Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 130 del 08/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/01/2010, (ud. 01/12/2009, dep. 08/01/2010), n.130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20576/2008 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’Avvocato BAVARESE SILVIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 82/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di NAPOLI del 21/02/07, depositata il 26/09/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’01/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. DI IASI Camilla;

udito l’Avvocato Savarese Silvio, difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. VELARDI Maurizio che

condivide la relazione scritta.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. B.C. propone ricorso per cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza n. 82/03/07, depositata il 26-09-07, con la quale, in controversia concernente impugnazione di cartella di pagamento relativa a Irpef per l’anno 1997, la C.T.R. Campania confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso della contribuente.

2. L’unico motivo di ricorso (col quale si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e L. n. 289 del 2002, art. 10 oltre che erronea applicazione del D.L. n. 79 del 1997, art. 9 bis) si apre con il seguente quesito di diritto: “esamini e decida la Corte di cassazione se ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, L. n. 289 del 2002, art. 10 e D.L. n. 79 del 1997, art. 9 bis, comma 18 convertito in L. n. 140 del 1997, il termine per la notifica degli avvisi di accertamento sia entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentaat la dichiarazione”.

In tali termini il motivo è inammissibile per inidonea formulazione del quesito di diritto, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la funzione propria del quesito di diritto è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il motivo che (come nella specie) si concluda con un quesito astratto e assolutamente generico in quanto privo di ogni specifità in relazione alla corrispondente “ratio decidendi” della sentenza impugnata e la cui formulazione sia del tutto inidonea ad esprimere rilevanza della risposta al quesito ai fini della decisione del motivo ed a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (v. tra molte altre cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del 2009, nonchè SU n. 7257 del 2007 e SU n. 7433 del 2009).

E’ poi appena il caso di evidenziare che l’abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c. ad opera della L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d) si applica, a norma della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 1, ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 800,00 di cui Euro 600,00 per onorari oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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