la Corte d’Appello
limitata a ritenere che non si possa pervenire ad altra interpretazione delle
norme contrattuali sulla base dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e
segg. c.c., senza fornire alcuna motivazione e senza confutare le tesi
dell’odierno ricorrente; inoltre, si lamenta la violazione del principio
giurisprudenziale secondo cui il rilievo da assegnare alla formulazione
letterale deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale;
2.3 — Violazione dell’art. 1362 c.c. e segg., in particolare dell’art. 1366 c.c.
in relazione all’art. 360, n. 3 e n. 5 c.c., per non avere la Corte Territoriale
esaminato i contenuti dell’ulteriore motivo d’appello, circa il
riconoscimento operato dal giudice di primo grado sulla incongruità in
termini di equilibrio economico del contratto tra le parti contraenti, secondo
cui la Corte non potrebbe affermare, sic et simpliciter, che non si possa
pervenire ad un’altra interpretazione delle clausole contrattuali nel rispetto
dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e segg. c.c.
3. — Il ricorso è manifestamente privo di pregio.
3.1 — Il primo motivo di ricorso è manifestamente inammissibile per
mancanza di tassatività e specificità del motivo di censura. Infatti, secondo
l’orientamento di questa S.C., è inammissibile il ricorso per cassazione nel
quale la parte abbia erroneamente inquadrato, tra quelli previsti dall’art. 360
cod. proc. civ., il vizio che ha inteso denunciare, esigendo la tassatività e la
specificità del motivo di censura una precisa formulazione, di modo che
detto vizio rientri nelle ipotesi tassative enucleate dal codice di rito (Cass.
8585/2012; 18202/2008). Senza considerare che tale censura è altresì
infondata in quanto, in materia di contenuto della sentenza, affinché sia
integrato il vizio di “mancanza della motivazione” agli effetti di cui all’art.
4

l’importo risultante sia superiore a 624 milioni di lire;

132, n. 4, cod. proc. civ., occorre che la motivazione manchi del tutto – nel
senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo
svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna
argomentazione – ovvero che essa formalmente esista come parte del
documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente
contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come
giustificazione del “decisum” (Cass. 20112/2009; 22979/2004). Nel caso in

esame, invece, il giudice ha motivato la decisione affermando che l’aumento
della retribuzione dei dirigenti, che secondo le previsioni contrattuali
concorre a determinare il premio dovuto, influenza il calcolo
dell’indennizzo solo se l’importo della retribuzione annua (calcolata ai sensi
dell’art. 4) moltiplicata per sei, sia inferiore alla somma di lire 624 milioni,
ma non quando l’importo stesso sia superiore.
3.2 — Il secondo e terzo motivo — che possono essere trattati congiuntamente
data l’intima connessione — implicano valutazioni di merito. Secondo
l’orientamento di questa S.C., in tema di ermeneutica contrattuale,
l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio
si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile
in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di
violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt.
1362 e seguenti cod. civ. (Cass. 17168/2012; 13242/2010). La sentenza
impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati,
condividendo quanto statuito dal giudice di primo grado e non la tesi
sostenuta dall’odierno ricorrente. Peraltro, per sottrarsi al sindacato di
legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non
deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma
una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una
clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è
consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal
giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata
privilegiata l’altra (Cass. 24539/2009; 10131/2006).
4. – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai
sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso.”
La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai
difensori delle parti costituite.
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Li■

Non sono state presentate memorie né conclusioni scritte.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il Collegio ha
condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente
infondato;
le spese seguono la soccombenza;

P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, che liquida in Euro 3750,00=, di cui Euro 3550,00= per
compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2013.

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

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