Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12999 del 23/06/2016

Cassazione civile sez. III, 23/06/2016, (ud. 02/03/2016, dep. 23/06/2016), n.12999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21219/2013 proposto da:

SOCIETA’ AGRICOLA VISI SRL, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, amm.re unico L.S.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. BAGLIVI 3, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO TRAMONTANO, che la rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C.

MIRABELLO C/O AVV. RUSSO, presso lo studio dell’avvocato ERMETE

SOTIS, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1210/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato FRANCESCO TRAMONTANO;

udito l’Avvocato ERMETE SOTIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine per

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Agricola Visi s.r.l. agì per sentir dichiarare la cessazione di un contratto di affitto di fondo rustico stipulato con D.A., che conteneva una pattuizione di deroga alla durata legale.

Il Tribunale di Latina, Sez. Spec. Agraria rigettò la domanda ritenendo l’invalidità dell’accordo in deroga, in quanto il contratto era stato sottoscritto dalla sola organizzazione professionale agricola della concedente e altresì – in quanto non era risultato provato il carattere stagionale del rapporto agrario;

al contempo, il Tribunale dichiarò improponibile, perchè non preceduta dal tentativo di conciliazione, la domanda riconvenzionale della D., volta ad accertare la durata quindicennale del contratto.

La Corte di Appello di Roma ha rigettato il gravame proposto dalla società Agricola Visi, che ricorre ora per cassazione affidandosi a tre motivi; resiste l’intimata a mezzo di controricorso illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello ha affermato che:

– le rinunce e transazioni aventi ad oggetto i diritti dell’affittuario di fondo rustico compiute senza l’assistenza prevista dalla L. n. 203 del 1982, art. 45, sono annullabili, ai sensi della L. n. 11 del 1971, art. 23, commi 1 e 2;

– anche laddove sia prescritta l’azione di annullamento, l’affittuario può opporre l’invalidità in via di eccezione, semprechè la sua volontà di non abdicare ai propri diritti sia stata espressa entro il termine di decadenza semestrale previsto dall’art. 2113 c.c.;

– l’eventuale decadenza dell’affittuario dev’essere eccepita tempestivamente dal concedente;

– nel caso di specie, l’eccezione di decadenza era stata tardiva giacchè, a fronte dell’eccezione di invalidità sollevata dalla D. con la memoria di costituzione, la Agricola Visi aveva dedotto l’avvenuta decadenza soltanto in sede di note conclusive;

– ricorreva la dedotta invalidità dell’accordo in deroga, in quanto la previsione della L. n. 203 del 1982, art. 45, comportava la necessità che l’assistenza fosse prestata alle parti da soggetti distinti, a tutela dei contrapposti interessi, e non risultava pertanto sufficiente l’assistenza prestata unicamente dal sindacato di categoria della proprietaria affittante;

– non era, peraltro, applicabile la L. n. 203 del 1982, art. 56 (comportante l’esclusione del regime della legge per i contratti stagionali o intercalari) per l’assorbente ragione che non risultava che fra le parti fosse intercorso un contratto di natura associativa (la cui esistenza non era stata neppure allegata dalla società appellante).

2. Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e della L. n. 203 del 1982, art. 45, oltre a “mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione” e “vizio di ultrapetizione”.

La ricorrente lamenta che la Corte – come già il Tribunale – aveva contraddittoriamente accolto l’eccezione di inefficacia dell’accordo in deroga pur avendo dichiarato improponibile la domanda della D. volta ad accertare la durata quindicennale del contratto; evidenzia che, in tal modo, la Corte era incorsa in “grave vizio di ultrapetizione”, non essendovi “corrispondenza tra quanto era stato efficacemente richiesto” e quanto pronunciato.

3. Il secondo motivo (“omessa esposizione dei motivi di diritto fondanti la decisione violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. – contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione”) investe la parte della sentenza che ha ritenuto invalido l’accordo in deroga per il fatto che l’affittuaria non era stata assistita da un proprio rappresentante delle organizzazioni professionali e censura la Corte per avere omesso qualunque comparazione fra l’orientamento giurisprudenziale da essa recepito e quello di segno opposto sostenuto dalla Agricola Visi, suffragato anch’esso da precedenti di legittimità: assume la ricorrente che “se è certamente consentito al Giudicante fare riferimento a precedenti conformi, deve ritenersi ai fini della completezza della motivazione, che in presenza di tesi giuridiche affrontate in senso contrario e difformi da coeve pronunce di legittimità, il Giudice mostri il percorso logico-giuridico che lo ha portato a preferire l’una rispetto all’altra tesi”.

4. Il terzo motivo (“omessa, insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio – omessa istruzione probatoria incompleta, insufficiente motivazione – errata interpretazione di chiare risultanze documentali”) censura la sentenza nella parte in cui ha escluso l’applicabilità della L. n. 203 del 1982, art. 56, rilevando che la Corte non aveva motivato sul fatto che dalla lettura del documento contrattuale emergeva che il terreno era stato concesso – dal febbraio al settembre 2007 – per uso stagionale (coltivazione di pomodori) e non aveva ammesso le prove (per testi e per interpello) richieste dalla concedente.

5. Va premesso, in riferimento a tutti motivi, che sono inammissibili le censure motivazionali proposte ai sensi del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto la sentenza è stata pubblicata nel marzo 2013, e quindi in epoca successiva all’entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, che ha circoscritto la possibilità di scrutinare il vizio motivazionale all’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione fra le parti.

5.1. Quanto agli altri profili di censura, deve osservarsi quanto segue.

Il primo motivo è infondato: atteso che, ai sensi dell’art. 1442 c.c., u.c., l’annullabilità di un contratto può essere opposta dalla parte convenuta a prescindere dall’avvenuta proposizione di una domanda di annullamento o dalla impossibilità di proporla, la Corte ben poteva esaminare l’eccezione nonostante la dichiarazione di improponibilità della domanda riconvenzionale (cfr. Cass. n. 19985/2004, Cass. n. 12083/2015, Cass. n. 11182/2002).

Infondato è anche il secondo motivo.

La Corte ha correttamente applicato la giurisprudenza di legittimità che, ai fini della validità di accordi agrari in deroga a disposizioni imperative, richiede una distinta assistenza per ciascuna delle parti (cfr. Cass. n. 18654/2003, Cass. n. 7351/2009 e Cass. n. 1364/2012) e non era tenuta a dar conto di eventuali indirizzi contrari, giacchè la motivazione della sentenza non ha finalità persuasive, bensì unicamente giustificative della decisione adottata.

Per di più, i precedenti richiamati dalla ricorrente (Cass. n. 22185/2009 e Cass. n. 20739/2009), lungi dall’affermare tout court la sufficienza di un unico rappresentante di organizzazione professionale per entrambe le parti stipulanti, si limitano a sostenere che è sufficiente che sia stata prestata assistenza all’affittuario, ribadendo pertanto la necessità che l’affittuario sia assistito da un proprio rappresentante (evenienza pacificamente non verificatasi nel caso in esame).

Il terzo motivo è inammissibile, oltre che per le ragioni di carattere generale di cui alla premessa, per il fatto che non attinge in alcun modo l’affermazione (su cui è fondata l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 56) della natura non associativa del contratto.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza.

7. Trattandosi di giudizio esente dal versamento del contributo unificato, non si applica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 5.000,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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