Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12990 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 30/06/2020), n.12990

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29792-2018 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA – AGENTE DELLA RISCOSSIONE PER LA PROVINCIA

DI (OMISSIS), in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ENZA NOVARA;

– ricorrente –

contro

T.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1830/2018 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 16/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

Fatto

CONSIDERATO

che:

T.R. conveniva in giudizio il Comune di (OMISSIS) e Riscossione Sicilia, s.p.a., impugnando un preavviso di fermo di beni mobili registrati, e deducendo, in particolare, la nullità della notifica dell’atto impugnato nonchè delle notifiche delle sottese cartelle, e la conseguente prescrizione del credito;

il Giudice di pace accoglieva l’opposizione con pronuncia parzialmente riformata dal Tribunale secondo cui, per un verso andava rilevato il parziale difetto di giurisdizione quanto ai crediti tributari, e, quanto al resto, andava rilevata: l’inesistenza della notifica via p.e.c. del preavviso, cui non era applicabile la disciplina contenuta nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, relativa agli atti propriamente esecutivi; in ogni caso, la nullità della notificazione della cartelle perchè avvenuta con consegna al portiere senza la successiva raccomandata informativa prevista dall’art. 139 c.p.c., comma 4, dal che era derivata la prescrizione dei crediti sottesi al preavviso in discussione, mancando, al contempo, prova di altri atti interruttivi idonei;

avverso questa decisione ricorre per cassazione Riscossione Sicilia, s.p.a., articolando tre motivi, corredati da memoria;

non hanno svolto difese gli intimati.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 22, e art. 615, c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che gli unici atti opponibili a norma della prima norma citata avrebbero potuto essere le cartelle con l’unico motivo dell’omessa notifica dei verbali di accertamento presupposti, sicchè, non essendo possibile sanatoria formale, mancando la richiesta di annullamento delle cartelle medesime, l’opposizione avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile;

con il secondo motivo si prospetta l’errore di giudizio in uno alla contraddittoria motivazione poichè il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto inoperante la disciplina della notifica via p.e.c. delle cartelle e degli atti esecutivi al correlato e preordinato preavviso di fermo nonchè, al contempo, avrebbe mancato di fare corretta applicazione del principio evincibile dall’art. 156 c.p.c., posto che l’impugnativa dell’atto avrebbe palesato il raggiungimento dello scopo dell’intervenuta notificazione;

con il terzo motivo si prospetta il vizio della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto nulle le notificazioni delle cartelle per vizi non specificatamente dedotti in prime cure, laddove l’obbligo della raccomandata informativa non sarebbe più previsto dalla normativa attuale a seguito delle modifiche alla L. n. 890 del 1982, e posto che l’invio postale diretto, da parte del riscossore, delle cartelle non avrebbe imposto alcuna altra raccomandata informativa, nonchè tenuto conto del fatto che il vizi in parola avrebbero dovuto opporsi nei termini a norma dell’art. 617, c.p.c.;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

il Collegio ritiene il ricorso inammissibile;

infatti, risultano violate sia le prescrizioni di cui all’art. 366, n. 3, che quelle di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6;

quanto alla prima, in particolare non emergono compiutamente le ragioni decisorie del giudice di secondo grado, frammentariamente evocate nel corpo dei motivi senza che si dato sapere, quindi, se le “rationes decidendi” discusse nelle censure siano le uniche (cfr., sul punto, Cass., Sez. U., 28 novembre 2018, n. 30754);

il gravame non consente cioè alla Corte l’idonea comprensione della complessiva vicenda processuale;

il requisito in parola consiste in un’esposizione che deve garantire a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia ma anche del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (v. anche, ad esempio, Cass., 30/08/2018, n. 21396);

in mancanza di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali, della sintetica quanto puntuale e compiuta esposizione della soluzione accolta dal giudice di merito, viene addossato a questa Corte il compito, ad essa non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi sottoposti al suo esame senza un chiaro e funzionale ordine logico, quelli necessari ai fini del decidere;

la valutazione in termini d’inammissibilità del ricorso non esprime, naturalmente, un formalismo fine a sè stesso, bensì il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno “standard” di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione professionale svolta dall’avvocato e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudizio nel modo idoneo la vicenda processuale oggetto dello scrutinio;

al contempo, il ricorso, come anticipato, viola l’art. 366 c.p.c., n. 6, non riportando compiutamente il contenuto dei documenti cui fa riferimento, nè la loro precisa e partita localizzazione processuale, al fine di permettere le conseguenti e necessarie verifiche (cfr. Cass., 20/11/2017, n. 27475);

non deve provvedersi sulle spese per mancato svolgimento di difese degli intimati.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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