Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12978 del 27/05/2010

Cassazione civile sez. III, 27/05/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 27/05/2010), n.12978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato

RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentato e difeso dall’avvocato

GHIRALDI FRANCESCO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 691/2005 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa l’11/5/2005, depositata il 21/07/2005,

R.G.N. 413/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2010 dal Consigliere Dott. FEDERICO Giovanni;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI Massimo,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 30.1.03 il Tribunale di Cremona, confermando alcuni decreti ingiuntivi, emessi su ricorso di G.F. nei confronti di F.F., e da quest’ultima opposti, in relazione al mancato pagamento di canoni di locazione (a partire dall’agosto 1994) riguardanti un immobile sito in (OMISSIS) ed adibito a negozio di parrucchiera, locato dal G. alla F. con contratto stipulato l’(OMISSIS), riduceva l’originaria domanda e condannava l’opponente a pagare al locatore Euro 22.593,40, oltre interessi e spese.

Il contratto era stato dalle parti rinnovato sino all’ottobre 1997 ed era stata espressamente negata alla conduttrice la facolta’ di recesso anticipato L. n. 392 del 1978, ex art. 27, comma 7 ma ciononostante la F. con lettera del 5.10.93 aveva comunicato il proprio recesso dal contratto per il 30.5.94, giustificato dal “bisogno di locali piu’ adeguati”, ma contestato dal locatore che non ravvisava l’indicazione di sopravvenuti eventi gravi da ricondurre nella previsione dell’art. 27, u.c..

La suddetta sentenza veniva appellata dalla F., mentre l’appellato resisteva al gravame: con sentenza depositata il 21.7.05 la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, revocava i decreti ingiuntivi n.ri 155/01, 902/94, 456/95, confermando i restanti, e condannava l’appellante a pagare all’appellato, oltre alle somme portate dai decreti confermati, anche la somma di Euro 5.875,48.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il G., affidandosi a tre motivi e depositando anche una memoria, mentre l’intimata non ha svolto attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c. “con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, per l’omessa pronuncia su un motivo di gravame avente ad oggetto l’inammissibilita’ dell’opposizione al D.I. n. 155 del 2001 (procedimento n. 809/01 R.G.).

Con il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 324, 474, 615 c.p.c. e degli artt. 2909, 2033. 2041 c.c., per avere la Corte di merito revocato il D.I. n. 456 del 1995 nonostante che sul merito di tale provvedimento fosse stata pronunciata, in sede d’opposizione, sentenza n. 120/00 del Tribunale di Cremona passata in giudicato il 25.6.01.

Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 2935 c.c., dell’art. 2943 c.c., commi 1 e 2, dell’art. 2945 c.c., commi 1 e 2, dell’art. 2948 c.c., n. 3, per avere la Corte di merito ritenuto prescritto il diritto ai canoni fatti valere con il D.I. n. 155 del 2001 nonostante che il decorso della prescrizione fosse stato impedito con l’invio della racc.ta a.r. del 17.1.01 (ricevuta il 19.1.01), con effetto dal 16.1.96.

1. Il primo motivo non e’ fondato.

Pur volendo prescindere dal rilevare che, secondo un indirizzo giurisprudenziale assolutamente prevalente di questa Corte, il vizio di omessa pronuncia che si traduce nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, in quanto incidente sulla sentenza pronunciata dal giudice del gravame, e’ deducibile con ricorso per Cassazione esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 (nullita’ della sentenza e del procedimento), mentre esso non puo’ essere fatto valere come violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) ne’ tanto meno come vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) (v. per tutte Cass. civ., sez. 3^, (2 17.1.2003, n. 604), questo Collegio osserva comunque che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte Suprema, i motivi del ricorso per Cassazione debbano investire, a pena d’inammissibilita’, questioni che hanno formato oggetto del giudizio di secondo grado (o che comunque sono state sottoposte all’indagine del giudice del gravame), non essendo consentito in sede di legittimita’ la proposizione di nuove questioni di diritto, ancorche’ rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, allorquando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di cassazione (v. Cass., sez. 3^, 6.4.2001, n. 5149).

Sotto questo punto di vista si rileva che, al fine di far valere il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, e’ necessario che il ricorrente indichi specificamente (e non gia’ solo per relationem, richiamando gli atti delle pregresse fasi processuali) i fatti e le circostanze di cui trattasi, onde consentire al giudice di legittimita’ il controllo sulla loro decisivita’: controllo che, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, deve appunto avvenire sulla base delle deduzioni contenute nel ricorso stesso, alle cui lacune non e’ possibile sopperire con indagini integrative (Cass., sez. 3^, 24.1.2002, n. 849).

Alla stregua delle considerazioni che precedono si rileva che il ricorrente ha dedotto in ricorso (v. pag. 8) di aver eccepito l’inammissibilita’ dell’opposizione al D.I. n. 155 del 2001 sia nelle conclusioni precisate nella comparsa di costituzione e di risposta dell’8.4.03 che in quelle rassegnate nel giudizio d’appello il 29.10.03, senza pero’ indicare in modo specifico i termini testuali in cui tale eccezione sarebbe stata fatta.

E’ evidente che questa omessa indicazione non rende possibile a questa Corte (alla quale e’ istituzionalmente precluso di compiere, come sopra detto, indagini integrative rispetto ai fatti prospettati dalla parte) di valutare, innanzitutto, la pertinenza e la decisivita’ dei fatti eccepiti.

2. Anche il secondo motivo va disatteso.

Infatti, la sentenza impugnata ha correttamente giustificato i motivi posti a fondamento della revoca del D.I. n. 456 del 1995, facendo riferimento alla circostanza che in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado all’udienza del 18.9.02 l’odierno ricorrente “nulla piu’ aveva chiesto in ordine alle pretese azionate” con il decreto stesso.

Ne’ vale in contrario invocare il giudicato formatosi in favore della sentenza del Tribunale di Cremona n. 120/00, atteso che, come dedotto dallo stesso ricorrente (v. pag. 14 del ricorso), tale decisione era stata pronunciata in sede di opposizione ex art. 615 c.p.c. ed il relativo giudicato non poteva, quindi, riguardare il merito del provvedimento monitorio opposto, suscettibile di definizione solo mediante l’opposizione prevista dall’art. 645 c.p.c..

3. Per quanto riguarda il terzo motivo, si rileva che alla parte che denunci con ricorso per Cassazione la mancata o inadeguata valutazione, da parte del giudice di merito, delle risultanze di prove documentali (e precisamente, nel caso di specie, della raccomandata a.r. del 17.1.01 che, ricevuta dalla F. in data 17.1.01, avrebbe impedito il decorso della prescrizione dei canoni di locazione a decorrere, quanto meno, dall’1.2.96) incombe l’onere di riprodurre nel ricorso il tenore esatto del documento il cui omesso o inadeguato esame e’ censurato (Cass. lav., 26.9.2002, n. 13953).

E cio’ al fine di rendere possibile, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, al giudice di legittimita’ (al quale e’ istituzionalmente vietato di ricercare direttamente le prove negli atti di causa) di valutarne la pertinenza e la decisivita’ in rapporto al punto controverso.

Poiche’ nel caso in esame tale riproduzione risulta omessa dal ricorrente, la relativa censura deve considerarsi inammissibile.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato, senza nulla statuire in ordine alle spese del giudizio di cassazione, stante la mancata costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2010

 

 

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