Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12991 del 23/06/2016

Cassazione civile sez. III, 23/06/2016, (ud. 18/02/2016, dep. 23/06/2016), n.12991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16139/2013 proposto da:

GESTIONE COMMISSARIALE EX ULSS DI (OMISSIS), (OMISSIS)1 in

persona del Commissario Liquadatore p.t. Prof. Dott. V.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POSTUMIA 3,

presso lo studio dell’avvocato GIULIO MICIONI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GAETANO LUCA RONCHI giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.S.L., D.P.D. in proprio anche quale

Amministratrice di Sostegno di D.S.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI ANGELOZZI, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GIANFRANCESCO IADECOLA, GIOVANNI GEBBIA

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.S.S., MILANO AMTCURAZIONI SPA;

– intimati –

e contro

REGIONE ABRUZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difesa per legge;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 661/2012 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 17/05/2012, R.G.N. 313/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito l’Avvocato GAETANO RONCHI;

udito l’Avvocato GIOVANNI MARCANGELI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione del settembre 2004 D.S.L. e D.P.D., in proprio e quali genitori esercenti la potestà sul figlio minore D.S.S., esponevano quanto segue.

Il 27 maggio 1988 la sig.ra D.P. veniva ricoverata, per rottura intempestiva delle membrane ovulari al settimo mese di gravidanza, presso l’Ospedale di (OMISSIS), ove partoriva il (OMISSIS). Il neonato, un’ora dopo il parto, veniva trasferito presso l’Ospedale di (OMISSIS). Il (OMISSIS) dell’anno successivo i genitori, stante l’atteggiamento ipotonico del figlio, lo sottoponevano a visita specialistica presso la USL di (OMISSIS), ove per la prima volta veniva effettuata la diagnosi di ritardo motorio in ex prematuro. Successivamente il piccolo Simone veniva visitato presso l’Università di L’Aquila, ove si accertava che era affetto da “paralisi cerebrale infantile, tipo tetraparesi spastica in esiti di sofferenza asfittica perinatale”.

Premesso che con lett. racc. del 7 dicembre 1998 avevano formulato specifica richiesta di risarcimento dei danni, D.S.L. e D.P.D. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Teramo, sezione distaccata di Giulianova, la Gestione Commissariale ex ULSS di (OMISSIS), in persona del commissario liquidatore, e il Dott. T.D. chiedendo che ne venisse dichiarata la responsabilità contrattuale, con condanna dei convenuti al risarcimento dei danni correlati alla grave patologia da cui era affetto il figlio S., determinata da colpa professionale dei sanitari nonchè da carenze della struttura ospedaliera.

Si costituivano, con separate comparse, il Dott. T. e la Gestione Commissariale eccependo la prescrizione del diritto azionato e contestando nel merito la pretesa risarcitoria.

La Gestione Commissariale chiedeva ed otteneva di chiamare in causa la Milano Assicurazioni, la quale, costituitasi, aderiva alle conclusioni dell’assicurato.

Il Tribunale, con sentenza non definitiva del 15 febbraio 2006, accoglieva l’eccezione di prescrizione del Dott. T., rigettando invece le eccezioni di prescrizione formulate dalla Gestione Commissaria le e della compagnia assicuratrice.

2. Interposto gravame dalla Gestione Commissariale, la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 27 maggio 2012, confermava la pronuncia impugnata e condannava la Gestione Commissariale al pagamento delle spese del grado.

3. Contro la suddetta sentenza la Gestione Commissariale propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi ed illustrato da memoria. Resistono con controricorso D.S.L. e D. P.D., i quali hanno altresì depositato memoria.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2946 e 2947 c.c.. Omessa e comunque carente motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”.

Sostiene la ricorrente che, vertendosi in materia di responsabilità contrattuale, trova nella specie applicazione l’ordinario termine di prescrizione decennale, con decorrenza dal momento del verificarsi del fatto lesivo e non da quello della manifestazione esteriore della lesione. Assume, inoltre, che i genitori del piccolo Simone avevano conseguito la piena consapevolezza delle lesioni neurologiche riportate dal figlio in occasione del parto sin dal ricovero presso l’ospedale di (OMISSIS), ove l’esame neurologico aveva evidenziato la “ipotonia generalizzata” del neonato, come riconosciuto dagli stessi attori nell’atto di citazione e come si desumeva dalla cartella clinica redatta in occasione del successivo ricovero presso l’ospedale di (OMISSIS). In ogni caso, l’eventuale ignoranza da parte dei genitori riguardo alle lesioni patite dal figlio non poteva definirsi incolpevole.

Il motivo è infondato.

Con riferimento al primo profilo di censura, va rilevato che, a norma dell’art. 2935 c.c., il termine di prescrizione comincia a decorrere non dal giorno in cui il comportamento del terzo pone in essere la causa del danno, nè dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì solo dalla data in cui la malattia viene percepita, o può essere percepita mediante l’uso dell’ordinaria diligenza, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo (per tutte, Cass. S.U. 11 gennaio 2008, n. 576-581).

Tali principi di diritto, contrariamente all’assunto della ricorrente, operano anche nell’ambito della responsabilità contrattuale (ex plurimis, Cass. 8 maggio 2006, n. 10493; Cass. 15 luglio 2009, n. 16463; Cass. 5 dicembre 2011, n. 26020) e sono stati di recente ribaditi nello specifico settore della responsabilità professionale medica (Cass. 23 settembre 2013, n. 21715).

Quanto al secondo profilo di censura, va osservato come il ricorrente si sia limitato ad invocare una diversa lettura delle risultanze come accertate e ricostruite dalla corte di merito. Censura inammissibile perchè la valutazione delle risultanze probatorie involge apprezzamenti di fatto riservati in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre pur astrattamente possibili, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare ogni e qualsiasi deduzione difensiva. E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 c.p.c., n. 5, non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendole, per converso, il solo controllo – sotto il profilo logico/formale e della correttezza giuridica – dell’esame e delle valutazioni compiute dal giudice del merito.

Nella specie, la corte territoriale, sulla base della documentazione in atti, ha accertato, con ampie argomentazioni immuni da vizi logici o giuridici, che i genitori del piccolo Simone erano venuti a conoscenza della patologia che affliggeva il figlio e della possibile connessione dell’insorgenza della stessa con la condotta errata dei sanitari dell’ospedale ove avvenne il parto solo dopo il ricovero del bambino presso l’ospedale di (OMISSIS), posto che nella cartella clinica dell’ospedale di (OMISSIS), ove il neonato venne trasferito poco dopo il parto, si leggeva solo “ipotonia generalizzata”, la quale era del tutto compatibile con la nascita di un bambino molto prematuro. La corte d’appello ha altresì correttamente rilevato che, nel complesso e non unico quadro clinico presentato dal piccolo Simone, non era possibile per i suoi genitori comprendere nell’immediatezza le reali condizioni psico-fisiche del figlio.

2. Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 502 del 1992, della L. n. 724 del 1994 e L. n. 549 del 1995”.

Sostiene la ricorrente che erroneamente il giudice d’appello aveva ritenuto che la lettera del 7 dicembre 1998 inviata (anche) al Presidente della Regione Abruzzo costituisse atto idoneo ad interrompere la prescrizione.

Il motivo è infondato.

I giudici di merito, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, hanno rilevato che la L.R. Abruzzo 29 novembre 1999, n. 123, art. 1, comma 7, nell’escludere la legittimazione attiva della Regione Abruzzo, assume, nonostante sia dichiarata norma di interpretazione autentica della L.R. Abruzzo 24 dicembre 1996, n. 146, art. 41, carattere innovativo rispetto a quest’ultima norma, la quale stabiliva la legittimazione passiva della Regione Abruzzo nelle controversie relative ai debiti delle soppresse unità sanitarie locali. della L.R. Abruzzo 29 novembre 1999, n. 123, citato art. 1, comma 7, non poteva quindi trovare applicazione a fattispecie sostanziali verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore, rispetto alle quali la legittimazione passiva spetta alla Regione Abruzzo; conseguentemente, l’atto interruttivo della prescrizione risulta correttamente indirizzato al Presidente della Regione Abruzzo.

A fronte delle argomentazioni svolte dalla corte territoriale, le censure mosse dalla ricorrente appaiono prive di consistenza, essendosi la stessa limitata a manifestare il proprio dissenso rispetto all’orientamento espresso da questa Corte con le pronunce menzionate nella sentenza impugnata, senza tuttavia sottoporne a specifica critica la ratio decidendi, orientamento che ha trovato del resto conferma nella successiva giurisprudenza di legittimità (in termini, Cass. 27 aprile 2010, n. 10060; Cass. 27 maggio 2011, n. 11771).

3. Alla stregua delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso va dunque rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la ricorrente è tenuta al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore dei resistenti delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 17.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2016

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