Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12999 del 23/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12999 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 20030-2013 proposto da:
SQUILLACE MARIO GIOVANNI (SQLMGV22H60H903Y)
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA N. 80,
presso lo studio dell’avvocato ANGELO FRANCESCO MAGRI’,
rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO ROMEO giusta
procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, – società con socio unico -, in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE MAZZINI
134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, rappresentata e
difesa dall’avvocato GAETANO GRANOZZI giusta delega a margine
del controricorso e ricorso incidentale;

Data pubblicazione: 23/06/2015

- controricorrente e ricorrente incidentale nonché contro
SQUILLACE MARIO GIOVANNI 6QLMGV22H60H903Y,)
\
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA N. 80,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO ROMEO giusta
procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente – ricorrenti-incidentali,avverso la sentenza n. 252/2013 della CORTE D’APPELLO di
REGGIO CALABRIA dell’8/02/2013, depositata 1’01/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito l’Avvocato Angelo Francesco Macrì (delega avvocato Vincenzo
Romeo) difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 6
maggio 2015, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con sentenza del 1° marzo 2013 la Corte di Appello di Reggio
Calabria, confermava la decisione del primo giudice di rigetto della
domanda proposta da Squillace Mario Giovanni nei confronti di Poste
Italiane s.p.a. ed intesa alla declaratoria di nullità del termine apposti ai
contratti stipulati tra esso ricorrente e detta società per i periodi dal
13.10.98 al 31.1.99 e dal 3 al 31.10.2000 con conseguente condanna
della resistente a reintegrarlo in servizio nonché al pagamento delle
retribuzioni maturate.

Ric. 2013 n. 20030 sez. ML – ud. 06-05-2015
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presso lo studio dell’avvocato ANGELO FRANCESCO MACRI’,

Il termine ai contratti era stato apposto “per esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi
processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e di attesa
dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle

La Corte territoriale rilevava che il rapporto si fosse risolto per
mutuo consenso desumibile dai comportamenti tenuti dal lavoratore
incompatibili con la volontà di prosecuzione del rapporto, come già
correttamente ritenuto dal Tribunale.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso lo Squillace
affidato a due motivi.
Poste Italiane s.p.a. resiste con controricorso e propone ricorso
incidentale fondato su un unico motivo.
Con i due motivi del ricorso principale si deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 1372, co.1° , 1419, co. 2°, 2120 e 2697 c.c. (
primo mezzo) nonché degli art.. 116 c.p.c. e 2729 c.c ( secondo
motivo) in relazione all’art. 360, co.1° n. 3 c.p.c..
Si assume che la Corte di appello erroneamente aveva ritenuto
ricorrente una ipotesi di scioglimento del rapporto per mutuo
consenso senza considerare che il mero decorso del tempo era un
elemento di per sé solo inidoneo a significare una inequivocabile
volontà della parte di risolvere il rapporto ciò in considerazione della
imprescrittibilità dell’azione di nullità del termine ex art. 1422 c.c. . Ed
infatti le altre circostanze considerate — l’accettazione incondizionata
del TFR e la mancata offerta delle proprie prestazioni lavorative — non
potevano in alcun modo connotare la mera inerzia nel senso ritenuto
nella impugnata sentenza.

Ric. 2013 n. 20030 sez. ML – ud. 06-05-2015
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risorse umane”.

Entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente
connessi, sono fondati.
Invero, l’indirizzo consolidato di questa stessa Sezione (Cass. sez. lav.
n. 5887 dell’1/3/2011; Cass. sez. lav. n. 23057 del 15/11/2010; Cass.
sez. lav. n. 26935 del 10/11/08; Cass. sez. lav. n. 17150 del 24/6/08;

17/12/04; Cass. sez. lav. n. 17674 dell’1/12/02) è nel senso di ritenere
che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a
termine è di per sè insufficiente a far considerare sussistente una
risoluzione del rapporto per mutuo consenso in quanto, affinché possa
configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata – sulla
base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo
contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalla parti e di
eventuali circostanze significative — una chiara e certa comune volontà
delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto
lavorativo, sicché la valutazione del significato e della portata del
complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui
conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non
sussistono vizi logici o errori di diritto.
D’altra parte, come è noto, l’azione diretta a far valere la illegittimità
del termine apposto al contrasto di lavoro, per violazione delle
disposizioni che individuano le ipotesi in cui è consentita l’assunzione a
tempo determinato, si configura come azione di nullità parziale del
contratto per contrasto con nome imperative ex artt. 1418 e 1419,
comma 2°, c.c. Essa, pertanto, ai sensi dell’art. 1422 c.c., è
imprescrittibile, pur essendo soggetti a prescrizione i diritti che
discendono dal rapporto a tempo indeterminato risultante dalla
conversione “ex lege” per illegittimità del termine apposto. Ne
consegue che il mero decorso del tempo tra la scadenza del contratto e
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Cass. sez. lav. n. 20390 del 28/9/07; Cass. sez. lav. n. 23554 del

la proposizione di siffatta azione giudiziale con può, di per sé solo,
costituire elemento idoneo ad esprimere in maniera inequivocabile la
volontà delle parti di risolvere il rapporto a tempo indeterminato
risultante dalla conversione ovvero, in un ottica che svaluti il ruolo e la
rilevanza della volontà delle parti intesa in senso psicologico, elemento

tacito mutuo consenso (v. Cass., 15/12/97 n. 12665; Cass., 25/3/93 n.
824 e da ultimo Cass. sez. lav. n. 23057 del 15/11/2010). Comunque,
consentendo l’ordinamento di esercitare il diritto entro limiti di tempo
predeterminati, o l’azione di nullità senza limiti, il tempo stesso non
può contestualmente e contraddittoriamente produrre, da solo e di per
sé, anche un effetto di contenuto opposto, cioè l’estinzione del diritto
ovvero una presunzione in tal senso, atteso che una siffatta
conclusione sostanzialmente finirebbe per vanificare il principio
dell’imprescrittibilità dell’azione di nullità e/o la disciplina della
prescrizione, la cui maturazione verrebbe “contra legem” anticipata
secondo contingenti e discrezionali apprezzamenti. Per tali ragioni
appare necessario, per la configurabilità di una risoluzione per mutuo
consenso, manifestatasi in pendenza del termine per l’esercizio del
diritto o dell’azione, che il decorso del tempo sia accompagnato da
ulteriori circostanze oggettive le quali, per le loro caratteristiche di
incompatibilità con la prosecuzione del rapporto, possano essere
complessivamente interpretate nel senso di denotare “una volontà
chiara e certa della parti di volere, d’accordo tra loro, porre
definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo” (v. anche Cass.,
2/12/2000 n. 15403; Cass., 20/4/98 n. 4003).
Tali non possono ritenersi le circostanze indicate dal giudice del
gravame (in effetti solo il decorso del tempo accompagnato dalla
inerzia della lavoratrice e l’accettazione del TFR) che già in altre
Ric. 2013 n. 20030 sez. ML – ud. 06-05-2015
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obiettivo, socialmente e giuridicamente valutabile come risoluzione per

pronunce di questa Corte, per il loro significato non univoco, non
sono state apprezzate come fatti concludenti ai fini della
configurazione di una ipotesi di risoluzione del rapporto per mutuo
consenso. Non va neppure sottaciuto che non erano trascorsi neppure
tre anni tra la scadenza dell’ultimo contratto a termine stipulato tra le

conciliazione ( 4 aprile 2003) momento questo dal quale,
evidentemente, a maggior ragione il mero decorso del tempo non
poteva avere alcun significato nel senso attribuitogli dalla Corte di
Appello.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce la nullità della
impugnata sentenza in relazione all’art. 112 c.p.c. ( art. 360, co.1° n. 4
c.p.c.) e violazione e falsa applicazione della regola dell’antecedente
logico necessario desumibile dall’art. 34 c.p.c. ( art. 360, co.1° n. 3
c.p.c.). Si argomenta che la Corte Territoriale avrebbe dovuto,
seguendo l’ordine logico delle questioni sottoposte al suo esame, prima
di rigettare l’appello principale, statuire sull’appello incidentale
proposto dalla società con il quale erano state ribadite le difese spiegate
in primo grado e relative alla legittimità del termine apposti ai contratti
stipulati con lo Squillace.
Il motivo risulta assorbito dall’accoglimento del ricorso principale. Ad
ogni buon conto è anche infondato in quanto non vi era alcuna
ragione per la quale la Corte di merito avrebbe dovuto esaminare
l’appello incidentale di Poste Italiane risultata, all’esito del rigetto del
gravame principale proposto dal lavoratore, totalmente vittoriosa.
Quanto alla violazione dell’ordine logico delle questioni da trattare
vale ricordare il principio della ragione più liquida che impone un
nuovo approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano
dell’impatto operativo piuttosto che su quello tradizionale della coerenza
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parti ( 31 ottobre 2000) e l’inoltro della missiva di avvio del tentativo di

logico-sistematica e consente di sostituire il profilo di evidenza a quello
dell’ordine di trattazione delle questioni cui all’art. 276 cod. proc. civ.,
con una soluzione pienamente rispondente alle esigenze di economia
processuale e di celerità del giudizio, ormai anche costituzionalizzata
(cfr., in termini espressi, Cass. 11 novembre 2011, n. 23621 e,

giudicato implicito, Cass., sez. un., 12 ottobre 2011, n. 20932; Cass., sez.
un., 9 ottobre 2008, n. 24883; Cass., sez. un., 18 dicembre 2008, n.
29523; Cass. 16 maggio 2006, n. 11356).
Per tutto quanto sopra considerato, previa riunione dei ricorsi ai
sensi dell’art. 335 c.p.c., si propone, ex art. 375 cod. proc. civ., n. 5,
l’accoglimento del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale,
con cassazione della impugnata sentenza e rinvio alla Corte di Appello
a designarsi.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
Poste Italiane ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui si
ripropongono le argomentazioni di cui al controricorso che non
valgono a scalfire il contenuto della riportata relazione pienamente
condivisa dal Collegio in quanto in linea con il consolidato indirizzo di
questa Corte.
Pertanto, previa riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la
medesima sentenza ( ex art. 335 c.p.c.), va accolto il ricorso principale,
assorbito quello incidentale, e l’impugnata sentenza deve essere cassata
con rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria in diversa
composizione che provvederà anche in ordine alle spese del presente
giudizio di legittimità.

Ric. 2013 n. 20030 sez. ML – ud. 06-05-2015
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indirettamente, sulle conseguenze di tale postulato in materia di

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di
stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti

avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è
perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario
(Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il
presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai
sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nel testo introdotto dall’arti, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n.
228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del
rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante,
del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

P.Q.M.
La Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, assorbito
l’incidentale, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello
di Reggio Calabria in diversa composizione anche per le spese del
presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2015
idente

iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame,

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