Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12991 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 30/06/2020), n.12991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35610-2018 proposto da:

P.A.R., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO ZAGARIA;

– ricorrente –

contro

B.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO ALBANESE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 849/2018 del TRIBUNALE di MATERA, depositata

il 15/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

Fatto

CONSIDERATO

che:

P.A.R. proponeva opposizione ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c., a seguito della notificazione di un precetto, su titolo giudiziale, effettuata da parte dell’affermato creditore opposto B.B., deducendo, per quanto ancora qui rileva, la mancata notifica del titolo esecutivo e la non spettanza, “ratione temporis”, delle spese generali relative ai compensi legali;

il Tribunale, dato atto della rinuncia parziale al precetto e alla pretesa a seguito della parimenti parziale sospensione del titolo pronunciata nelle more dalla Corte di appello in sede d’impugnazione della sentenza oggetto d’intimazione di pagamento, rigettava nel resto l’opposizione rilevando, in particolare, la ritualità della notificazione del titolo esecutivo;

avverso questa decisione ricorre per cassazione P.A.R. articolando tre motivi;

resiste con controricorso B.B. che ha inoltre depositato memoria.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 617,615,618 bis c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di pronunciare sulla sospensiva e poi di fissare il termine per l’inizio del giudizio di merito, violando l’inderogabile struttura bifasica dell’opposizione esecutiva;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 140, c.p.c., in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poichè il Tribunale avrebbe erroneamente mancato di vagliare specificatamente il procedimento notificatorio del titolo esecutivo che aveva registrato l’invio della raccomandata di avviso di deposito nella casa comunale dell’atto notificato, a indirizzo diverso da quello di residenza del deducente che, pertanto, non lo aveva mai ricevuto;

il deducente aggiunge sul punto che il giudice di merito non aveva rilevato, come avrebbe potuto, la violazione del previsto termine di 10 giorni liberi tra la notifica del titolo asseritamente effettuata e la notifica del precetto;

con il terzo motivo, indicato sub 4) – dopo affermazioni sub n. 3) non distinguibili come censure riconducibili a quelle proprie del giudizio di legittimità – si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 140 del 2012, art. 1, comma 2, poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di rilevare che la previsione di debenza delle spese generali indicate in precetto era invece stata abrogata nel regime per tempo applicabile;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità della memoria inviata a mezzo posta: va ribadito che, nel giudizio di cassazione, le memorie ex art. 380 bis, c.p.c., se depositate con la suddetta modalità, devono essere dichiarate inammissibili e il loro contenuto non può essere preso in considerazione, non essendo applicabile per analogia l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, disposizione che riguarda esclusivamente il ricorso e il controricorso (cfr., da ultimo, Cass., 27/11/2019, n. 31041);

nel merito cassatorio, il primo motivo di ricorso è infondato;

l’inderogabile struttura bifasica richiamata in ricorso riguarda le opposizioni esecutive successive all’inizio del procedimento coattivo, posto il raccordo necessario con la competenza funzionale del giudice dell’esecuzione (Cass., 11/10/2018, n. 25170, Cass., 12/11/2108, n. 28848);

nella fattispecie, trattandosi di opposizione esecutiva preventiva, la contrazione delle fasi, latamente cautelare e di pieno merito, non può ritenersi parimenti in violazione delle medesime esigenze pubblicistiche, e, al contempo, la parte non deduce quale correlativa lesione al proprio diritto di difesa ne sarebbe derivata;

questa Corte ha più volte ribadito che i vizi dell’attività del giudice che possano comportare la nullità della sentenza o del procedimento, rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunciato “error in procedendo” (cfr., ad es., Cass., 02/02/2018, n. 2626);

il secondo motivo è in parte inammissibile, in parte manifestamente infondato;

come dedotto e documentato con il controricorso, piuttosto che compiutamente nel ricorso con conseguente violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, e secondo quanto parimenti verificabile in atti, la notifica in parola, ritenuta corretta dal Tribunale che ha esplicitamente statuito sul punto con accertamento fattuale anche se espresso per sintesi complessiva, è stata effettivamente eseguita a norma dell’art. 140, c.p.c., con affissione alla porta dell’abitazione di residenza, correttamente individuata secondo quanto pacifico; deposito alla casa comunale; e invio della raccomandata di avviso di tale deposito presso l’indirizzo di residenza medesimo, con immissione nella cassetta postale stante il nuovo mancato rinvenimento del destinatario o di persone abilitate;

solo successivamente risulta esservi stato invio del plico postale non ritirato, al mittente avvocato che aveva richiesto la notificazione;

i fatti sono quindi stati sussunti correttamente nella fattispecie legale e non corrispondono a quelli che parte ricorrente vorrebbe fossero diversamente ricostruiti;

fermo che la parte non risulta aver dedotto di non aver potuto conoscere il contenuto del titolo neppure a seguito dell’opposizione esecutiva introdotta, con conseguente operatività della sanatoria per raggiungimento dello scopo ex art. 156, c.p.c., ne deriva che la censura dev’essere disattesa come anticipato;

va precisato che il profilo dell’omesso rilievo d’ufficio dell’asserita violazione del termine di 10 giorni liberi, che la parte afferma ma non dimostra, ex art. 366 c.p.c., n. 6, di aver dedotto quale motivo di opposizione, risulta comunque inammissibile, per un verso non essendo specificato a cosa la parte si riferisca posto che l’art. 482, c.p.c., prevede un termine simile tra la notifica del precetto e l’inizio dell’esecuzione, e per altro verso mancando una censura di omessa pronuncia quanto alla ventilata proposizione del tema con il ricorso originario;

il terzo motivo è manifestamente inammissibile perchè, senza che risulti alcun giudicato ostativo, si tratta di motivo di opposizione all’esecuzione e dunque la sentenza era appellabile e non direttamente ricorribile per cassazione;

infatti, qualora una opposizione in materia esecutiva possa scindersi in un duplice contenuto, in parte riferibile a un’opposizione agli atti esecutivi e in parte riferibile a un’opposizione all’esecuzione, l’impugnazione della conseguente sentenza deve seguire il diverso regime previsto per i distinti tipi di opposizione (Cass., 27/08/2014, n. 18312; Cass., 29/09/2015, n. 19267, in cui è precisato che solo se il giudice di merito abbia pronunciato esclusivamente sull’opposizione formale ritenendola assorbente, come nella fattispecie odierna non è accaduto, è proponibile il ricorso diretto per cassazione; Cass., 18/07/2016, n. 14661, in cui è precisato che ove vengano decisi solo i motivi qualificabili come opposizione agli atti esecutivi, la denunzia di omessa pronunzia sugli altri motivi, integranti opposizione all’esecuzione, va proposta mediante appello e non con ricorso straordinario per cassazione);

spese secondo soccombenza, con la richiesta distrazione.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del controricorrente liquidate in Euro 2.000,00, oltre a 200,00 per esborsi, 15 per cento di spese forfettarie e accessori legali, con distrazione in favore dell’avvocato Antonio Albanese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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