Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12993 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12993 Anno 2015
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 1658-2008 proposto da:
RAGGI HOLDING S.P.A.,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato PIETRO MIGLIOSI, giusta procura della
2015

memoria di costituzione;
– ricorrente

972
contro

FALLIMENTO DELLA RAGGI HOLDING S.P.A., in persona

Data pubblicazione: 23/06/2015

del Curatore dott.

ANDREA VASCONI, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TUSCOLANA 851, presso
l’avvocato PERRELLA FESTA ANGELO, rappresentato e
difeso dall’avvocato MARCO FABRIZI, giusta procura
in calce al controricorso;
controricorrente –

avverso la sentenza n. 269/2007 della CORTE
D’APPELLO di PERUGIA;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 26/05/2015 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato MIGLIOSI
PIETRO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato FABRIZI
MARCO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso.

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Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 12/7/2007, la Corte d’appello di
Perugia ha respinto l’appello proposto dalla Raggi Holding
s.p.a. avverso la sentenza dichiarativa del fallimento
della società, resa dal Tribunale di Terni, ravvisando atti
di frode ai creditori ex art.173 1.f. nel corso della
procedura di omologa del concordato preventivo con cessione
dei beni, la cui proposta aveva già ottenuto l’approvazione
dei creditori.
La Corte del merito, premesso che la notifica al curatore
aveva ottenuto il risultato a cui era finalizzata, stante
la costituzione della parte, e posta l’irrilevanza della
questione di diritto, tra l’altro genericamente esposta,
della normativa applicabile, atteso che era stata resa la
dichiarazione di fallimento ai sensi dell’art.173, norma
rimasta immutata dall’entrata in vigore della 1.
fallimentare, ha rilevato che gli atti di frode
evidenziavano sottrazione dell’attivo, di non elevatissima
entità, ma non risibile, avvenuta scientemente, posto che
non era stato evidenziato alcun errore, del resto
difficilmente configurabile.
Nello specifico, ha rilevato che la destinazione di somme
al sostentamento dei tre nuclei familiari era illecita,
configurando distrazione di somme della società; che
distrazione era ravvisabile nella vicenda dei 14,000 euro,
non giustificata se non dalla duplicazione delle voci del

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rendiconto, né la parziale restituzione elideva il fatto
storico, ma solo parzialmente le conseguenze dannose; che,
quanto alla vicenda dei canoni non percepiti, la mancata
percezione di tale rendita, inserita nelle voci attive del
piano di concordato, era stata giustificata da ultimo dalla

necessità di rimediare ad inadempienze di società diversa
appartenente alla medesima famiglia che controlla la Raggi,
ed anche qui era evidente la distrazione di beni sociali.
Tali fatti giustificavano il giudizio di frode, avvalorato
dalla condotta tenuta dalla società per nascondere agli
organi della procedura ed ai creditori le distrazioni, ed
infatti, dapprima si era omessa la rendicontazione, poi era
stata indicata falsamente l’autorizzazione alla spesa di
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euro 30.000 anziché 20.000, e quindi era stato fatto
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ricorso a duplicazione di voci nella rendicontazione, ed
erano state date due diverse giustificazioni per la mancata
percezione dei canoni.
Secondo la Corte del merito era anche evidente la carenza
di specificità di motivi d’appello, che non evidenziavano
come detti atti fossero stati compiuti non scientemente né
menzionavano la vicenda della mancata percezione dei
canoni, integrante da sola atto di frode.
Ricorre la società, sulla base di tre motivi.

I
Si difende il Fallimento.
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La ricorrente ha depositato la memoria ex art.378 c.p.c.

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Motivi della decisione
1.1.Col primo motivo, la ricorrente si duole del vizio di
e motivazione sulle questioni di rito sollevate: la
controversia era stata instaurata il 1/3/2006, mentre il
Tribunale aveva applicato la legge fallimentare riformata,

e la sentenza avrebbe dovuto essere notificata presso il
domicilio eletto nello studio del difensore e non presso la
sede legale della società.
1.2.- Col secondo motivo, la ricorrente si duole della
violazione

e

falsa

sostenendo di avere

applicazione

dell’art.173

1.f.,

evidenziato la carenza del dolo

specifico.
1.3.- Col terzo,

denuncia la violazione o

falsa

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applicazione dell’art.18 1.f., per non avere la Corte
g

d’appello esercitato i poteri inquisitori spettanti per
legge.
2.1.- Il ricorso è improcedibile, ex art. 369, 2 ° comma,
n.2 c.p.c.
La ricorrente ha infatti proposto ricorso avverso la
sentenza della Corte d’appello del 12/7/2007, assumendo
l’avvenuta notificazione della pronuncia in data 6/11/2007,
ma si è limitata a depositare la copia autentica della
sentenza senza la relazione di notificazione, non
ottemperando al disposto di cui all’art.369, 2 ° comma n.2
t

c.p.c., così incorrendo nella sanzione di improcedibilità,
che la norma citata esplicitamente prevede.

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E, come ritenuto nella pronuncia delle sezioni unite,
9005/2009( e conforme la successiva pronuncia
6706/2013),l’onere di deposito a pena di improcedibilità,
entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369
c.p.c., della copia della decisione impugnata con la

relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è
funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione
a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non
disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della
cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio
del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta
la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto
con l’osservanza del cosiddetto termine breve; nell’ipotesi
in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente,
alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata,
limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza
impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per
cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando
possibile evitare la declaratoria di improcedibilità
soltanto attraverso la produzione separata di una copia con
la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell’art.
372 c. p. c., applicabile estensivamente, purché entro il
termine di cui al primo coma dell’art. 369 cod. proc.
civ., e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo
dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del
termine breve da parte del controricorrente ovvero del
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deposito da parte sua di una copia con la relata o della
presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui
emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione.
3.1.- Va pertanto dichiarato il ricorso improcedibile; le
spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono

P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso; condanna la
società ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in
euro

8000,00,

oltre euro 200,00 per esborsi; oltre spese

forfettarie di legge.
Così deciso in Roma, in data 26 maggio 2015
Il

idente

la soccombenza.

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