Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12992 del 23/06/2016

Cassazione civile sez. III, 23/06/2016, (ud. 18/02/2016, dep. 23/06/2016), n.12992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16205/2013 proposto da:

M.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE G. MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE MARTINI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE

PORZIO con studio in ACQUAPPESA, VIA C. COLOMBO 32 giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI COSENZA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1070/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 13/10/2012, R.G.N. 933/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE PORZIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. M.P. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Paola l’ASL n. (OMISSIS) di Paola per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a causa del negligente e imperito trattamento sanitario prestatogli presso il locale presidio ospedaliero. Esponeva che, in seguito all’infortunio occorsogli il (OMISSIS), veniva sottoposto il (OMISSIS) ad un primo intervento di “meniscectomia selettiva per via artroscopica”; che, persistendo forti dolori, il (OMISSIS), era costretto a subire, presso la medesima struttura, intervento di “rimozione frammento meniscale”, in quanto nel precedente intervento erano stati lasciati frammenti di menisco; che, continuando ad avvertire dolori, veniva sottoposto ad un terzo intervento, in data (OMISSIS), sempre presso il nosocomio di (OMISSIS), a causa di “esiti meniscectomia ginocchio sinistro, fibrosi del portale artroscopico”. Ciò nonostante, avvertendo ancora disturbi, si sottoponeva a risonanza magnetica presso altro ospedale in esito alla quale veniva formulata la seguente diagnosi: “esiti di escissione del corpo del menisco mediale con residuo del corno anteriore ed in parte del corno posteriore – il legamento crociato anteriore si mostra assottigliato”. Si recava, infine, presso gli Ospedali Civili di (OMISSIS), dove, nel corso dell’intervento effettuato il (OMISSIS), veniva rilevata “grave condilopatia del condilo mediale e del piano tibiale mediale, dovuta al precedente intervento chirurgico”.

Nel contraddittorio con l’ASL, il Tribunale, disposta consulenza medico legale, accoglieva per quanto di ragione la domanda e condannava l’ASL al pagamento della somma di Euro 15.290,01, oltre interessi e spese del giudizio.

2. Interposto gravame dal M., la Corte d’appello di Catanzaro, disposto il rinnovo della consulenza, con sentenza del 13 ottobre 2012, confermava la sentenza impugnata e dichiarava compensate tra le parti le spese del grado.

3. Contro la suddetta sentenza M.P. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza (subentrata all’ASL) non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso M.P. denuncia “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218, 2697 e 2727 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Sostiene il ricorrente che spettava all’ASL fornire la prova che la scelta professionale effettuata dai sanitari di non intervenire chirurgicamente il (OMISSIS) sul legamento crociato anteriore del quale avevano diagnosticato la lesione fosse la più idonea nel caso concreto e che gli esiti di danno riscontrati a (OMISSIS) fossero stati causati non dalla scelta non interventistica dei sanitari paolani o dalla errata esecuzione dell’intervento artroscopico, ma da un evento imprevisto ed imprevedibile che da solo fosse stato causa del danno.

Il motivo è infondato.

L’onere probatorio gravante sulla struttura sanitaria risulta assolto alla stregua delle risultanze dell’indagine peritale espletata in appello che, nel confermare le valutazioni del C.T.U. di primo grado, ha escluso, sulla base del quadro risultante dalla risonanza magnetica effettuata a distanza di sei mesi dall’intervento artroscopico, il nesso causale tra la condotta colposa (sotto altri profili) dei sanitari dell’ospedale di (OMISSIS) e il danno cartilagineo riscontrato in occasione dell’intervento eseguito a (OMISSIS). Al riguardo, la corte territoriale ha osservato, richiamando le argomentazioni tecniche svolte dal C.T.U. nominato in appello, non sottoposte a critica dal ricorrente, che la risonanza magnetica “non ebbe a segnalare alcun specifico quadro anatomo-

radiologico a carattere patologico, quadro che certamente non poteva mancare in presenza di una grave condropatia”, escludendo così in radice ogni possibilità da parte dei sanitari paolani di intervenire al fine di evitare l’insorgenza del danno cartilagineo che aveva poi determinato la necessità dell’intervento eseguito a (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo si lamenta “omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione in ordine alle risultanze della C.T.U., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, fatto controverso e decisivo del giudizio”.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere, in conformità delle conclusioni cui erano pervenuti entrambi i consulenti tecnici d’ufficio (in primo grado e in appello), ritenuto corretto l’approccio terapeutico di non intervenire chirurgicamente sul legamento crociato anteriore in un paziente come il M. con “basse richieste funzionali e con basse sollecitazioni dell’articolazione”, nonostante l’odierno ricorrente, all’epoca dell’infortunio, svolgesse un’attività lavorativa – operarlo alle dipendenze dell’ENEL – che implicava l’espletamento di pesanti mansioni.

Il motivo è inammissibile.

La censura, difatti, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, basata, come sopra evidenziato, sulla non evidenza di un quadro patologico all’esito della risonanza magnetica effettuata a distanza di pochi mesi dall’intervento artroscopico.

Inoltre, la doglianza, per come formulata, impinge nel merito della controversia e si risolve nella denuncia di un vizio di motivazione, non più censurabile in sede di legittimità a seguito del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile alla sentenza impugnata ratione temporis.

3. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere quindi rigettato.

Nulla per le spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, il ricorrente è tenuto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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