Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12990 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12990 Anno 2015
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DIDONE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 9911-2009 proposto da:
MAZZUCA SERGIO & MAZZUCA GIOVANNI S.N.C. (C.F.
01884560788), in persona del legale rappresentante
pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

Data pubblicazione: 23/06/2015

presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
2015
881

VITTORIO VERCILLO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

1

CURATELA DEL FALLIMENTO MAZZUCA MICHELE;

intimata-

avverso la sentenza n. 91/2008 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 26/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

DIDONE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

5

udienza del 13/05/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO

2

Ragioni in tatto e in diritto della decisione
1.- Con la sentenza impugnata (depositata il 26.2.2008) la
Corte di appello di Catanzaro – per quanto ancora
interessa – ha confermato la decisione del tribunale con la
quale era stata accolta la domanda ex art. 67, comma

1,

1.

fall. proposta dal curatore del fallimento di Mazzucca
Michele nei confronti della s.n.c. Mazzucca Giovanni &
Sergio ed era stata dichiarata inefficace la vendita di
beni strumentali del fallito stipulata prima del 30.4.1993
(epoca di emissione di due fatture), ossia oltre un anno
prima del fallimento del Mazzucca, dichiarato il 30.4.1994.
,
4

In estrema sintesi, la corte di merito ha disatteso il
motivo di appello con il quale la società appellante aveva
dedotto che il tribunale aveva erroneamente posto a carico
della convenuta l’onere della prova dell’inscientia
decoctionis pur in mancanza della prova della sproporzione
delle prestazioni. Invero, secondo la corte di merito,
trattandosi di azione proposta ai sensi del primo coma
dell’art.

67 1.

fall. spettava alla convenuta dimostrare

l’inscientia decoctionis; prova in concreto non fornita.
Quanto alla sproporzione, poi, la corte di merito ha
condiviso il giudizio del tribunale per il quale, non
essendo stata fornita la prova del pagamento non era
possibile accertare la sproporzione.
,

Contro la sentenza di appello la società convenuta ha

I

proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
3

Non ha volto difese la curatela fallimentare intimata.
,

4

2.1.- Con il primo motivo parte ricorrente denuncia vizio
di motivazione, formulando ai sensi dell’art. 366 bis
c.p.c., applicabile ratione temporis, la seguente sintesi:
«se vi è stata violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c.,

avendo la corte territoriale ritenuto provata la
sussistenza dei presupposti di cui all’art. 67, I cpv. 1.
fall. n. l sulla base di sole presunzioni, deducendo la
…proporzione tra le controprestazioni da fatti solamente
supposti e non provati».
2.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia
f

violazione di norme di diritto e vizio di motivazione.
Formula il seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c.: «se vi
è stata falsa applicazione dell’art. 67, I cpv. n. 1 1.
fall. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per aver
ritenuto la Corte d’Appello di Catanzaro che le
compravendite di cui alle fatture nn. 16 e 18 del 30.4.1993
sono caratterizzate da prestazioni eseguite o obbligazioni
assunte dal fallito che sorpassano notevolmente ciò che a
lui è stato dato o promesso; violazione degli artt. 2697,
2727 e 2729 c.c., 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn.
3 e 4 c.p.c., per avere il giudice del gravame ritenuto
provata la notevole sproporzione tra le controprestazioni
di cui al negozio dichiarato inefficace nei confronti della
massa dei creditori del fallimento di Mazzucca Michele, pur

t

non

avendo

quest’ultimo assolto all’onere probatorio
4

gravante sull’attore circa la c.d. sproporzione tra le
prestazioni».
2.3.- Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia
violazione di norme di diritto e vizio di motivazione.
Formula il seguente quesito: «se vi è stata falsa

applicazione dell’art. 67 I cpv. n. 1 1. fall. in relazione
all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. per avere la Corte
territoriale valorizzato – contro il dictum inequivoco
della legge fallimentare – l’omessa prova in capo al
convenuto di un elemento irrilevante (pagamento del prezzo)
ai fini dell’accertamento della sussistenza dei presupposti
voluti dalla norma per accogliere l’azione revocatoria
fallimentare».
3.- Osserva la Corte che il primo e il secondo motivo sono
inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c.,
posto che i quesiti formulati sono meramente tautologici
oppure affermano assiomaticamente l’avvenuta violazione di
legge denunciata. Si tratta, comunque, di censure
inammissibili in quanto attengono al merito della decisione
impugnata.
Quanto al terzo motivo, se è vero che, per la mancanza del
momento di sintesi ex art. 366 bis c.p.c., è inammissibile
la censura denunciante un vizio di motivazione, è fondata,
per contro, la censura che denuncia la falsa applicazione
dell’art. 67, comma 1, n. 1) 1. fall.

5

Infatti, la corte di merito, dopo avere rilevato che,
trattandosi di azione proposta ai sensi del primo comma
dell’art. 67 1. fall., spettava alla convenuta dimostrare
l’inscientia decoctionis; prova in concreto non fornita, ha
erroneamente condiviso il giudizio del tribunale per il

quale, non essendo stata fornita la prova del pagamento,
non era possibile accertare la sproporzione.
Sennonché, ciò che rileva ai fini della norma in esame è la
sproporzione notevole tra “le prestazioni eseguite o le
obbligazioni assunte dal fallito” rispetto a “ciò che a lui
è dato o promesso”, mentre l’inadempimento delle
obbligazioni del contraente in bonis non dà luogo a revoca
dell’atto, aMOànmg ad azione di condanna.
Già in passato, peraltro, è stato affermato il principio
per il quale nell’ipotesi di revocatoria ai sensi dell’art.
67, primo coma, n. 1, legge fallim. la proporzionalità tra
le prestazioni delle parti deve essere verificata
considerando le obbligazioni dedotte nel contratto, senza
tener conto di successivi inadempimenti e del danno che ne
sia eventualmente derivato, atteso che l’inadempimento di
talune di dette obbligazioni è accadimento successivo
all’accordo delle parti ed estraneo all’assetto dato, con
il negozio concluso, ai loro interessi (Sez. l, Sentenza
n. 5058 del 05/03/2007).
Sì che, tenuto conto che, secondo quanto afferma il
ricorrente (pag. 5 e s. del ricorso) sarebbe stata
6

espletata in primo grado una consulenza tecnica per
accertare il valore dei beni (lire 41.252.000) e
l’eventuale sproporzione del prezzo indicato nelle fatture
(lire 41.043.100), il giudice del merito non avrebbe dovuto

“l’assetto dato, con il negozio concluso, ai loro
interessi” dalle parti (salvo ipotizzare una simulazione,
che non risulta posta a base della domanda).
La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata in
accoglimento del terzo motivo, con rinvio alla Corte di
appello di Catanzaro, in diversa composizione, per nuovo
esame e per il regolamento delle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il primo e il secondo
motivo, accoglie il terzo; cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa
composizione, per nuovo esame e per il regolamento delle
spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 maggio
2015

valorizzare la mancata prova del pagamento del prezzo bensì

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