Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12997 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 30/06/2020), n.12997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31460-2018 proposto da:

G.M.T., M.O., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato IVON POSTERARO;

– ricorrenti –

contro

MI.SA., in proprio ed in qualità di legale rappresentante

della MEDITECH SAS di MI.SA. & C, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ILDEBRANDO GOIRAN, 23, presso lo studio

dell’avvocato UGO SARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato VITO

CALDIERO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 499/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 16/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa GORGONI

MARILENA.

Fatto

RILEVATO

che:

G.M.T. e M.O. ricorrono per la cassazione della sentenza n. 499/2018 della Corte d’Appello di Catanzaro, pubblicata il 16 marzo 2018, articolando due motivi.

Resiste con controricorso Mi.Sa..

I ricorrenti espongono in fatto di avere fatto opposizione al decreto n. 155/2011, emesso dal Tribunale di Paola, che ingiungeva loro di pagare, in favore di Mi.Sa., in proprio e quale legale rappresentante di Meditech s.a.s. di Mi.Sa. & C., la somma di Euro 154.503,45, oltre agli interessi legali dall’1 gennaio 2011 fino all’effettivo soddisfo, adducendo che, la scrittura privata sottoscritta in data 21 maggio 2010, con cui si erano assunti l’obbligo di rimborsare i finanziamenti effettuati da Mi.Sa. nei confronti della società Meditech era anteriore alle cessione delle loro quote societarie a Salvatore Mi., avvenuta con atto pubblico del 2 agosto 2010, e che, trattandosi di un debito societario, dovessero essere applicati gli artt. 2467,2269 e 2290 c.c. in tema di responsabilità del nuovo socio e del socio uscente.

Mi.Sa. eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, sostenendo che il riconoscimento del debito era avvenuto da parte degli odierni ricorrenti a titolo personale e non nella qualità di soci.

Il Tribunale di Paola, con sentenza n. 442/2013, rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo, tenuto conto del tenore della scrittura privata – che nella parte introduttiva faceva riferimento alla veste di soci degli opponenti, mentre, invece, nella parte finale, ove era prevista l’assunzione del debito, non vi si faceva più cenno – e del contenuto del successivo atto di cessione delle quote societarie – che non conteneva alcun riferimento alla scrittura privata -.

La Corte d’Appello di Catanzaro, cui si rivolgevano gli odierni ricorrenti per impugnare la decisione di prime cure, pur riconoscendo che la scrittura privata era stata sottoscritta dalle parti in causa in qualità di soci, riteneva che essa documentasse un normale accordo tra soci, una sorta di patto parasociale, del tutto autonomo e distinto dal contratto di società, dal quale derivavano diritti ed obblighi in capo ai soci firmatari e non alla società. Ciò risultava comprovato dal fatto che la decisione non fosse stata assunta con delibera assembleare. Dedotta dalla somma ingiunta la quota del 25% spettante allo stesso Mi.Sa., e revocato il decreto ingiuntivo, il Giudice d’Appello condannava G.M.T. e B.O., in solido, al pagamento di Euro 139.503,45 a favore di Mi.Sa., oltre agli interessi legali dall’1 gennaio 2011, e poneva a loro carico le spese di lite.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 1322 c.c. in relazione all’art. 2467 c.c. nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

La tesi formulata è che la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto del comportamento complessivo delle parti allo scopo di ricostruirne l’effettivo intento, piuttosto che limitarsi a considerare il tenore letterale dell’accordo raggiunto; in particolare, avrebbe dovuto trarre le conseguenze derivanti dall’avvenuta cessione delle partecipazioni societarie a Mi.Sa. e dall’omessa indicazione degli impegni assunti con la scrittura privata nell’atto di cessione, anche allo scopo di verificare i vantaggi che il cessionario aveva tratto complessivamente dalla rilevazione del 99% della società, visto che, concretamente, senza farsi carico di trasferire alla società l’obbligo di rimborso dei finanziamenti che erano stati assunti nell’interesse della medesima, Mi.Sa. si sarebbe avvantaggiato di una doppia fonte di credito. In aggiunta, il Giudice avrebbe dovuto trarre elementi di prova dalla spiegazione che Mi.Sa. aveva dato della scrittura privata per cui è causa – evitare che il suo credito fosse postergato alla soddisfazione degli altri creditori, subendo la sorte dei finanziamenti dei soci – e dalla illogicità insita nella scelta di accollarsi un debito della società – peraltro, senza stipulare un atto pubblico nè ricorrere ad una scrittura privata autenticata – con liberazione del debitore principale se a distanza di due mesi avesse ceduto le proprie quote della società – tornata in bonis proprio per effetto di tale accordo privativo – a Mi.Sa..

2. Con il secondo motivo i ricorrenti censurano la sentenza gravata per omesso esame di un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La censura investe la motivazione con cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’obbligo di rimborso fosse stato assunto a titolo personale – data la mancanza di una delibera assembleare – ritenuta assolutamente apparente, avendo il giudice a quo posto a fondamento della sentenza “argomentazioni che manifestano una presa di posizione su determinati fatti, senza però fornire al proposito giustificazioni tali da rendere esplicita la ratio decidendi”, muovendo, invece, da affermazioni apodittiche che non hanno spiegato perchè i soci non avrebbero dovuto sottoscrivere una scrittura privata in nome e per conto della società e che hanno omesso di considerare che se i soci si fossero accollati i debiti della società avrebbero dovuto indicare scadenze fisse e prestabilite e non impegnarsi ad una generica restituzione del finanziamento a partire dall’1 gennaio 2011.

3. I motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè risultano affetti dal medesimo limite: tutto il ricorso è incentrato sulla interpretazione della scrittura privata del 21 maggio 2010, il cui testo non viene riprodotto nel ricorso, al fine di soddisfare il principio di autosufficienza e che non è neppure indicata specificamente tra i documenti depositati con il ricorso.

Inoltre, entrambi i motivi evocano risultanze di fatto senza parimenti rispettare il principio dianzi richiamato.

Il ricorso deve dunque considerarsi inammissibile, in quanto la sua illustrazione si fonda sul contenuto di un documento, ma non osserva nessuno dei contenuti dell’indicazione specifica prescritta dall’art. 366 c.p.c., n. 6, norma che costituisce il precipitato normativo del detto principio di autosufficienza (Cass. 25/03/2013, n. 7455 del 2013), in quanto: a) non ne trascrive direttamente il contenuto per la parte che dovrebbe sorreggere la censura, nè, come sarebbe stato possibile in alternativa, lo riproduce indirettamente indicando la parte del documento, in cui troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione; b) non indica la sede del giudizio di merito in cui il documento venne prodotto; c) non indica la sede in cui in questo giudizio di legittimità il documento, in quanto prodotto (ai diversi effetti dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) sarebbe esaminabile dalla Corte; d) non fa riferimento – indicazione necessaria come alternativa ai fini del rispetto della localizzazione, per esentarsi dall’onere di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – alla presenza del documento nel fascicolo d’ufficio o nel fascicolo di controparte (come consente Cass., Sez. un., 03/11/2011, n. 22726).

Tale vizio assume carattere assorbente rispetto agli altri profili di inammissibilità riscontrati: basti pensare che quando si faccia questione dell’interpretazione di un atto, non basta opporre a quella della Corte d’Appello un proprio alternativo approdo ermeneutico, non richiedendosi che quella offerta dal giudice di merito sia l’unica interpretazione possibile e/o necessariamente la migliore, ma occorre individuare specificamente in che modo la sentenza impugnata si sia discostata dai canoni interpretativi previsti dal codice civile.

5. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

7.Si dà atto della insussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, essendovi stata ammissione al gratuito patrocinio.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in cancelleria il 30 giugno 2020

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