Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12980 del 27/05/2010

Cassazione civile sez. III, 27/05/2010, (ud. 16/04/2010, dep. 27/05/2010), n.12980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma, Viale Medaglie d’Oro n. 160, presso lo studio

dell’avv. Claudio Fiorini, rappresentato e difeso dall’avv. Conciani

Roberto giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.L.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma, Via G. G. Belli n. 36, presso lo studio

dell’avv. Manfredini Orbella, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avv. Pier Luca Salvini in virtu’ di delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 774/05 in

data 27 gennaio 2005, pubblicata il 20 maggio 2005;

Udita la relazione del Consigliere dott. URBAN Giancarlo;

udito il P.M. in persona del Cons. Dott. MARINELLI Vincenzo che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 25 giugno 1994 S.L. F. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Firenze C.S., per ottenere la condanna al pagamento dei canoni di locazione scaduti e non pagati e di quelli che fossero andati a scadenza nel corso del giudizio. Esponeva infatti l’attore che: con contratto del (OMISSIS) aveva concesso in locazione al rag. C. – per uso di studio professionale – una unita’ immobiliare sita in (OMISSIS) e che tale locazione – ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27 – sarebbe venuta a scadenza il 31 gennaio 1995; che con lettera del 30 luglio 1993, il rag. C. aveva comunicato al proprietario la disdetta dal contratto ed aveva sospeso il pagamento dei canoni a partire dal mese di agosto 1993 e quindi, con lettera del 25 gennaio 1994, aveva comunicato che le chiavi dell’immobile locato erano a disposizione del proprietario S..

Si costituiva il convenuto rag. C., il quale contestava la fondatezza della domanda, eccependo che l’invio della disdetta era in realta’ avvenuto proprio su invito dell’amministratore del proprietario, geom. F. (ed al riguardo produceva la missiva) e che, pertanto, tale disdetta doveva considerarsi un adempimento di una precisa richiesta del proprietario. Chiedeva pertanto il rigetto delle domande proposte.

In esito alle produzioni documentali e all’assunzione di testimonianze, con sentenza pubblicata il 27 luglio 2000 il Tribunale di Firenze condannava il rag. C. a pagare al S. la somma di L. 19.983.000, oltre gli interessi e le spese di causa. Il Tribunale motivava il parziale accoglimento della domanda evidenziando che dalla documentazione prodotta emergeva che il conduttore rag. C. aveva dato rituale disdetta del contratto con la raccomandata del 6 luglio 1993 ed aveva consegnato la chiave e restituito all’attore proprietario la disponibilita’ dell’immobile solo alla fine del gennaio 1994, omettendo peraltro di pagare il canone fin dal giugno 1993. Da cio’ deduceva che il convenuto doveva corrispondere i canoni da giugno 1993 a gennaio 1994 per la somma complessiva di L. 19.983.000 (L. 2.497.875 x 8) e non i canoni successivi atteso che il proprietario, tramite il proprio amministratore, aveva provocato la disdetta (con la raccomandata 6 luglio 1993 a firma di F.A.) ed atteso inoltre che l’attore non aveva provato di non avere sfruttato l’immobile nel tempo successivo alla consegna delle chiavi, cosa che egli del resto, usando l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto fare.

Con sentenza del 20 maggio 2005 la Corte d’Appello di Firenze in parziale accoglimento degli appelli proposti, condannava il C. al pagamento in favore del S. dei canoni maturati dall’agosto 1993 al 31 gennaio 1995 per complessivi Euro 22.908,00, oltre interessi e spese di ambedue i gradi. La Corte riteneva che la domanda formulata dal proprietario riguardava i canoni maturati a decorrere dall’agosto 1993 e non gia’ dal giugno 1993, come aveva ritenuto il Tribunale; inoltre non risultava che il proprietario avesse aderito alla risoluzione del contratto per mutuo consenso o che avesse aderito al recesso del conduttore e quindi il conduttore era tenuto al pagamento dei canoni maturati sino alla naturale scadenza del rapporto (31 gennaio 1995).

Propone ricorso per Cassazione il conduttore C.S. con unico motivo.

Resiste con controricorso S.L.F..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il motivo proposto si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia nonche’ la violazione e falsa applicazione di norme di diritto poiche’ non risponde a vertita’ quanto affermato dalla Corte d’Appello, che cioe’ la risoluzione anticipata del contratto era subordinata al perfezionamento di un accordo con altro conduttore che sarebbe subentrato nella locazione gia’ intrattenuta con il C..

La sentenza impugnata da’ conto dell’accordo raggiunto tra le parti in ordine al recesso anticipato del conduttore, subordinatamente al contemporaneo subentro di altro conduttore, reperito dallo stesso C., sulla base delle testimonianze assunte e dai documenti in atti; la diversa prospettazione formulata dal ricorrente non evidenzia carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicita’ nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilita’ razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi. Si deve rilevare che il ricorso per Cassazione non puo’ essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si puo’ proporre un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Tali aspetti del giudizio, infatti, interni all’ambito della discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento. Diversamente il motivo di ricorso per Cassazione si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e quindi di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura e alle finalita’ del giudizio di legittimita’ (Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087).

In concreto, la parte ricorrente, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si limita – in buona sostanza – a sollecitare una diversa lettura delle risultanze di causa preclusa in questa sede di legittimita’.

Il ricorso e’ quindi infondato e merita il rigetto; segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 16 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2010

 

 

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