Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12979 del 09/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12979 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

ORDINANZA
sul ricorso 7967-2012 proposto da:
ALONGI ANTONIETTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
COSSERIA 5, presso lo studio degli avvocati GABRIELE FRANZA
e PIETRO POZZAGLIA, rappresentata e difesa da se medesimo;
– ricorrente contro
CARACAUSI ANGELO;
– intimato avverso la sentenza n. 135/2011 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO del 4.1.2011, depositata il 04/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA.
Premesso in fatto.
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
<< 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Palermo, accogliendo - il gravame proposto dalla odierna ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Palermo del 4 maggio13 luglio 2006, ha dichiarato inammissibile l'istanza di revocazione del decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale il 19 gennaio 2004, proposta da Angelo Caracausi (ed accolta invece in primo grado); ha dichiarato inammissibili gli altri motivi d'appello ed ha compensato per metà le spese del secondo grado di giudizio, ponendo la restante metà a carico dell'appellato. Il ricorso è proposto con tre motivi. L'intimato non si difende. Data pubblicazione: 09/06/2014 2. Col primo motivo si denuncia nullità della sentenza per extrapetizione ai sensi dell'art. 360 n. 4 cod. proc. civ.. La ricorrente censura la dichiarazione di inammissibilità dei motivi d'appello che, secondo la Corte territoriale, si sarebbero riferiti al capo di sentenza di primo grado che, dichiarando l'inefficacia dell'atto di precetto, aveva deciso sull'opposizione all'esecuzione (ritenuta non appellabile, ai sensi dell'art. 616, comma secondo, ult. inciso, nel testo risultante dopo le modiche apportate dalla legge n. 52 del 2006 e prima della soppressione di cui alla legge n. 69 del 2009). La ricorrente sostiene che non avrebbe inteso appellare, e quindi non avrebbe in concreto appellato, il capo di sentenza che dichiarava l'inefficacia del precetto, poiché consapevole dell'inappellabilità e non avente interesse alla riforma, attesa la reiterabilità dell'atto di precetto. Quindi, la sentenza impugnata avrebbe errato nel dichiarare l'inammissibilità di un appello mai proposto. 2.1. Col terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 92, comma 2°, cod. proc. civ., al fine di sostenere che, non essendovi stata alcuna parziale soccombenza nel giudizio di secondo grado, perché sarebbe stato appellato un solo capo di sentenza, e perché le relative censure sarebbero state accolte, avrebbe errato il giudice di secondo grado nel compensare per metà le spese del giudizio di appello in ragione della parziale soccombenza. - 2.2. Si ritiene che i due motivi debbano essere esaminati congiuntamente poiché l'interesse ad impugnare la statuizione di inammissibilità di un appello che si assume non proposto non può rinvenirsi che nelle conseguenze pregiudizievoli che la parte ricorrente presuppone esserle derivate da detta statuizione di inammissibilità; vale a dire, nelle sole conseguenze concernenti la regolamentazione delle spese del secondo grado di giudizio. - Risulta perciò preliminare l'esame del terzo motivo di ricorso. Orbene, la Corte territoriale ha compensato parzialmente le spese, non per reciproca soccombenza, ma ritenendo la sussistenza di giusti motivi di compensazione (cfr. Cass. n. 4575/98, nel senso che la compensazione delle spese di lite non presuppone necessariamente la reciproca soccombenza. Essa pertanto può avere luogo anche nei confronti della parte totalmente vittoriosa, e senza che il giudice abbia al riguardo alcun obbligo di specifica motivazione; nello stesso senso, anche Cass. n. 9271/00 ed altre). Sotto questo profilo, pertanto, la decisione si sottrae alla censura di violazione dell'art. 92 cod. proc. civ. Ric. 2012 n. 07967 sez. M3 - ud. 07-05-2014 -2- — Peraltro, tale ultimo vizio, in tanto può essere rilevato in sede di legittimità, in quanto sia stato dedotto con riferimento all'art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ.; ciò, che non è avvenuto col terzo motivo di ricorso. In conclusione, questo motivo è infondato quanto al denunciato vizio di violazione di legge, specificamente dell'art. 92 cod. proc. civ.; esso è invece inammissibile, se riferito al vizio di motivazione sui giusti motivi. 2.3. Conseguentemente, è inammissibile il primo motivo di ricorso per carenza di interesse. - 3.- E' invece fondato e va accolto il secondo motivo, col quale si denuncia il vizio di omessa pronuncia sulle spese di lite del primo grado di giudizio, ai sensi dell'art. 360 n. 4 cod. proc. civ.. Infatti, a seguito della riforma, pur parziale, della sentenza di primo grado e della domanda dell'appellante di condanna dell'appellato al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio, il giudice d'appello ha regolato, come sopra, soltanto le spese del secondo grado, senza pronunciare alcunché in punto di spese del primo grado. Si propone, quindi, l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, con la cassazione della sentenza per quanto di ragione e statuizioni consequenziali, riservate al Collegio, ai sensi dell'art. 384, co. 2°, cod. proc. civ. >>.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata al
difensore.
Ric. 2012 n. 07967 sez. M3 – ud. 07-05-2014
-3-

Dato quanto sopra, trattandosi di compensazione disposta ai sensi dell’art. 92,
comma secondo, nel testo vigente prima delle modifiche apportate, dapprima,
con la legge n. 263 del 2005 e, poi, con la legge n. 69 del 2009 (in quanto il
presente giudizio è stato introdotto con citazione del 26 novembre 2004), la
valutazione dell’opportunità della compensazione totale o parziale delle stesse
rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, senza che sia richiesta una
specifica motivazione al riguardo. Pertanto, la relativa statuizione, quale
espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile in
sede di legittimità, salvo che non risulti violato il principio secondo cui le spese
non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa ovvero che la
decisione del giudice di merito sulla sussistenza dei giusti motivi ai sensi del
citato art. 92 cod. proc. civ. sia accompagnata dall’indicazione di ragioni
palesemente illogiche e tali da inficiare, per la loro inconsistenza od evidente
erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul
punto (Cass. n. 22541/06, tra le tante; cfr. anche Cass. n. 14964/07).

E’ noto il contrasto formatosi sull’art. 92, comma 2°, cod. proc. civ.,
quanto all’interpretazione per la quale, secondo parte della dottrina e
della giurisprudenza, la soccombenza “reciproca” si avrebbe anche in
caso di soccombenza “parziale”, mentre, secondo altra parte della
giurisprudenza (quest’ultima, meno recente), si dovrebbe distinguere la
soccombenza “reciproca” dalla soccombenza “parziale” ai fini della
compensazione delle spese. Secondo il primo orientamento, si ha
soccombenza reciproca, non solo nell’ipotesi, pacifica, di rigetto di
alcune domande principali e di alcune riconvenzionali ovvero delle une
e delle altre, ma anche nel caso in cui siano accolte soltanto alcune
delle domande di una parte ovvero alcuni capi dell’unica domanda o

Ric. 2012 n. 07967 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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Non sono state presentate conclusioni scritte. Parte ricorrente ha
depositato memoria.
Ritenuto in diritto.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio,
il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella
relazione.
Con la memoria parte ricorrente, in riferimento alla proposta di rigetto
del terzo motivo di ricorso, sostiene che la Corte d’Appello avrebbe
compensato le spese per reciproca soccombenza; che questo sarebbe il
fondamento giuridico della decisione di compensazione; che, non
essendovi stata invece soccombenza alcuna dell’appellante (perché
sarebbe errata la pronuncia di inammissibilità di un motivo di appello,
che erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto come
proposto), non vi sarebbe stato spazio per la compensazione parziale
per reciproca soccombenza.
Il Collegio reputa che l’argomento dal quale la parte ricorrente prende
le mosse non corrisponda al tenore ed alla ratio della compensazione
parziale pronunciata dal giudice di merito. La Corte d’Appello ha
espressamente affermato di voler compensare le spese <>, e non <>: a fronte di un
testo di legge, quale quello dell’art. 92, comma secondo, cod. proc. civ.,
applicabile ratione ternpotis, che lascia al giudice di merito ampi margini
di discrezionalità per l’individuazione dei giusti motivi di
compensazione, l’assunto della parte ricorrente risulta eccentrico,
comunque non pertinente, rispetto alla ragione della decisione.

Quest’approdo giurisprudenziale, tuttavia, non consente di accogliere il
terzo motivo di ricorso, poiché, come detto, il giudice di merito non ha
affatto inteso allinearsi a questo secondo orientamento, risultando,
invece, che, in linea con l’orientamento contrapposto, abbia optato per
la compensazione per giusti motivi, piuttosto che per soccombenza
reciproca. Tale scelta è d’altronde conforme alla previsione dell’art. 92
cod. proc. civ. , nel testo applicabile ratione temporis (trattandosi di
giudizio introdotto nel 2004), per il quale erano sufficienti “giusti
motivi” per la compensazione, nei quali bene poteva essere fatta
confluire la fattispecie della soccombenza parziale (cfr. Cass. ord. n.
22381/09, in motivazione).

Ric. 2012 n. 07967 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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ancora se la domanda è accolta in base ad una sola delle
argomentazioni svolte; inoltre, è controverso che si abbia
soccombenza “reciproca” quando la domanda è accolta per un quantum
inferiore al richiesto. La giurisprudenza della Cassazione non è stata
sempre univoca, essendovi presente anche l’affermazione che il
concetto di soccombenza reciproca, che consente la compensazione
tra le parti delle spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc.
civ.), sottende una pluralità di pretese contrapposte, rigettate dal
giudice a svantaggio di entrambi gli istanti, mentre la resistenza del
convenuto alla pretesa attorea perché eccessiva o comunque solo in
parte fondata, anche quando trova successo nella statuizione del
giudice che accolga solo in parte la domanda, non per questo si
trasforma in pretesa (riconvenzionale) rispetto alla quale sia ravvisabile
nell’attore una posizione di reciproca soccombenza (così Cass. n.
12629/06). Peraltro, in tempi più recenti si è ripetutamente affermato
che la nozione di soccombenza reciproca, che consente la
compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande
contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel
medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’ accoglimento parziale
dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più
capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una
parzialità dell’ accoglimento meramente quantitativa, riguardante una
domanda articolata in unico capo (Cass. ord. n. 22381/09 e n.
21684/13).

Conclusivamente, vanno rigettati il primo ed il terzo motivo di ricorso.
Va, invece, accolto il secondo motivo e la sentenza impugnata va
cassata per la parte in cui non ha deciso sulle spese del primo grado di
giudizio.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, il Collegio decide
nel merito ai sensi dell’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ. e,
ritenendo sussistenti giusti motivi, compensa le spese del primo grado
di giudizio. Resta ferma invece la condanna del Caracausi al pagamento
della metà delle spese del secondo grado di giudizio, così come
liquidata dalla Corte d’Appello nell’importo complessivo di € 1.600,00.
Ed invero, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il giudice
d’appello può procedere ad una compensazione parziale delle spese
dell’intero giudizio, compensando totalmente le spese del primo grado
e solo parzialmente quelle del secondo grado; ciò che, invece, non è
consentito, in applicazione del principio della soccombenza dettato
dall’art. 91 cod. proc. civ., è che, avuto riguardo all’esito complessivo
della lite, venga condannata al pagamento delle spese — dell’uno e/o
dell’altro grado di giudizio- la parte che sia risultata infine vittoriosa.
Nel caso di specie, il Caracausi, soccombente all’esito dell’appello
quanto alla domanda di revocazione, sopporta per intero le proprie
spese ed, in conseguenza della compensazione parziale, resta gravato
della condanna al pagamento della metà delle spese del grado di
appello in favore dell’avv. Antonietta Alongi.
Avuto riguardo all’accoglimento soltanto parziale dei motivi di ricorso,
si compensano le spese del giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 92,
comma secondo, cod. proc. civ., nel testo applicabile, come sopra
interpretato (Cass. ord. n. 22381/09) quanto alla nozione di
soccombenza reciproca.
P.Q.M.
Ric. 2012 n. 07967 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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Allora, la ricorrente, come già detto nella relazione, avrebbe dovuto
censurare la decisione con riferimento alla scelta decisionale operata
dal giudice di merito -quindi sostenere che, nel caso di specie, non
fosse adeguatamente motivata la sussistenza di giusti motivi di
compensazione- non formulare una censura non corrispondente a
questa scelta -come invece ha fatto sostenendo che non ricorresse
un’ipotesi di soccombenza reciproca o parziale.

La Corte rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso; accoglie il
secondo, cassa la sentenza impugnata nei limiti specificati in
motivazione e, decidendo nel merito, compensa le spese del primo
grado di giudizio. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il giorno 7 maggio 2014, nella camera di
consiglio della sesta sezione civile — 3 della Corte suprema di
cassazione.

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