Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12984 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 30/06/2020), n.12984

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14463/2019 R.G. proposto da:

D.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Canfora,

con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Cavour, n.

17;

– ricorrente –

contro

R.F. e R.G., rappresentati e difesi

dall’Avv. Nicola Bonasia, con domicilio eletto in Roma, via

Savonarola, n. 39, presso lo studio dell’Avv. Aldo Montini;

– controricorrenti –

per il regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di

Foggia n. 882/2019, pubblicata in data 28 marzo 2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 23 gennaio 2020 dal Consigliere Emilio Iannello.

lette le conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Paola Mastroberardino che chiede

dichiararsi l’inammissibilità del proposto regolamento di

competenza.

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Foggia – pronunciando nel giudizio di opposizione a d.i. per il pagamento della somma di Euro 100.000 emesso in danno di R.F. e R.G. (opponenti) e in favore di D.G. (opposto), in virtù di una ricognizione di debito contenuta in una scrittura privata – in accoglimento dell’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dagli opponenti, ha dichiarato, con la sentenza in epigrafe, l’incompetenza di quel Tribunale in favore del Tribunale di Bari, conseguentemente revocando il decreto ingiuntivo e condannando l’opposto al pagamento delle spese del giudizio di opposizione;

in motivazione ha osservato che:

a) in detta scrittura i R. si erano riconosciuti debitori dell’importo di Euro 300.000 in favore del D. e di altri due creditori in solido, per “prestazioni professionali svolte per la conclusione di un contratto preliminare stipulato in pari data”;

b) il contratto preliminare, per la cui attività professionale sarebbe maturato il credito, risultava effettivamente stipulato in Bari, con atto pubblico, tra i medesimi R. (insieme con altri promittenti venditori) e la “DAUNIA INTERNATIONAL” (il cui legale rappresentante al momento della stipula era il D.);

c) tale contratto espressamente prevedeva che “ogni controversia in qualsiasi modo inerente o connessa al presente contratto, che dovesse insorgere tra le parti… sarà di competenza esclusiva del foro di Bari”;

d) sussiste quindi “evidente connessione tra i due rapporti contrattuali, essendo stato stipulato il primo al fine di agevolare la stipulazione del secondo, dovendosi altresì riscontrare parziale identità pure soggettiva relativa alle parti sottoscrittrici”;

e) la scelta del foro esclusivo operata nel contratto preliminare è quindi tale da assorbire anche l’odierno giudizio, in quanto vertente su questione evidentemente connessa ed inerente al procedimento di formazione del contratto preliminare;

f) “l’elezione di foro esclusivo contenuta nel contratto preliminare ed estesa ai giudizi “connessi” è tale escludere la competenza dei fori concorrenti, ivi incluso quello del domicilio di uno dei creditori (il quale, fra l’altro era pienamente a conoscenza di quanto in proposito previsto dal preliminare stipulato in pari data, poichè legale rappresentante della promissaria acquirente)”;

avverso tale sentenza D.G. propone ricorso per regolamento di competenza affidato a tre motivi, cui resistono, con memoria, R.F. e R.G.;

dovendo il procedimento trattarsi ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;

il P.M. ha concluso per la declaratoria di inammissibilità della proposta istanza di regolamento;

il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-ter c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a sostegno della proposta istanza di regolamento il ricorrente deduce:

con un primo motivo, violazione degli artt. 20,40 e 112 c.p.c., e dell’art. 1182 c.c., sulla base dei seguenti argomenti: il Tribunale di Foggia è territorialmente competente ai sensi dell’art. 20 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 1182 c.c., trattandosi di debito pecuniario certo, liquido ed esigibile in base alla scrittura privata di ricognizione del debito; in tale scrittura non è previsto alcun foro esclusivo; la declinatoria di competenza è fondata su questione (connessione tra ricognizione di debito e contratto preliminare di cessione di quote sociali) che non era stata eccepita dagli opponenti e che pertanto non poteva essere rilevata dal giudice, anche per la preclusione prevista dall’art. 40 c.p.c., comma 2; nel caso di specie si potrebbe rilevare, peraltro, solo un collegamento unilaterale, che non consente di configurare connessione di cause ex art. 40 c.p.c.;

con un secondo motivo, “violazione degli artt. 24 e 111 Cost., e art. 101 c.p.c., comma 2, (error in iudicando de iure procedendi)”; questi gli argomenti: nessuna questione circa la presunta connessione di causa era mai stata sollevata, trattata o discussa neppure all’udienza di discussione; ciò posto, “seppur non esiste un obbligo del giudice di sollecitare la previa instaurazione del contraddittorio, quando la questione rilevata d’ufficio sia di mero diritto, il giudicante è obbligato ad invitare le parti a contraddire sulla questione in presenza di determinate circostanze: i) tutte le volte in cui alla parte è preclusa l’allegazione di circostanze di fatto tali da provare l’insussistenza delle circostanze di fatto poste a fondamento della decisione del giudice; ii) tutte le volte in cui è stato precluso al ricorrente di allegare circostanze tali da poter mutare il convincimento del giudice (Cass. n. 3432 del 2016)”;

con un terzo motivo, “violazione dell’art. 42 c.p.c., e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 4,” per avere il Tribunale deciso sulla competenza con sentenza, anzichè con ordinanza, come previsto dal nuovo testo dell’art. 42 c.p.c., (come modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 4), conseguentemente dovendo, secondo il ricorrente, ritenersi erronea anche la pronuncia sulle spese;

è opportuno preliminarmente rilevare che è ammissibile l’impugnazione con il regolamento di competenza della sentenza che, come nella specie, in sede di opposizione, abbia pronunciato la nullità del decreto ingiuntivo opposto esclusivamente per incompetenza del giudice che lo ha emesso, trattandosi non già di una decisione sul merito ma di una statuizione sulla competenza, rispetto alla quale la dichiarazione di nullità rappresenta un effetto obbligato (Cass. 21/12/2018, n. 33150; 24/10/2016, n. 21422; Cass. 17/07/2006, n. 16193);

il ricorso è fondato e merita accoglimento nei termini appresso precisati;

non può anzitutto convenirsi con il rilievo del PM secondo cui la sentenza esporrebbe, a fondamento della declinatoria di competenza, due rationes decidendi, la prima delle quali (non attinta dal ricorso, che andrebbe per questo dunque dichiarato inammissibile) rappresentata dalla ritenuta incompetenza per territorio, la seconda dalla esistenza di una connessione tra il giudizio de quo e quello pendente davanti al Tribunale di Bari sulla domanda di esecuzione specifica del contratto preliminare avanzata da Daunia International S.r.l. contro i R.; la ragione della decisione è chiaramente una sola: il foro esclusivo convenzionale del Tribunale di Bari attrarrebbe anche il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per ragioni di connessione; contestando che tale connessione fosse stata eccepita come motivo di incompetenza e, comunque, che essa fosse tale da giustificare il rilievo dell’incompetenza, il ricorrente svolge censura pertinente e specifica;

giova peraltro rammentare che il regolamento di competenza, ancorchè come qualsiasi mezzo di impugnazione supponga, per essere atto idoneo allo scopo, la deduzione degli argomenti in forza dei quali si critica la decisione impugnata, non è disegnato dal legislatore, nel suo profilo di contenuto-forma, come un mezzo di impugnazione che formalmente imponga al ricorrente di indicare i motivi dell’impugnazione, in modo che il thema decidendum ne risulti conseguentemente circoscritto e la Corte di Cassazione sia tenuta a rispondere solo su tali motivi, salvo l’esercizio di poteri di rilevazione d’ufficio giustificati per la decisione su di essi;

il processo di regolamento di competenza è, invece, un’impugnazione con cui si prospetta alla Corte di Cassazione la “questione” di competenza perchè essa la decida e non un’impugnazione con cui si sollecita il controllo sulla decisione relativa alla competenza nei termini in cui l’ha resa il giudice di merito, di modo che, se tale decisione, nell’ambito dell’esame della questione abbia seguito alcuni passaggi logicamente consequenziali, necessari per la soluzione data alla relativa questione di competenza, occorra con l’istanza di regolamento sottoporli a critica tutti, perchè altrimenti, l’omessa impugnazione di alcuno di essi determinerebbe un fenomeno di giudicato interno;

al contrario il regolamento di competenza devolve alla Corte la “questione di competenza” in tutti i suoi possibili risvolti, esaminati o meno che siano ed indipendentemente dal fatto che l’istante li abbia criticati (sul punto vi è giurisprudenza costante, seppure in relazione non alle esposte ragioni strutturali ma al rilievo funzionale dato dall’esigenza di assicurare, con il regolamento, una decisione sulla competenza che eviti su di essa nuove contestazioni: Cass. Sez. U. 11/10/2002, n. 14569; 29/09/2004, n. 19591; 07/02/2006, n. 2591; 24/10/2016, n. 21422; 03/07/2018, n. 17312);

ciò precisato deve rilevarsi che non è spiegata in sentenza, nè è ravvisabile alcuna ragione di connessione propria (tale cioè da giustificare la declinatoria di competenza ex art. 40 c.p.c., comma 1), tra la controversia de qua e quella insorta tra altre parti con riferimento al menzionato contratto preliminare;

la previsione di un foro esclusivo contenuta nel contratto preliminare fa riferimento a controversie connesse “tra le (stesse) parti” di tale contratto: presupposto non predicabile nei confronti della causa de qua, stante l’ovvia distinzione soggettiva tra l’odierno ricorrente (opposto) e la società (Daunia International) che, nel contratto preliminare, figura come promissaria acquirente, controparte contrattuale dei R. (ed altri promittenti venditori);

indipendentemente da tale preliminare rilievo non è comunque ravvisabile nella specie alcuna delle ragioni di connessione di cui all’art. 31 c.p.c., ss.; tanto meno è a parlarsi di “continenza” tra i due giudizi;

la sentenza discorre, come detto, di “evidente (!) connessione” e di “parziale identità soggettiva”; escluso che quest’ultima possa di per sè costituire ragione idonea a giustificare una declinatoria di competenza ex art. 40 c.p.c., occorre concentrarsi sull’altra ratio decidendi: la connessione; questa, secondo il giudice a quo, sussisterebbe per il fatto che il primo rapporto contrattuale (deve intendersi quello sottostante la ricognizione di debito) è sorto “al fine di agevolare la stipulazione del secondo” (il contratto preliminare), di tal che quella che si agita nel giudizio de quo con riferimento a detto primo rapporto dovrebbe ritenersi questione “inerente al procedimento di formazione del contratto preliminare”;

una tale circostanza non è però riconducibile ad alcuna delle ipotesi di connessione, ex art. 31 c.p.c., ss., che, sole, ai sensi dell’art. 40 c.p.c., possono giustificare la rimessione ad altro giudice;

non si tratta certo di causa accessoria ex art. 31 c.p.c., atteso che, a prescindere dal solo parziale identità delle parti, non vi è comunque un rapporto di conseguenzialità storico-genetica o logico – giuridica tale per cui possa dirsi che la pretesa oggetto della causa accessoria, pur essendo autonoma, trovi il suo titolo e la sua ragione giustificatrice nella pretesa oggetto dell’altra causa (v. per tale definizione Cass. 18/03/2003, n. 4007); non si vede, infatti, su quale base logica possa affermarsi che la pretesa del D. al compenso per “prestazioni professionali svolte per la conclusione di un contratto preliminare” sia in qualche modo conseguenziale e quindi accessoria alla domanda di esecuzione specifica del contratto avanzata da altro soggetto (ancorchè si tratti di società di capitali rappresentata dallo stesso D.);

è poi da escludere, per ragioni tanto evidenti da non richiedere alcuna illustrazione, che ricorrano le ipotesi di cui agli 32 (cause di garanzia), 34 (accertamenti incidentali), 35 (eccezione di compensazione) e 36 (cause riconvenzionali);

è infine da escludere che le due cause possano dirsi connesse ex art. 33 c.p.c.: non vi è cumulo soggettivo (che ricorre solo in ipotesi di litisconsorzio facoltativo passivo, qui trattandosi al contrario di domande proposte contro convenuti in parte coincidenti da attori diversi) e, comunque, le cause non sono certo connesse: nè per l’oggetto (non avendo i due diritti azionati ad oggetto lo stesso bene o la stessa prestazione); nè per il titolo (poggiando le due pretese su fatti costitutivi ben distinti e che nulla hanno in comune se non il dato temporale e un collegamento occasionale del tutto irrilevante: da un lato il contratto preliminare parzialmente inter alios, dall’altro non meglio definite prestazioni professionali svolte per la conclusione di detto contratto);

pur prescindendo da tali assorbenti rilievi deve peraltro considerarsi che l’eccezione di incompetenza, in quanto fondata sulla previsione di foro esclusivo convenzionale in causa asseritamente connessa, avrebbe dovuto comunque considerarsi inammissibile non risultando che fosse stata svolta dagli opponenti anche in base ai criteri degli artt. 18 e 19 c.p.c., in quanto richiamati dall’art. 33 c.p.c., ai fini della modificazione della competenza per ragione di connessione (v. Cass. 21/12/2018, n. 33150; 10/10/2016, n. 20310; n. 18967 del 05/11/2012; n. 3109 del 04/03/2002; 18/04/2000, n. 5030);

il criterio di competenza territoriale che deriva dal fatto che le parti hanno d’accordo individuato come competente in via esclusiva il giudice di un determinato luogo non rientra, infatti, tra i casi in cui il foro è stabilito dalla legge in modo inderogabile;

dunque, anche il foro convenzionale esclusivo è soggetto ad essere superato per ragioni di connessione sulla base dell’art. 33, (Cass. 16/01/1990, n. 159); ne consegue che la parte che sostenga l’incompetenza del giudice adito, in base ad un patto che, in tesi, l’avrebbe attribuita in modo esclusivo ad altro giudice, siccome fa valere una questione di competenza territoriale derogabile, non può limitarsi a sostenere ciò, ma deve anche contestare che ricorrano le condizioni per l’applicazione dell’art. 33;

nel caso di specie l’eccezione di incompetenza quanto ai fori in materia obbligatoria era incompleta, non avendo attinto i fori generali (residenza e domicilio dei convenuti opponenti) ed essendo palesemente privo di pregio l’assunto secondo cui forum destinatae solutionis non sarebbe quello dell’art. 1182 c.c., comma 3, (assunto motivato dall’essere stata la dichiarazione di debito disconosciuta), giacchè la contestazione sulla scrittura era priva di rilevanza ai fini della competenza;

anche in tale diversa prospettiva, l’incompletezza dell’eccezione comporterebbe, dunque, il radicamento della competenza del Tribunale adito, in relazione al criterio non contestato;

nè vi sono elementi per ritenere la competenza del Tribunale delle Imprese;

il ricorso va dunque accolto, e alla dichiarazione della competenza del Tribunale di Foggia, segue la cassazione della sentenza impugnata, dovendosi conseguentemente riassumere, davanti al predetto Tribunale, la causa di opposizione a decreto ingiuntivo;

resta conseguentemente assorbito l’esame del secondo e del terzo motivo di ricorso;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, sulla base del detto D.M., art. 5, comma 5, secondo cui “Qualora il valore effettivo della controversia non risulti determinabile mediante l’applicazione dei criteri sopra enunciati, la stessa si considererà di valore indeterminabile”;

invero, essendo il processo sul regolamento di competenza un processo su una questione, quella di competenza o di sospensione, e che, dunque, non riguarda la controversia nella sua interezza, non appare giustificato fare riferimento al valore di essa secondo i criteri indicati dal cit. art. 5, comma 1, e, pertanto, l’ipotesi del giudizio di regolamento di competenza si presta ad essere ricondotta al suddetto cit. art. 5, comma 5, (v. in tal senso, ex aliis Cass. 14/01/2020, n. 504; 23/10/2015, n. 21672; 25/02/2015, n. 3881; 29/01/2015, n. 1706).

PQM

accoglie il ricorso; cassa la sentenza e dichiara la competenza del Tribunale di Foggia, dinanzi al quale il processo dovrà essere riassunto nel termine di legge.

Condanna i resistenti al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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